Art Week. I Caselli di Porta Venezia ingabbiati nei sacchi di juta del ghaniano Ibrahim Mahama. Istallazione realizzata con Fondazione Trussardi in collaborazione con MiArt (foto di Miguel Medina/Afp)

Salone del Mobile: così solido che resiste pure al governo

Paola Bulbarelli

Parla il presidente di FederlegnoArredo Emanuele Orsini. L’export va, ma l’Italia a crescita zero rischia

Il Salone del Mobile parte dal Fuorisalone, ormai la sua vetrina internazionale, o la sua protesi prensile sulla città. E poteva mancare Leonardo, milanese d’elezione e patrono di tutti i progettisti d’ingegno, nell’anno del cinquecentenario? L’installazione AQUA. La visione di Leonardo alla Conca dell’Incoronata sarà l’occasione per tagliare il nastro del Salone numero 58 (dal 9 al 14 aprile). “Esperienza immersiva site specific”, come va di moda dire, ideata da Marco Balich, farà il paio con l’altra installazione in Fiera, De-Signo, firmata da Davide Rampello e progettata dall’architetto Alessandro Colombo. Obiettivo ambizioso: raccontare la cultura del design italiano prima e dopo Leonardo.

  

“Salone e Fuorisalone devono parlare la stessa lingua ed essere complementari – ci racconta Emanuele Orsini, presidente di FederlegnoArredo, la società che promuove e organizza il Salone – Anche in questo Milano è unica, oltre a essere leader del settore”.  Orsini guida FederlegnoArredo dal 2017, viene dall’industria del legno di costruzione e ama raccontare un mondo che parte dal bosco e che arriva fino al Salone, una filiera interconnessa, con ogni bendidio in fatto di mobili. “Il nostro comparto fattura 42,2 miliardi, pari al 5 per cento del pil nazionale con un incremento del 2 per cento nel 2018. Togliendo porte, finestre, pavimenti e pannelli, l’arredo da solo arriva a 27,4 miliardi di euro, di cui un 53 per cento di fatturato all’estero e il 47 per cento in Italia”. Numeri che registrano dei più, ma con qualche mal di pancia: “La crescita zero dell’Italia preoccupa. Le notizie non ci confortano, con i mesi di gennaio e febbraio piuttosto tiepidi e marzo ripartito con lentezza. Il vero tema è che questo paese ha bisogno di stabilità. L’italiano spende se vede che c’è fiducia e un’economia in ripresa. Noi siamo molto legati alla filiera della costruzione, se non riparte il mondo dell’edilizia e questo non sblocca cantieri da 25 e passa miliardi si rischia un impatto non da poco. L’anno scorso, pur avendo aumentato del 2 per cento, abbiamo perso 4 mila posti di lavoro. Bisogna tener conto del bonus mobile legato alla scia dell’edilizia: con una piccola ristrutturazione di casa si può usufruire del bonus. Speriamo arrivi presto maggio e che ci sia un governo propenso all’economia”.

 

Si fatica, ma lo straordinario legame tra creatività, ingegno e industria è il punto di forza del design italiano nonché di importanza strategica per tutto il sistema Italia. “E uno dei migliori biglietti da visita che la città di Milano, da sempre capace di interpretare il suo tempo con spirito internazionale, può mostrare al mondo”. 434 mila visitatori (70 per cento dall’estero) l’anno scorso da 184 paesi nel mondo, 2.100 espositori e lunga lista d’attesa per chi vuole presentare i propri prodotti al Salone. “Faremo un ottimo risultato anche a questa edizione perché avremo l’ingresso, per la prima volta, di tutti i player più importanti dell’arredamento e del design anche grazie al grande lavoro con Ice per rafforzare l’estero. Importante è la qualità di chi viene. E che vengano a spendere per comprare i nostri bei prodotti”. 80 mila imprese, 320 mila addetti. “Tolte quele da Champions League, restano solo aziende famigliari. Il nostro investimento sul futuro sono i giovani. Ma anche qui si tocca un tasto dolente con tanti ragazzi a tempo determinato. I nostri imprenditori stanno a guardare cosa accadrà domani prima di assumere una persona da lasciare a casa magari nel giro di 2 o 3 anni, preferiscono farne a meno da subito”.

  

L’export, in compenso, ha mantenuto un segno positivo costante. “Il paese andato peggio è l’Inghilterra, l’effetto Brexit si fa sentire per noi con un meno 2,3 per cento ed è un segnale da non sottovalutare dato che rappresenta il nostro quarto mercato, con cui fatturiamo un miliardo e 200 milioni di euro. Gli Usa benissimo, con un più 7 per cento, il risultato migliore e a ruota la Cina con un più 6,5 per cento. La via della seta è molto importante così come lo è la via degli Stati Uniti. Dobbiamo lavorare con tutti i mercati senza vendere i gioielli di famiglia. E fare accordi per potenziare il lavoro in Italia”.

 

Da tre anni il Salone va anche a Shanghai. “Ci torneremo a novembre, ma prima tappa sarà a Mosca. In ogni parte del mondo in cui andiamo portiamo Milano: il Salone è forte perché le novità vengono presentate nella nostra città. Shanghai e Mosca sono hub che servono a richiamare nuovi visitatori. In America non facciamo saloni ma i nostri produttori sono già ben presenti e radicati. Il nostro obiettivo è prendere per mano i più piccoli, accompagnarli all’estero in modo che poi possano andare con le loro gambe. Bisogna sapere andare all’estero, e non pensare che sia la panacea ai problemi”. Quanto vale Shanghai? “Shanghai è la prima fiera italiana in Cina: 115 brand, non riusciamo a portarne molti perché la Cina è un mercato difficile e bisogna essere molto strutturati”. Un lavoraccio, il suo. “Mi occupo di edifici e case in legno, un comparto che cresce il 10 per cento all’anno. Ma fare il presidente significa pensare agli altri. Quando si parla di un miliardo in meno di fatturato vuol dire che stanno a casa diecimila persone e non si dorme la notte pensando di non aver fatto abbastanza”.

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