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Il Bi e il Ba

Un cadavere vale l'altro, purché serva a ricattare il "nemico"

Guido Vitiello

L'oscena faciloneria con cui Greta Thunberg ha scritto su Instagram un post sui prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, utilizzando però la foto di Evyatar David (l'ostaggio scheletrico nelle mani di Hamas) è un segno dei nostri tempi oscuri 

Ricordo una delle tante scene storicamente inverosimili di Holocaust, la popolarissima miniserie della Nbc del 1978, in cui un alto ufficiale delle SS fa rapporto a Reinhard Heydrich sullo stato di avanzamento della Soluzione finale mostrandogli una serie di diapositive. Nella rapida sequenza di immagini (per lo più risalenti alla liberazione dei campi) si vede anche una delle quattro fotografie che il membro di un Sonderkommando riuscì a scattare a Birkenau nell’estate del 1944, per la precisione una cremazione a cielo aperto inquadrata di nascosto dall’interno di una camera a gas. Una foto presa fortunosamente da un prigioniero per documentare le atrocità naziste e destinata alla resistenza polacca era dunque presentata, nello sceneggiato americano, come un prodotto tra i tanti di un’attività di monitoraggio dei carnefici. L’avevano anche ritagliata in modo tale da rimuovere gli stipiti e l’architrave della porta, l’unica traccia visibile dell’eroismo di quello scatto, che poteva costare la morte. Le SS si intestavano la foto di un deportato!

L’inversione, quando la notai, mi parve oltraggiosa, anche se Holocaust – la cui meritoria opera di divulgazione storica ebbe la benedizione di Primo Levi (e la maledizione di Elie Wiesel) – non andava tanto per il sottile. Ebbene, tre giorni fa Greta Thunberg ha scritto su Instagram un post sui prigionieri nelle carceri israeliane, con tanto di filo spinato sullo sfondo, usando però una foto di Evyatar David, l’ostaggio scheletrico costretto da Hamas a scavarsi la fossa da solo. L’ebreo imprigionato era trasformato in palestinese affamato dallo Stato degli ebrei. Gioco d’anticipo sul lettore malevolo: no, non sto paragonando Greta a una SS. Ma in questa oscena faciloneria vedo un segno dei tempi. I quattro scatti di Birkenau sono così preziosi che ci hanno scritto libri interi. Oggi un corpo emaciato vale l’altro, un cadavere vale l’altro, purché serva a ricattare melodrammaticamente il nemico. Altro modo per dire che il nostro uso delle immagini ha preso lezioni dai terroristi.

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