Alberto Sinigallia, presidente della fondazione progetto Arca (Foto Imagoeconomica)

Un esperto di immigrazione spiega la polveriera del Decreto sicurezza

Cristina Giudici

"Un impatto controproducente, ci saranno più problemi di ordine pubblico". Parla Alberto Sinigallia, presidente della fondazione progetto Arca

Ora le scaramucce si sono spostate a Clavière, prima sui voli di rimpatrio dalla Germania, in attesa di scoprire dove andranno (davvero) ad abitare gli ex “cittadini” di Locri. Ma dopo la firma (con monito del presidente Sergio Mattarella) del Decreto sicurezza, chi si occupa di accoglienza dei migranti guarda alle conseguenze. E all’impatto concreto, e controproducente, rispetto alle intenzioni securitarie delle nuove misure sui migranti. Milano, in materia, è un modello ma anche punto critico. Il Foglio ha chiesto ad Alberto Sinigallia, presidente della fondazione progetto Arca, che da anni gestisce anche centri di accoglienza straordinari per migranti, quale sarà l’impatto sociale.

 

Oltre a sottolineare che “c’è molta propaganda nel decreto”, Sinigallia prova a immaginare uno scenario, a suo avviso catastrofico. “Fra i Cas (Centri di accoglienza straordinaria e gli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo), in Italia ci sono 180 mila migranti. E con le ulteriori restrizioni della protezione umanitaria, che coinvolge il 30 per cento del totale, avremo come conseguenza più problemi di ordine pubblico”, spiega, “perché chi otterrà il diniego della protezione umanitaria o dello status di rifugiato finirà per strada.

 

Come irregolare senza fissa dimora. Le commissioni prefettizie che devono esaminare le richieste sono già state raddoppiate durante il mandato dell’ex ministro Marco Minniti e i tempi snelliti, con la riduzione di un grado di giudizio. Nell’arco di un anno, si sa se un richiedente verrà accolto o meno. Ora a Milano ci sono già circa duemila migranti finiti per strada per due ragioni: perché la loro richiesta è stata accolta (chi ottiene lo status di rifugiato esce dai Cas, ma non trova spazio negli Sprar), oppure perché è stata rifiutata e quindi devono lasciare i centri e, in teoria, essere rimpatriati. Con questo decreto, la situazione peggiorerà. E nelle metropoli sarà più tangibile”.

 

Già ora, i dinieghi dello status di rifugiato hanno raggiunto il 60 per cento delle richieste, a cui si aggiungeranno il 30 per cento dei permessi di soggiorno fino ad ora concessi per ragioni umanitarie. Inoltre lo Sprar, un circuito di progetti che prevedono un percorso di formazione educativa e professionale per richiedenti asilo, non verrà ampliato, anzi. Sarà limitato solo a chi ha ottenuto lo status di rifugiato, oltre ai minori accompagnati. E gli altri? Secondo le proiezioni di Sinigallia, che sta chiudendo diversi Cas perché si stanno svuotando, saranno migliaia a finire in strada “perché nessuna delle organizzazioni umanitarie cambierà la sua missione di accoglienza e integrazione per trasformarsi nei centri di permanenza per il rimpatrio previsti dal decreto.

 

Escludo che nell’arco di poco tempo lo stato potrà creare così tanti centri per le espulsioni. E siccome le espulsioni non rappresentano la soluzione immediata né concreta, la maggior parte dei 160 mila migranti clandestini accolti nei Cas finiranno per essere dei senza dimora, che ovviamente possono rappresentare un fattore di rischio per la sicurezza tanto invocata”. Conti alla mano, con la restrizione dei permessi di soggiorni umanitari, nell’arco di pochi mesi in cui non potranno essere costruiti i centri per i rimpatrio ci troveremo seduti su una polveriera. Un’emergenza sociale, oltre che un problema di sicurezza. Questa è la previsione degli operatori umanitari, sebbene siano consapevoli che molti dei richiedenti asilo non siano idonei né rispondano ai criteri della protezione umanitaria. “Senza sottovalutare anche l’effetto dei movimenti secondari dei cosiddetti dublinanti”, conclude il presidente di Arca, “cioè tutti quelli che sono stati identificati in Italia e, per la mancata revisione e superamento del trattato di Dublino, vengono rimandati indietro dalla Germania”.

 

Nei primi sei mesi del 2018, infatti, la Germania ha già presentato oltre diecimila domande di respingimento e ne sono già rientrati 1.692. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha annunciato che non accoglierà alcun charter con migranti approdati in Italia e poi passati in Germania, ma gli operatori sanno che stanno rientrando via terra a piccoli gruppi, in modo discreto per non creare un braccio di ferro diplomatico. Morale, siamo e saremo sempre più schiacciati fra l’assillo giustizialista di Salvini e i nodi a Bruxelles che nessuno ha risolto. E, indipendentemente dalle modifiche che eventualmente verranno fatte in Parlamento, ci sarà un effetto boomerang del Decreto sicurezza da non sottovalutare. “Soprattutto a Milano, crocevia di tutti i migranti irregolari, che subirà più di altre gli effetti controproducenti del decreto”.