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il figlio

Che cosa significa crescere, innamorarsi, procreare, e all'improvviso precipitare

Michele Neri

La giovane scrittrice inglese Maddie Mortimer racconta un azzardato cambio di prospettiva nel romanzo Mappe dei nostri corpi spettacolari. Al centro la storia di Lia, una giovane madre aggredita dal cancro al seno

Parla, corpo: non lasciare che sia la mente a farlo. Racconta, immagina tu la storia di Lia, una giovane madre aggredita dal cancro al seno; esplora nelle tue cellule e organi gli effetti dell’amore famigliare e della malattia, del desiderio perduto, di terrore e compassione. Oltre a quella della protagonista, descrivi l’esistenza della figlia adolescente e del marito. Riassumi con falangi e tessuti nervosi che cosa significhi crescere, innamorarsi, procreare, e all’improvviso precipitare, cercando salvezza. E’ questo l’azzardato e riuscitissimo cambio di prospettiva, compiuto dalla giovane scrittrice inglese Maddie Mortimer nel romanzo Mappe dei nostri corpi spettacolari (traduzione di Paola Moretti, il Saggiatore). 

Come può parlare, il corpo di una donna che combatte contro sé stesso, oppure quello di una ragazzina alle prese con i primi squarci di passione o di un padre e marito che fisicamente si annulla, per sostenere chi soffre? Non può che essere una lingua nuova e multiforme, in cui s’intrecciano le tante voci interne all’organismo, a cui Maddie Mortimer dà dei nomi: giardiniere, colomba, giallo, fossile… e che a loro volta generano un testo frammentario, fatto di periodi vorticanti e liberi, stampato in corpi e caratteri tipografici molteplici, il tutto senza che si spezzi la freccia della trama. E’ anche uno scritto scientifico, “i polmoni… Se li spiani entrambi riempiono la superficie di un intero campo da tennis” e aforistico – “la maternità non è altro che un grande promemoria che la vita comincia e finisce con il corpo”. E’ poetico, il male diventa:

“Il diavoletto, eroe improbabile,
cantando lascia macchie al suo passaggio,
lungo la vena periferica,
tutto strano e rosso
e perfettamente preparato alla distruzione”.

L’esistenza di Lia, autrice di libri per bambini, figlia timorata di un pastore protestante poi riscattata dalla passione proibita per Matthew, un giovane tirocinante del padre, il matrimonio di riserva con Harry, l’impossibile pace con la madre troppo dura, il conto alla rovescia degli ultimi mesi, decisa a contare nell’esistenza di Iris, la figlia che non le perdona il fatto di andarsene, “come puoi come puoi come puoi lasciarmi?”: ogni scalfittura dolce o dolorosa della sua vita è leggibile nel corpo, quasi fosse un albero tagliato in orizzontale e che mostrasse, non gli anelli delle proprie stagioni, quanto emozioni e desideri sedimentati negli anni. La struttura progressiva della sua vita, indietro fino al segno lasciato dal primo amante, altro corpo inciso nel corpo: “Ogni giorno trovava qualcosa di nuovo da analizzare nelle sue espressioni burrose, nella sua camminata, nelle sue nocche, nel modo in cui le braccia gli pendevano…”.

Le ore di Lia si accorciano e la paura è percepita dai polpastrelli del marito che la accarezza. Il marito è un docente universitario: quando una sua studentessa lo avvolge nel proprio sguardo, più caritatevole che seduttivo, lui prova un senso di vergogna, “spalmato come una marmellata: leggera, fredda, con una certa consistenza”. Ogni evento è trasfigurato. La trasfusione: “E’ come se un pittore stesse aggiungendo nuovi strati di alberi e fiumi e tetti con una tavolozza di colori più accesi, i suoi pigmenti portano un vento nuovo, una nuova speranza”.

Adoperando un’immagine creata dall’autrice per l’incontro carnale tra Lia e Matthew, questo romanzo riesce davvero a “tirare fuori l’anima dalle dita con le labbra”. E non possiamo che essere d’accordo con l’autrice che, nei Ringraziamenti, cita l’agente che “ha curato Mappe da quando aveva mille pagine matte…”. Senza di lei non avremmo questo romanzo commovente e singolare.

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