Dobbiamo iniziare a prendere congedo, dice Rilke, ma io di certo non da Whatsapp

Paola Liberace

Basta chat di classe, basta gruppi di mamme, basta catene scolastiche di sant’Antonio. Ma questo non è che l’anticipo di un distacco più grande

Cara Annalena, noi non facciamo altro che prendere continuamente congedo: perciò bisogna anticipare ogni congedo, raccomanda Rilke nei Sonetti a Orfeo. E così ho deciso di disinstallare Whatsapp, anticipando il mio congedo nel chiudere (forse) definitivamente con una parte soverchiante, invasiva, alienante della mia vita. Basta chat di classe, basta gruppi di mamme in cui essere coinvolta a sproposito e involontariamente, basta catene scolastiche di sant’Antonio per la festa della donna, o per quella della mamma, o per Pasqua, o per Natale. Le uniche persone con le quali mi occorre comunicare sono tutte contattabili in altro modo; le uniche comunicazioni collettive alle quali mi interessa partecipare possono svolgersi in altro modo.

  

 

La verità, però, è un’altra. Questo non è che l’anticipo di un congedo maggiore, quello dalla mia indispensabilità, dalla mia presenza scontata, dalla mia disponibilità a prescindere. Familiare anzitutto, e più specificamente materna: sto uscendo dal ruolo di madre, come l’ho concepito, o forse solo accettato finora, di responsabile di ultima istanza. Mia figlia l’ha capito, e nella sua reazione rabbiosa quando le ho parlato della decisione si cela in realtà la paura per un distacco più grande, che sente avvenire e insieme desidera e teme. Anche io lo temo e insieme lo voglio, e perciò non so se avverrà davvero, se stasera stessa non tornerò sui miei passi, se non reinstallerò tutto, con tanto di backup. Mio figlio l’ha presa meglio, come se non mi avesse davvero presa sul serio: come se sapesse che non si può prendere davvero congedo, non da tutto, non ora.

Paola Liberace, Roma

  

Cara Paola, ti ammiro, e penso che ti imiterò, ma secondo le mie forze. Oggi mi congedo dalla palestra in cui non sono mai andata, domani mi congederò dai pomeriggi musicali a cui non ho mai partecipato. La cosa folle della primavera è questa: continuo a pensare a quando portavo i bambini al parco, il pomeriggio, e vorrei non aver preso congedo anche da questo.

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