Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Il Cavaliere parla

Umberto Silva

Non c’è niente, in Italia, e non solo, da dire. Un giorno si arriverà all’assoluto silenzio

I miei giovani psicologi, tutti quanti, mi guardano perplessi. Io guardo loro, perplesso di tanta perplessità. “Perché mi guardate così, ho detto qualcosa di strano?”. Silenzio, imbarazzo. La ragazza del primo banco, quella che sa a memoria Freud e Lacan, rompe le righe: “Veramente, Professore, lei ha detto qualcosa di un po’ strano, che non so a cosa di preciso si riferisca”. “Dica, dica, Paola, non abbia timore”. “Lei, Professore, ha pronunciato una parola piuttosto misteriosa, violenta direi”. “Cioè?”. “Una parola che detta in un contesto, se posso esprimerlo, la chiamerei…”. “Come?” . “Una parola che non è una parola”. “A dire il vero, cara Paola, non mi risulta d’avere detto una parola del genere, ma se ho detto quella strana parola, coraggio, la dica”. “Non è facile, lei ha detto quella parola e tutti noi l’abbiamo avvertita in uno strano modo”. “Davvero?”. Tutti annuiscono, solo Giulia rimane imbarazzata e tace. “Io quindi avrei detto una parola, quella parola di cui parlate? Non me ne sono accorto, ma se l’ho detta, come voi dite, sarà così, anzi, probabilmente è, sicuramente, per quanto le parole posseggano una loro strana natura. Ora sono molto curioso e vi prego di dirmi in ogni modo quale sia codesta parola che in vostra presenza ora, poco fa, avrei detto. Dica lei Carlo, che è sempre pronto a cogliere quel che nell’aria vola”. “Prof, sono un po’ imbarazzato. Se permette eviterei di dirla”. “Ma che sciocchezza, mi pare di essere un uomo civile, no?”. E rido, visto che non c’è altro modo. “Permette prof. che sia io a dire quella parola?” chiede Giorgia, la più audace del gruppo. “Ma certo cara, dica tutto quello che vuole”. “La ringrazio del suo coraggio”. “Ma dica perbacco, coraggio di che? D’avere detto quella parola. Accidenti, la dica, maledizione!”. “Ebbene sia: la parola che lei ha detto, professore, così come tutti noi tranne la Piera per motivi suoi, è una sola. Lei l’ha detta, ma io, personalmente, non so a chi e perché. Non so a chi la rivolge e perché, se a qualcuno di noi, di altri, o a se stesso, o se è sfuggita a un gatto a un cane o chissà chi. Comunque lei l’ha detta, in un qualche modo che non è propriamente un modo”. “Interessante, e certamente se tutti voi dieci l’avete detta, tranne quell’unica signorina là, è così. Perché l’ho detta e a che pro, certo non ora cercherò d’intendere. Strano però. Uso dire svariate parole di questi e altri tempi, cose tipo ‘Orrore’ o roba del genere. Ad esempio i disastri mediorientali mi suscitano Orrore, vedo Orrore ovunque, tanti sono gli assassini. Bah, la giornata diventa buia, ci vuole anche il gioco, vero?”. “Certo che sì, Professore, ci vuole eccome, è così triste anche la psicoanalisi, tristissima”, e tutti ridono. “Ma insomma, cosa ho detto?”. “Niente professore, lei non ha detto proprio niente. Ma non l’ha detto, in un modo tale da sembrare d’essere stato detto, ma all’ultimo no, lei ha taciuto di dire o ha detto di tacere, entrambi dico”. I miei ragazzi e le mie ragazze sono fantastici, li applaudo.

 

La notte guardo un film per la centesima volta, o trecentesima, il film di Welles, quando i due ragazzi cadono dalla slitta e il padre di lei, che vorrebbe esserlo anche di lui e marito dell’altra, si affaccia sul volto che si stanno baciando. Che speranza, ma, dopo, che tristezza, pasticcio, che diavolo… che fissazione? Magari, magari fossimo fissati alla celeste fissazione degli angeli paradisiaci. Alle quattro della notte mi sveglio e vedo la finestra aperta, come sempre, sicché io possa fuggire da qualche parte e altri entrare a visitarmi, o a scannarmi. Vedo sul computer una simpatica gag: il Cavaliere è deriso per il suo venir meno a certe parole, parole che il suo tempo fa cadere nel dimenticatoio. Ridere del Cav., sbeffeggiarlo perché più non ricorda cose che chi se ne frega, è portarlo alle stelle, glorificarlo. Di che diavolo dovrebbe parlare? E’ già tanto, tantissimo, blaterare delle cose del mondo. Non c’è niente, in Italia, e non solo, da dire. Un giorno si arriverà all’assoluto silenzio, alla parola suprema. Nulla diremo, Iddio ci accoglierà ma anche no, il che è comunque un bel modo di dirci.

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