Il parlamento europeo (foto LaPresse)

Molte donne, ma pochi seggi sicuri. La corsa al posto rosa europeo

Paola Bulbarelli

Nel centrodestra e nel centrosinistra c’è affilar di lame femminili. La grande competizione per entrare in lista alle europee

Sulla scheda grigia si potranno esprimere fino a tre preferenze. Attenzione al sesso, dovrà essere diverso (pena annullamento). Entrare in quella terna vuol dire giocarsi un posto al sole di Strasburgo. E siccome le frontwomen della politica scarseggiano, il posto sicuro da capolista ce l’ha solo Giorgia Meloni con Fratelli d’Italia, gli altri saranno maschietti. Ragion per cui la seconda seggiola è molto ambita, ma tocca sgomitare. Soprattutto dalle parti del centrodestra. Nell’antico regno in cui, attorno a re Silvio, le donne (anche di potere) non mancavano.

 

Diversi nomi sono già emersi, e la gara ad accalappiare preferenze è iniziata da tempo. E le donne pronte a lottare per quei voti, che peseranno in ogni caso sul loro futuro politico, non mancano. Lara Comi, europarlamentare uscente di Forza Italia, si dice molto tranquilla. “Sono già in campagna elettorale”, assicura. E sì che gli atavici malumori con Licia Ronzulli (ci sarebbe piaciuto scrivere la parola pace tra le due, sul Foglio, ma il telefono della Ronzulli squilla a vuoto), ex parlamentare europea oggi senatrice e ombra del Cav., parevano e paiono non sopiti. “Sono problemi suoi – continua Comi – e se non ci fosse garanzia per me potrebbe saltar fuori un casino. Il motivo è, perché non candidarmi? Sulla candidatura non ci sono problemi, l’ha già confermata anche Berlusconi in più di una occasione e pure Tajani. C’è bisogno di donne, vista la necessità dell’abbinata uomo donna, e noi siamo in tre gatti. Non si sa chi ci sia ancora, le liste le sta facendo Mariastella Gelmini e per adesso certi sono gli uomini uscenti, senz’altro ricandidati”.

 

Quindi l’abbinata, a Milano (Nord-ovest) è Berlusconi-Comi, per ora.  Due indiscutibili, il terzo si vedrà. Tra le new entry c’è Pietro Tatarella, “la mia candidatura è certa”, dice. Ma è il numero in lista che conta (quanti saranno gli eletti?) e c’è anche Massimiliano Salini. Per la Lega è ancora tutto in alto mare. Ma i rumors per i posti femminili (i posti che contano, quelli che saranno eletti) indicano il nome di Silvia Sardone (indipendente nella lista guidata da Salvini) ma è un ipotesi che crea qualche emicrania tra le colleghe. Poi c’è la storica Laura Molteni, consigliera comunale a Milano del Carroccio.  

 

Un bel risiko di donne è in casa Fratelli d’Italia, dove non può mancare Daniela Santanchè, senatrice e coordinatrice regionale del partito. “Sono in prima fila, come sempre ci metto faccia e cuore. Per il resto non abbiamo ancora definito e le liste non sono ancora chiuse”. La linea di FdI è quella di candidare le parlamentari, le assessore, le consigliere. Si fanno i nomi di Isabella Rauti (eletta senatore a Mantova) e di Lara Magoni, assessore regionale. “Poi sarà Giorgia Meloni a decidere chi è più opportuna per far crescere il partito. Ma tutte e tutti devono essere a disposizione visto che queste europee sono importantissime per FdI che si merita molto di più. La nostra corazzata è presente nella sua forma migliore, caliamo gli assi”. Quindi, a fare da apostrofo azzurro tra un nome di donna e l’altro, sono a disposizione Carlo Fidanza, Riccardo De Corato, Pietro Fiocchi, Stefano Maullu.

 

Anche sul fronte del centrosinistra c’è affilar di lame femminili. Sembrano abbassarsi le quotazioni di Alessia Mosca, stabili quelle di Paola De Micheli e dell’ex ministra Roberta Pinotti, molto in alto, invece, quelle di Mercedes Bresso, che potrebbe far coppia col capolista Pisapia.  Poi c’è Patrizia Toia, che però avrebbe bisogno di una deroga dal partito per poter correre per un altro mandato. “Dipenderà dal mio partito, non c’è ancora una definizione delle liste – ci racconta dal Parlamento europeo – Preferirei non parlare ora. In questo momento sono impegnata con Moscovici, sono capo delegazione e sono immersa giorno e notte nei compiti qui a Bruxelles o a Strasburgo”. Lasciamola lavorare, allora. 

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