L'astensione ha fatto l'Italia
Tra quelli che non andranno a votare, domani, non ci sono solo gli indifferenti, gli arrabbiati e i castigatori del sistema
Tra quelli che non andranno a votare, domani, non ci sono solo gli indifferenti, gli arrabbiati e i castigatori del sistema. Non andranno a votare i fuori sede, quelli che da lontano – siano essi studenti o padri e madri di famiglia che si ritrovano a Busto Arsizio, a Pordenone o a Mondovì dove si trova lavoro – non sono certo nelle condizioni di spendere i soldi di un viaggio per andare a depositare la scheda dentro l’urna, fino a Canicattì, per dire, o anche a Locorotondo, o a Scilla. Per poi tornare. Una larga fetta di popolazione meridionale è in questa condizione. Non ci sono solo gli emigrati all’estero, sono tantissimi gli emigrati dentro l’Italia che è pur sempre un lungo stivale ben costoso da attraversare dal Nord al Sud. Per poi tornare. Va da sé che già il fatto stesso di doversene andare lontano – e non poter tornare – è l’alimento primo di cui, dalla fondazione della cosiddetta Italia unita, si nutre il rancore. Ed è quello che fa di chi può anche tornare, andare e restare, un indifferente, un arrabbiato o un castigatore del sistema. Fatta l’Italia, l’astensione – per necessità o per scelta – è stato l’unico modo per fare gli italiani. Come domani, così sempre.
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