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Il Figlio

Botte in famiglia, ma tanto amore tra madre e figlia. Il film di Paola Cortellesi

Giuseppe Fantasia

C'è ancora domani, primo film da regista di Paola Cortellesi, racconta la forza di una madre che vive il dramma della violenza familiare 

L’interno di una casa, una camera da letto, una donna dà il buongiorno a un uomo che si sveglia e la dà uno schiaffo, così, senza dire nulla, per poi girarsi dall’altro lato. Delia, questo il  nome della donna, interpretata da Paola Cortellesi, non dice nulla a Ivano (Valerio Mastandrea), suo marito: si gira anche lei, ma dal lato opposto, e sorride come se niente fosse. Si alza, si lava il volto, si dà una sistemata ai capelli, si veste e poi inizia a preparare la colazione e un panino per tutta la famiglia. Per i due figli maschi, maleducati e sboccati – che dormono nello stesso letto perché la casa è  piccola – per la figlia più grande Marcella (Romana Maggiora Vergano), per quel marito violento che le dà solo ordini, persino per il vicino. Escono tutti, c’è pace, ma è solo apparente. La telecamera si sofferma sul caffelatte che uno pensa sia per lei, e invece no. E’ per il suocero, nonno Ottorino (Giorgio Colangeli), ex tombarolo ed ex strozzino, che la tratta anche lui male, toccandole il sedere quando apre la finestra. Lei esce e corre come ogni mattina da una parte all’altra di Testaccio – in una Roma della seconda metà degli anni ‘40 – dividendosi tra i lavoretti più disparati: iniezioni a domicilio, lavanderia, rammendi e riparazione di ombrelli. 
Questo è solo l’inizio di C’è ancora domani, l’esordio alla regia (esce il 26 ottobre per Vision Distribution, prodotto da Wildside) con cui Paola Cortellesi e il suo cast hanno dato il via alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma, un film volutamente girato tutto in bianco e nero “che vuole raccontare e celebrare le storie di donne che mi hanno raccontato nonne e bisnonne – spiega al Foglio la regista,  emozionata – storie incredibili di persone che sono sempre state considerate delle nullità”. “Erano le prime a considerarsi tali – ha aggiunto – perché c’era in loro una totale inconsapevolezza. All’epoca non ci si rendeva conto delle discriminazioni e delle violenze che subivano, perché così era stato loro insegnato. Mia nonna era eccezionale, ma chiosava sempre dicendo: però, che ne capisco io?”. Una domanda, infinite domande, a cui nessuna riusciva a dare risposte. 
Basta una minima mossa, figuriamoci un errore di Delia, per scatenare la furia del marito che la picchia in ogni modo. L’escamotage trovato dalla Cortellesi con i suoi fedelissimi sceneggiatori Furio Andreotti e Giulia Calenda – un ballo sulle note di Nessuno cantata non da Mina, ma da Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, come il non mostrare le violenze – è eccezionale e rende il tutto ancora più dolente. Persino quando le cadono dalle mani le pastarelle il giorno di fidanzamento della figlia, è colpa sua. “Er piatto de’ mamma”, grida lui. E quando gli ospiti sono andati  via,  la picchia a finestre chiuse. “Manco la serva sai fa’”. “Non devi picchiarla spesso, altrimenti si abitua”, gli consiglierà il padre. “Devi picchiarla molto più forte, ma raramente, così se ne ricorda”. 
L’amica fruttivendola (la straordinaria Emanuela Fanelli) è l’unica con cui Delia si confida, il bel Nino (Vinicio Marchioni) è l’amore vero, ma non basta. “Ma perché non te ne vai?”, le dirà Marcella. “E ’ndo vado”, le risponde lei in una conversazione che è la dichiarazione di un amore infinito. Tutto il film, del resto, è una storia d’amore tra madre e figlia. Se Delia proverà a cambiare è perché spinta dall’amore per la figlia, non dalla consapevolezza. “Se nasci donna – precisa la Cortellesi – fai subito parte di un movimento, stai dalla parte che di chi ha subìto, non puoi ignorarlo. I diritti non sono eterni, diceva la Iotti, bisogna combattere per mantenerli. Gli ultimi tempi ci hanno mostrato quanto è facile tornare indietro”. Un film sorprendente