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Ecco cosa pensa Trump dell'Europa: pavida, egoista e abbastanza inutile

Redazione

Walter Russell Mead entra nella testa del presidente americano: “Parla più volentieri con Benjamin Netanyahu che con Angela Merkel”, scrive il Wall Street Journal 

La diplomazia americana di Donald Trump ha scosso le fondamenta di molte istituzioni e alleanze globali, ma i suoi effetti più dannosi sono stati finora sui rapporti transatlantici”, scrive Walter Russell Mead. “La comunità delle nazioni nordamericane ed europee che formano il nucleo dell’alleanza che ha vinto la Guerra fredda per l’occidente è più vicina alla rottura ora che in qualsiasi momento dagli anni Quaranta”. Stilisticamente, il suo approccio teatrale alla politica stona con quello degli europei. “Ma è la profonda opposizione ideologica tra la visione del mondo di Trump e la concezione europea postbellica che trasforma questa frizione in un conflitto che minaccia l’alleanza occidentale. Per alcuni dei critici di Trump, è assurdo parlare di ‘ideologia’ trumpiana. Vedono la politica estera di Trump come un fascio di impulsi narcisistici, avidità transazionale e riflesso istintivo. Winston Churchill aveva scritto grandi opere della storia prima di diventare primo ministro; sia Harry Truman che Ronald Reagan, benché derisi come pesi leggeri ai loro tempi, riempivano i loro diari di riflessioni attentamente ponderate sulle grandi idee. Trump non ha un progetto principale, dicono molti critici, nessuna filosofia politica incarnata che cerca di imporre al mondo. Tuttavia, si può parlare di idee basilari per il progetto europeo che Trump respinge categoricamente.

 

Trump non crede che il futuro sarà uno degli stati interdipendenti e postnazionalisti impegnati nel commercio vantaggioso per entrambe le parti. Non crede che il potere militare diventerà meno rilevante con il procedere dei progressi. Non pensa che il diritto internazionale e le istituzioni internazionali debbano, e possano, dominare la vita internazionale. I singoli stati-nazione, secondo il punto di vista di Trump, rimarranno la forza geopolitica dominante. Il presidente americano pensa che l’Europa si stia facendo sempre più debole e meno rilevante nella vita internazionale e che la visione del mondo di Vladimir Putin sia infinitamente più chiara e razionale di quella di Angela Merkel. Quando Trump guarda oggi la Germania, non vede molto di un alleato. La Germania beneficia immensamente, secondo il presidente, degli investimenti americani nella Nato e più in generale in Europa. Ma risponde con politiche commerciali egoiste, conferenze morali e libertà di sicurezza. Trump pensa che Israele sia un alleato più intelligente e migliore della Germania. Ascolta il primo ministro Benjamin Netanyahu più di quanto faccia con la signora Merkel perché pensa che l’aggressiva difesa israeliana dei suoi interessi nazionali rifletta una migliore comprensione del mondo, e perché pensa che la collaborazione con Bibi apporti maggiori benefici politici in casa e un’assistenza più efficace all’estero di qualsiasi cosa i tedeschi siano disposti a fornire. Ancora peggio da una prospettiva europea, Trump ritiene che le relazioni internazionali siano guidate dal bisogno e dall’interesse personale e che l’Europa abbia bisogno degli Stati Uniti molto più di quanto gli Stati Uniti abbiano bisogno dell’Europa. Putin vuole rompere l’unità della Ue per poter riaffermare l’influenza russa in tutto il continente. I piani industriali cinesi prevedono, tra le altre cose, il rovesciamento della supremazia tedesca nella produzione di automobili e macchine utensili.

 

L’Europa non ha la forza militare e la leadership unificata per superare le enormi sfide di sicurezza e migrazione in Nord Africa e nel medio oriente, e la facciata frammentata dell’unità europea non può nascondere le divergenze sempre più profonde tra est e ovest, nord e sud. Una tempesta perfetta sta fermentando nell’Atlantico. Nella personalità e nello stile, Trump rappresenta quasi tutto ciò che gli europei non amano della vita americana. E’ ancora più abrasivo quando si tratta di questioni di sostanza. Il mix trumpiano di politica commerciale a somma zero, realismo austero in politica estera e scetticismo sul futuro dell’Europa lo porta a pensare all’Europa come a un partner debole e inaffidabile. Non c’è da stupirsi, quindi, che praticamente ogni incontro tra Trump e le sue controparti europee lasci la relazione sotto una pressione maggiore. Il fatto che Trump voglia rinegoziare elementi delle relazioni commerciali e di sicurezza americane con l’Europa non è, di per sé, una cosa cattiva o distruttiva. E non è tragico che il G7 non sia riuscito a trovare un altro encomiabile e immediatamente dimenticato comunicato. Ma data la natura velenosa delle relazioni tra Europa e Stati Uniti al momento, la Casa Bianca dovrebbe considerare i benefici di abbassare lo scontro. Nonostante tutti i suoi difetti, la comunità transatlantica rimane una risorsa vitale per l’influenza americana nel mondo”.

  

Traduzione di Giulio Meotti

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