
LaPresse
Il Bi e il Ba
Perché è sbagliato elevare Israele e Gaza ad astrazione
Gaza non c'entra nulla con il precariato e la devastazione dell'ambiente. Innalzare tutto al piano della metafora e del mito significa cedere a quell'incubatore di mostri che è l'accademia, soprattutto quella americana e francese
Ho letto la recensione di un concerto rock e mi sono sentito di nuovo giovane. Che bello ritrovare gli stilemi delle riviste che compravo da teenager! Il “grande rito collettivo”, l’“emozione che ancora ci attraversa”, “il senso di rabbiosa comunione vissuto con migliaia di persone”… Peccato che non fosse una fanzine musicale ma la newsletter di Tlon, e che l’autore, Andrea Colamedici, non stesse parlando di Patti Smith ma di Francesca Albanese, con la quale ha dialogato in pubblico al Monk di Roma il 29 luglio. Per darvi un’idea della musica che hanno suonato, ho appreso che “il sistema che distrugge Gaza è lo stesso che precarizza il nostro lavoro, che mercifica la nostra salute, che devasta il nostro ambiente”. Questo cadavre exquis di cose incongrue può lasciare disorientati, ma tutto si accomoda leggendo un saggio di Eva Illouz, Le 8-Octobre. Généalogie d’une haine vertueuse (Gallimard 2024).
Per chi si tiene ancorato alla realtà terrena, ovviamente, Gaza non c’entra un piffero con il precariato e l’ambiente, ma le cose cambiano se ci s’innalza al piano della metafora e del mito. Di mezzo c’è il solito incubatore di mostri che è l’accademia, specie americana e francese. Scrive Illouz che intorno a Israele è nata una mythologie nel senso di Barthes: “La Theory e il decolonialismo hanno fatto del sionismo una struttura e un’ontologia, in cui si trovano alleati il colonialismo, il capitalismo, la bianchezza e il cambiamento climatico. Questa mitologia e i suoi campi semantici sono una delle catacresi, una delle appropriazioni retoriche più spettacolari della storia contemporanea”. E' proprio così. Che il prodotto di sintesi di idee disparate non sia un’idea con un grado superiore di generalità, ma un piccolo paese mediorientale elevato ad astrazione, è piuttosto bizzarro. Ma a ben vedere lo è solo in Occidente. Perché – lo diceva quarant’anni fa Guido Fubini – il vero contributo di Khomeini alla giudeofobia contemporanea si riassume in questo slogan: non tutto ciò che è ebraico è cattivo, ma tutto ciò che è cattivo è ebraico. O israeliano.


Il Bi e il Ba
Un'inarrestabile demolizione, da destra a sinistra

Il Bi e il Ba