fauna d'arte

Spulciando negli archivi con Delio Jasse

Francesco Stocchi e Gabriele Sassone

"Il timbro certifica se la mia vita ha valore o meno, è la burocrazia che dà valore effettivo alle nostre esistenze, in particolare quelle di chi ha una storia di migrazione alle spalle"

Fauna d'arte è una ricognizione intergenerazionale sugli artisti attivi in Italia. Ci facciamo guidare nei loro studi per conoscere dalla loro voce le opere e i modi di lavorare e per capire i loro sguardi sull’attualità. Il titolo si ispira a una sezione di Weekend Postmoderno (1990), il romanzo critico con cui Pier Vittorio Tondelli ha documentato un decennio di cultura e società italiana. A differenza del giornalismo e della saggistica di settore, grazie a “Fauna d’arte”, Tondelli proponeva uno sguardo sull’arte contemporanea accessibile e aperto, interessato a raccontare non solo le opere ma anche le persone, il loro modo di vivere dentro l’arte.

   

Oggi questo approccio ci permette ancora di parlare degli artisti, ma in futuro anche delle altre figure professionali come critici e curatori, galleristi e collezionisti, con lo scopo di restituire la complessità di un sistema attraverso frammenti di realtà individuali.


  

Nome: Délio Jasse

Luogo e data di nascita: Angola, 28/12/1980

Galleria di riferimento e contatti social:

Tiwani Contemporary Art

Instagram

  

L'intervista

A che cosa stai lavorando?

In questo momento sto lavorando a un progetto sulla memoria collettiva e il passato coloniale del Mozambico degli anni Sessanta. Sto rielaborando immagini e testi di un archivio non ufficiale trovato alla Feira Da Ladra di Lisbona, in Portogallo. Il materiale originale viene trasformato completamente ribaltando così quella che era la narrativa dominante dell’epoca.

  

Che tipo di peso ha l’archivio nella tua pratica artistica?

La tematica dell’archivio è molto importante nel mio lavoro perchè mi permette di rielaborare la storia del passato grazie alle immagini appartenenti ad altre persone: non solo queste immagini ci trasmettono informazioni ormai perse sia nella memoria collettiva sia sul territorio, ma veicolano, in maniera spesso inconsapevole, la propaganda del colonialismo. Rielaborando le immagini mostro l’assurdità e la crudeltà del tempo coloniale, mostrando i rapporti di forza presenti all’epoca.

 

Ci racconti quali metodi di stampa adotti per le tue fotografie?

Utilizzo metodi di stampa non convenzionali come: la cianotipia, van dyck brown, la xilografia e l’emulsione fotografica. Grazie a questi processi riesco a mettere in risalto informazioni che prima erano in secondo piano e a far diventare visibili elementi nascosti.

     

Quali sono i tuoi riferimenti teorici e visivi?

Per i riferimenti alla fotografia: Man Ray per la sperimentazione e i processi chimici; Christian Boltanski per la tematica della memoria e dell’archivio. I riferimenti teorici sono: Frantz Fanon, Walter Benjamin, William Edward Burghardt Du Bois.

    

Com’è organizzata la tua giornata di lavoro?

Non ho una giornata tipo, dipende dalla fase in cui mi trovo e dalla tipologia di lavoro. Ho orari più o meno normali, in cui faccio ricerche, sia fisiche sia online, e poi catalogo tutto il materiale trovato. In fase di produzione, invece, i miei orari dipendono dal metodo di stampa che scelgo per ogni lavoro. Ad esempio se adopero la cianotipia, devo lavorare nelle ore più soleggiate della giornata e seguire ossessivamente il meteo. Se invece lavoro nella camera oscura, preferisco le ore notturne per evitare qualsiasi contaminazione.

    

Che cos’è per te lo studio?

Pe me lo studio è il fulcro di tutto il mio lavoro: qui faccio ricerca, catalogazione e tutte le varie sperimentazioni; è uno spazio in costante mutamento, che si trasforma ogni giorno e spesso anche più volte nel corso della stessa giornata. Qui trovo ispirazione e opero costantemente: senza le infinite possibilità che mi dà lo studio, il mio lavoro non esisterebbe.

  

Le foto dello studio sono state scattate da Delio Jesse

    

Quando e come hai capito di essere un artista?

Ho scoperto di essere un artista quando il mio lavoro è stato pubblicato per la prima volta, dopo aver partecipato a un bando di concorso di fotografia amatoriale, all’inizio del 2000.

   

In che modo i concetti di migrazione e di colonizzazione hanno influito?

Ha influito molto, la mia è una storia di migrazione: l’uso quasi ossessivo dei timbri nella maggior parte delle mie opere è dovuto al fatto che sono rimasto senza documenti per molto tempo e poi, all’improvviso, tutto si è sistemato. Il timbro certifica se la mia vita ha valore o meno, è la burocrazia che dà valore effettivo alle nostre esistenze, in particolare quelle di chi ha una storia di migrazione alle spalle. Per quanto riguarda la colonizzazione, per molto tempo la storia è stata raccontata solo dai colonizzatori, ora finalmente anche noi colonizzati abbiamo la possibilità di raccontare le cose dal nostro punto di vista, mostrando la dissonanza con la narrativa coloniale.

     

Quale funzione ha l’arte nel mondo di oggi?

Per me l’arte oggi ha la possibilità di farci vedere storie e narrazioni che prima erano silenziate o nascoste, permettendoci così di ampliare la nostra visione del mondo e mettendo finalmente al centro voci e punti di vista un tempo considerati periferici.

     

Le opere

Rielaborare le immagini per immaginare una storia diversa.

J´ai le devoir de mémoire, 2019, C-print and Silkscreen, 120x80cm

 

 

L’assenza dell’altro in un mondo inventato a propria immagine e somiglianza.

 

Nova Lisboa, 2018, Photographic emulsion and screen print on paper, 100x70cm

 

Black portrait, 2018,Gelatin silver print and gold leaf, 40x50cm

 

La fantasia e il potere della maschera.

 

The lost chapter: Nampula,1963,2016,photographic emulsion and screen print on paper, 100x70cm

La necessità assoluta di ricomporre la storia.

 

Untitled, 2018,Photographic emulsion and screen print on paper, 100x70cm

  

DJ, Non sempre cadere indica una sconfitta.

 

La stratificazione di un tempo perduto.

Algures, 2019, Gelatin silver print on film,30x20cm

  

Una realtà diversa.

Inutilizado, 2021,Gelatin silver print, 40x50cm

  

L’irrealtà contenuta nella realtà stessa.

 

  

Terreno Ocupado,2014,Cyanotype on fabriano paper,76x56cm

 

Il dovere di rivalutare la realtà.

Sem valor,2019, Photographic emulsion and gold leaf,130x95cm

 

I limiti ci sono imposti dai segni burocratici.

Identidade Poetica, 2010,Gelatin silver print,40x50cm

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