Ritratto di Andrea Kvas, foto di Aronne Pleuteri 

fauna d'arte

"Non chiamatemi pittore, sono un ricercatore, aperto al caso e alle possibilità". Parla Andrea Kvas

Francesco Stocchi e Gabriele Sassone

"Parlare di pittura vuol dire parlare di materiali e non di dipinti in senso stretto. La mia idea di sperimentazione pittorica va di pari passo con il progresso tecnologico e la ricerca. L’importante è che ci siano sempre occhi e sguardi nuovi a generare visioni e considerazioni inaspettate"

Fauna d'arte è una ricognizione intergenerazionale sugli artisti attivi in Italia. Ci facciamo guidare nei loro studi per conoscere dalla loro voce le opere e i modi di lavorare e per capire i loro sguardi sull’attualità. Il titolo si ispira a una sezione di Weekend Postmoderno (1990), il romanzo critico con cui Pier Vittorio Tondelli ha documentato un decennio di cultura e società italiana. A differenza del giornalismo e della saggistica di settore, grazie a “Fauna d’arte”, Tondelli proponeva uno sguardo sull’arte contemporanea accessibile e aperto, interessato a raccontare non solo le opere ma anche le persone, il loro modo di vivere dentro l’arte.

    

Oggi questo approccio ci permette ancora di parlare degli artisti, ma in futuro anche delle altre figure professionali come critici e curatori, galleristi e collezionisti, con lo scopo di restituire la complessità di un sistema attraverso frammenti di realtà individuali.


  

Nome: Andrea Kvas

Luogo e data di nascita: Trieste, 1986

Galleria di riferimento e contatti social:

www.thomasbrambilla.com

@thomasbrambillagallery

@kvvaaassss

  

L'intervista

Intervista in collaborazione con Giulia Bianchi

 

C’è ancora la possibilità di sperimentare con la pittura? In che modo?

Personalmente penso che parlare di pittura voglia dire parlare di materiali e non di dipinti in senso stretto. La mia idea di sperimentazione pittorica va di pari passo con il progresso tecnologico e la ricerca. L’importante, piuttosto, è che ci siano sempre occhi e sguardi nuovi e che questo dialogo tra pittura e pubblico possa generare visioni e considerazioni inaspettate.

  

Qual è la funzione dell’arte oggi?

È una domanda che non ha mai avuto una risposta univoca perché legata alla fenomenologia del divenire. Credo però che uno scopo superiore sia quello di generare alternative.

  

Com’è organizzata la tua giornata di lavoro?

Le mie giornate di lavoro variano a seconda delle condizioni atmosferiche. Mi spiego: il mio lavoro prevede la stesura di ingenti quantità di materiali più o meno viscosi su superfici quasi sempre in posizione orizzontale e questi materiali hanno tempi di asciugatura che variano a seconda di umidità e calore. Gesti veloci e lunghe attese. Questo fa si che la mia routine sia molto variabile, mettendomi di fronte a un’imprevedibilità che devo accogliere empaticamente immergendomi nel flusso del mio lavoro in divenire.

 

Quali sono i tuoi riferimenti visivi e teorici?

Sigmar Polke, i Sepultura, Henri Michaux, Albert Camus, Lee Lozano, i videogiochi, i libri di restauro, i cantieri edili, le persone appassionate, le scatole e gli imballaggi in genere, il piumaggio degli uccelli, il mimetismo disruptivo…

 

Che cos’è per te lo studio d’artista?

La mia pratica spesso indaga la questione dello studio come oggetto e soggetto significante. Come nella mostra personale ora in corso, organizzata da Spazio Morris e ospitata dallo studio di Giovanni De Francesco a Milano. Si tratta di fatto di una mostra creata in situ e che continuerà a modificarsi fino alla fine e che mette sullo stesso piano processualità e lavori finiti. Ora è quello il mio studio, è una meta-mostra che espone come opera lo spazio in cui l’opera vede la luce, trasformandolo a sua volta in opera in una circolarità che mi avvolge.

  

   

Come definisci la tua pratica artistica, considerando il tuo modo di gestire formati, materiali e tecniche?

Credo che per spiegare a qualcuno che non ha assolutamente idea di cosa io faccia il modo peggiore sia dire che sono un pittore. Piuttosto direi un ricercatore, aperto al caso e alle possibilità.

 

In che modo hai iniziato a fare l’artista?

Fin da giovane volevo essere un artista, ma non credo sapessi bene a cosa sarei andato incontro. Ora non è tanto diverso, mi ritrovo spesso a pensare a che artista voglio essere e mi rispondo semplicemente continuando a fare il mio lavoro, portando avanti una ricerca che è in qualche modo ciclica e intima, tautologica e orizzontale. È un continuo iniziare.

 

A che cosa stai lavorando?

Oltre alla mostra già citata sto progettando un’opera pubblica a San Vito al Tagliamento nell’ambito della rassegna Palinsesti: si tratta di un lavoro di grandi dimensioni immaginato e realizzato assieme ai bambini della scuola dell’infanzia. Magari assieme faremo anche una mostra, sarebbe bellissimo.

   

Mentre realizzi un lavoro, consideri già il modo in cui potrebbe essere percepito dal pubblico?

Il mio approccio al fare artistico pone me per primo nella condizione di spettatore, uno dei molti che osserva l’opera in divenire che si materializza, grazie alla chimica e all’esperienza, davanti ai miei stessi occhi. Sono creature autonome che mi ritrovo a osservare, a capire e da cui cerco di trarre le mie conclusioni, comunque parziali. Il pubblico mi aiuta ad avere una visione più ampia del mio lavoro e della mia pratica, aiutandomi con il suo sguardo a crescere per affrontare nuovi lavori più maturi.

  

Le opere

  

Andrea Kvas, Senza titolo, 2023

Resine sintetiche, pigmenti, tecnica mista su cartone alveolare

200 x 300 x 5 cm

Courtesy l'artista e BUILDING, Milano, ph. Leonardo Morfini

 

Bitch Magnet-C Word

  

     

Andrea Kvas, G.M.S. II, 2023

Resine sintetiche, pigmenti, cellulosa, semi di papavero e tecnica mista su cartone alveolare

310 x 200 x 200 cm

Courtesy l'artista, ph. Matteo Pizzimenti

 

Asino - mi sono bruciato con i coriandoli

  

  

Andrea Kvas, Senza titolo (Blac Ilid), 2020

tecnica mista su cotone grezzo

180 x 170 x 3 cm

Blac Ilid, Fondazione Smart, Roma

Courtesy l'artista

 

Encerrado contigo (en la prisión)

 

Andrea Kvas, Senza Titolo, 2020

tecnica mista su cotone grezzo

104 x 94 x 3 cm

Blac Ilid, Fondazione Smart, Roma

Courtesy l'artista

 

Mezine mdihek

  

  

Andrea Kvas,Rolango I (rme-langs), 2018

tecnica mista su tela

80 x 60 cm

Lo Spavento della Terra, Clima, Milano

Courtesy l'artista, ph. Marco Davolio

  

Ragana "Desolation's flower"

  

Andrea Kvas, Senza titolo, 2014

tela di cotone, tecnica mista, occhioli a vela in pvc e cotone

300 x 1000 cm

Ab-Stretching the Canvas, Jeanine Hofland, Amsterdam

Courtesy l'artista

  

Melvin Skin Horse

   

 

Andrea Kvas, Senza titolo, 2013

tela di cotone, tecnica mista

180 x 600 cm

Boy with Bucket, Chert, Berlin

Courtesy l'artista

 

Fulci "Tomb"

 

  

Andrea Kvas, Senza titolo, 2012-2013

legno, acrilici, idropittura, smalti, asfalto a freddo, pigmenti, resine sintetiche, gommalacca, lattice sintetico, poliuretano, argilla, grafite

20 elementi, ognuno 200 x 3 x 3cm

Campo, Museo Marino Marini, Firenze, ph. emme studio

Courtesy l'artista

 

OUTER HEAVEN - Bloodspire

  

Andrea Kvas, Senza titolo, 2012-2013

poliuretano, acrilici, idropittura, smalto, asfalto a freddo, pigmenti, resine acriliche, gommalacca, grafite

196 elementi, ognuno circa 100 cm x Ø circa 8-10 cm

Campo, Museo Marino Marini, FIrenze, ph. emme studio

Courtesy l'artista

 

In Defiance of the Sages

 

   

Andrea Kvas, Senza titolo (19) e senza titolo (20), 2010

Laboratorio c/o Brown Project Space

ph. Jacopo Menzani

 

Cloud Rat "Last Leaf"