George Sand, "Racconti di una nonna" (Marcos y Marcos, dettaglio di copertina)

Il Figlio

La fata Polverina

Sandra Petrignani

L’immensa tenerezza di un genio, diceva Flaubert. George Sand, che nonna!

Uno dice George Sand e subito pensa a una signora stravagante, nata a Parigi il primo luglio 1804, che aveva assunto un nome maschile (il suo era Aurore), si vestiva da uomo e fumava il sigaro, ma riusciva lo stesso a intrecciare storie d’amore tormentosissime con maschi nevrotici, preferibilmente artisti e più giovani: Alfred de Musset, Fryderyk Chopin, Gustave Flaubert per ricordarne tre soli. Una scrittrice eccessiva anche per numero di pagine scritte, la maggior parte dimenticabili, ma comunque autrice di alcuni libri che dispiace siano usciti dall’interesse dei lettori moderni (per esempio quel capolavoro autocelebrativo che è l’Histoire de ma vie o il divertente Un hiver à Majorque dove Sand sparla tutto il tempo della sua esperienza majorchina e degli stessi abitanti dell’isola, probabilmente influenzata dalla catastrofica convivenza con un infantile Chopin che si metteva in competizione coi figli di lei e voleva assolutamente essere il più accudito.

 

Sì perché Aurore, che il nome George l’aveva assunto unicamente per essere considerata alla pari dal consesso intellettuale dei maschi, era femminilissima e molto materna e adorava i figli (con preferenza smaccata per il figlio maschio, va detto) e ancora di più adorò le nipotine, Aurore e Gabrielle (figlie del figlio), e anzi per loro scrisse i Racconti di una nonna che ora escono da noi grazie a Marcos y Marcos (330 pagine, 18 euro). Inventa queste storie con la libertà e la dolcezza che dovevano essere caratteristiche predominanti del suo carattere, le inventa con spirito didattico ma non da maestrina: quello che vuole è aprire la mente delle bambine, perché siano spinte “a scoprire almeno una piccola parte delle parole e delle cose che non conoscete”.

 

Ed è l’interesse per le parole con la loro magia che si riversa in una relazione fantastica e panteistica col mondo a rendere la lettura di queste fiabe così gradevole anche per un adulto, perché un po’ questo libro è un’autobiografia di George Sand da piccola e  l’immaginario si radica alla concretezza dell’infanzia. Cosa si dicono i fiori? E che vuole la fata Polverina che, cacciata dalla porta, rientra per la finestra? Come si fa a trattenere una nuvola rosa? E cosa impara Margot da quel che le insegna “una splendida rana verde, tigrata di nero” che si scopre essere la regina Coax? Impara a “non aver paura, se le intenzioni sono buone” e, come le dirà sua nonna: “se c’è una cosa che riesce a renderci belli, è la felicità che ci meritiamo”. Del resto, l’avevano detto i fiori: non bisogna temere la morte, perché a prendere la vita per il verso giusto si rinasce in continuazione. Tutto è trasformazione, date retta a Polverina! E se le nuvole in cielo bisogna lasciarle andare, quelle che ricreano le donne tessendo e ricamando non scapperanno via mai più. Scappate pure voi bambine, dalle purghe che vi vogliono imporre i severi papà. Non tutte hanno la fortuna di un padre comprensivo come quello che s’incontra nel Castello di Piccotorto. Lui prima tenta di distogliere la figlia da ambizioni inappropriate: “Perché ti sei messa in testa la sciagurata idea di diventare un’artista?” Ma di fronte alla convinzione della ragazza, disposta a rinunciare ai suoi sogni per fargli piacere, cede: “No, no! Divertiti, fa’ ciò che vuoi, sogna l’impossibile”.

 

La scapestrata George Sand diventa dunque invecchiando una donna saggia? Forse lo era già da giovane in quel suo prodigarsi per alleviare e sostenere la fragilità degli uomini di cui s’innamorava, dimostrandosi molto più forte (e generosa) di loro. E non stupisce quindi il bellissimo ricordo che Flaubert ci ha lasciato di lei: “Si doveva conoscerla come l’ho conosciuta io per sapere quanto vi era di femminile in questo grande uomo, per conoscere l’immensa tenerezza di questo genio”.
 

Di più su questi argomenti: