Il virologo francese, Didier Raoult (foto LaPresse)

Genio o ciarlatano? Chi è Didier Raoult il medico che sa “come guarire il coronavirus”

Mauro Zanon

Il virologo francese, elogiato da Trump, da settimane fa parlare di sé per l'utilizzo della clorochina nel trattamento del Covid-19

Parigi. Questa mattina, in attesa di farsi depistare, c’era una fila di centinaia di persone davanti all’Ihu, l’Istituto ospedaliero universitario Méditerranée Infection di Marsiglia, ossia il quartier generale di Didier Raoult, il virologo francese di 68 anni elogiato dal presidente americano Donald Trump che da ormai una settimana fa parlare di sé ventiquattro ore su ventiquattro, dopo aver dichiarato con gran clamore che la clorochina può debellare il coronavirus, che i risultati delle sue cure (tre quarti dei pazienti trattati con il Plaquenil, uno dei nomi commerciali della clorochina, utilizzata in genere contro la malaria, non avevano più il Covid-19 dopo sei giorni) dimostrano che lui sa “come guarire la malattia”. 

 

 

“Nel mio mondo, sono una star mondiale, non sono affatto controcorrente”, ha detto Raoult in un’intervista al quotidiano La Provence con toni che sfiorano la megalomania, prima di aggiungere: “Mi occupo di scienza, non faccio politica (…) Me ne frego di ciò che pensano gli altri. Non sono un outsider, sono il più in anticipo di tutti”. Nato a Dakar, in Senegal, nel 1952, si è trasferito a Marsiglia all’età di 11 anni, e ha frequentato il lycée littéraire, prima di iscriversi alla facoltà di Medicina. Si è fatto conoscere identificando “Mimivirus”, un virus a Dna agente eziologico di alcune forme di polmonite, e si è fatto un nome come specialista mondiale delle “Rickettsie”, batteri intracellulari all’origine del tifo.

 

Con la sua squadra marsigliese ha identificato una decina di nuovi batteri patogeni, due dei quali portano il suo nome: Raoultella planticola e Rickettsia raoultii. Lo chiamano, non a caso, il “pescatore di microbi” questo virologo dell’Ihu con l’accento del sud, guardato di sbieco dalla crème del mondo medico-scientifico parigino per la sua estetica a metà tra il druido Panoramix e un metallaro, ma i cui lavori nel campo delle malattie infettive e tropicali sono tra i più apprezzati al mondo. Quelli che criticano i suoi lavori, li liquida, con orgoglio marsigliese, come “petits marquis parisiens”, mentre il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, lo ha scelto tra gli undici membri del consiglio scientifico Covid-19 e Olivier Véran, ministro della Salute, assicura di sentirlo al telefono quasi ogni giorno. “Parliamo assieme più volte a settimana e ho dato tutti gli impulsi necessari affinché il suo studio possa essere sperimentato altrove in maniera indipendente, su grande scala, per confermare o infirmare i suoi resultati”, ha spiegato sabato il ministro Véran.

 

Per il ricercatore iconoclasta marsigliese non è stato facile far sentire la propria voce in seno al governo, abbattere il muro di diffidenza che era stato eretto due anni fa, come riportato dal quotidiano Les Echos. Quando è stato inaugurato l’Ihu Méditerranée Infection, nel marzo 2018, Yves Lévy, allora patron dell’Inserm (l’Istituto nazionale francese per la ricerca sulla salute e la medicina) nonché marito dell’ex ministra della Salute e attuale candidata dalla République en marche a Parigi Agnès Buzyn, gli negò il label che avrebbe indiscutibilmente sancito il prestigio del centro scientifico-sanitario. Da quel momento, è stata una lotta per Raoult, ma ora, il suo trattamento a base di clorochina, bollato fino a due settimane fa come una “falsa soluzione”, verrà testato nella vasta sperimentazione clinica denominata Discovery, che includerà 3.200 pazienti provenienti da almeno sette paesi, 800 dei quali dalla Francia. Discovery, iniziata ieri in alcuni centri ospedalieri universitari (Chu) di Parigi, Lione, Lilla e Nantes, sarà coordinata dall’Inserm, e darà i suoi risultati entro sei settimane.

 

Come spiegato da Enrico Bucci e Gennaro Ciliberto sul Foglio, tuttavia, se è vero che la clorochina è una molecola promettente, è vero anche che i test del professor Raoult hanno riguardato, per ora, un numero molto ristretto di pazienti, 24, e che non si sa nulla dello stato clinico dei pazienti sottoposti al trattamento. Bisogna insomma aspettare dati più solidi e risultati più vasti e rigorosi per capire se veramente Raoult è stato ascoltato troppo tardi dalla comunità medico-scientifica parigina. “Ha proposto uno studio pilota su 24 pazienti a Marsiglia. Il metodo di questo studio non consente di giungere a risultati convincenti. La sperimentazione che verrà condotta in diversi centri sanitari, tra cui Nizza, permetterà, invece, di osservare se ci sarà un beneficio clinico sui soggetti selezionati”, ha dichiarato a Nice Matin il professor Thierry Piche, invitando alla “prudenza”.

Di più su questi argomenti: