
George Steiner (foto Olycom)
Il Bi e il Ba
La paralisi esistenziale e l'attesa di un "fuoco purificatore"
Osservando l'ambiente letterario romano noto un'aria strana. Qualcuno ti si avvicina e chiede: "Allora, scoppia o no questa terza guerra mondiale?". E mi viene in mente "La grande noia" di George Steiner
Per doveri coniugali (ho sposato una scrittrice) mi capita di frequentare, più spesso di quanto la mia orsaggine cronica suggerirebbe, certi eventi sociali dell’ambiente letterario romano. Li vivo per lo più da osservatore, taciturno e con un bicchiere in mano, indossando le mie improbabili camicie hawaiiane da pensionato panzone della Florida, e capto stati d’animo, espressioni, brandelli di conversazione. In questi mesi circola un umore strano. Un amico ti si avvicina e ti domanda, quasi fosse una formula di saluto: “Allora, scoppia o no questa terza guerra mondiale?”, e non capisci se la teme davvero, se non ci crede affatto o se, addirittura, segretamente la desidera. Una conoscente ti invita a brindare e aggiunge, sospirando: “Finché dura”. Avverti ovunque un’aria di smobilitazione, di festino in tempo di peste, di timido lutto per il mondo di ieri, e ti rammarichi che non ci sia uno Zweig per scattare la foto di gruppo di questa ilare disperazione.
A volte penso che la noia e la paralisi esistenziale, oltre una certa soglia, invochino oscuramente di essere sbaragliate da un’esperienza vivificatrice o da una punizione apocalittica, desiderata non meno che temuta. E così, tornato nella mia tana di orso, rileggo un saggio di George Steiner del 1971 che mi ossessiona da quand’ero adolescente. Si chiama "La grande noia", e parla appunto dell’ansia di dissolvimento delle civiltà al tramonto: “Intorno all’anno 1900 lo spirito era terribilmente pronto a quella che Yeats avrebbe chiamato blood-dimmed tide, ed anzi ne aveva sete. Esteriormente brillante e serena, la belle époque era minacciosamente turgida come un frutto troppo maturo. Le pressioni anarchiche stavano raggiungendo, sotto la superficie del giardino, livelli critici”. Il giardino era, per Steiner, il mondo liberale. “La corsa agli armamenti e la febbre crescente del nazionalismo europeo erano, a mio avviso, solo i sintomi esteriori del disagio essenziale. Intelletto e sentimento erano letteralmente affascinati dalla prospettiva di un fuoco purificatore”.