Benvenuti all'hub di Bovisa, dove si inventa l'Industria 4.0

Daniele Bonecchi

Visita (guidata) al lab del Manufacturing Group della School of Management del Politecnico di Milano

È un po’ come essere al MIT, al mitico Massachusetts Institute of Technology. Solo che alle spalle, invece dello skyline di Boston, c’è la stazione ferroviaria della Bovisa. Non proprio una struttura avveniristica, ma utilissima per gli studenti che ogni mattina arrivano nei laboratori del Politecnico e, nel futuro, ci si immergono. Il clima che si respira è quello del campus internazionale, la lingua più parlata – con tutte le inflessioni del mondo – è l’inglese: nei laboratori e anche nei bar, o tra i viali dei dipartimenti e sulle panche sotto le piante dove i ragazzi bivaccano (educatamente) all’ora di pranzo. L’impressione, per chi ricorda com’era quest’area ex industriale solo vent’anni fa, è che questo nostro paese, nonostante tutto, abbia un futuro. E dopo le prime battute col professor Marco Taisch, docente al Politecnico di Milano e alla School of Management Manufacturing Group – che tra l’altro ci conferma la collaborazione tra PoliMI e MIT – l’impressione è che si possa ribaltare (simbolicamente) il concetto, tanto caro a Serge Latouche, della decrescita felice. Perché qui si lavora a una declinazione del paradigma industria 4.0, che permette di migliorare il lavoro, facendo crescere le opportunità, oltre che la qualità del prodotto: la crescita felice.

 

Marco Taisch ci crede, “l’Italia si è mossa bene. Sfruttando l’onda della quarta rivoluzione industriale ha costruito un piano 4.0 centrato sugli utilizzatori delle tecnologie: sulle imprese, con il super e iper ammortamento della prima parte del programma, e sulle persone, con il sostegno alla formazione della seconda parte, che può davvero essere il boost per l’adozione delle tecnologie”. I toni della voce fanno trasparire una partecipazione diretta, infatti Taisch ha fatto parte della cabina di regia del piano del governo lanciato lo scorso anno Industria 4.0. E non c’è solo la qualità del prodotto, la forza dell’innovazione e la competitività, perché “con la digitalizzazione servono meno braccia e più cervelli, o meglio meno colletti blu e più colletti bianchi. L’automazione cognitiva aiuta chi lavora a produrre con una visione generale”. “Industria 4.0 è una grande opportunità per le imprese, ma è anche un abilitatore di democrazia sociale e di redistribuzione del reddito”, spiega Taisch e poi entra nel merito: “Un operaio che utilizza un device intelligente e che, grazie a esso, aumenta la produttività e mantiene il posto di lavoro, dovrebbe ringraziare la tecnologia, non esserne preoccupato. E aggiungo che Industria 4.0 potrebbe avere anche un effetto sul cosiddetto gender issue: grazie alle nuove tecnologie c’è uno spostamento del focus del lavoro di fabbrica dalla forza fisica alla forza intellettiva”. C’è chi sostiene che queste nuove tecnologie, e la robotizzazione, avranno un impatto negativo sull’occupazione. “Non c’è dubbio che l’introduzione di alcune tecnologie comporti un effetto sostituzione, ma sono convinto che il saldo sarà positivo: la diminuzione di persone che ne consegue è significativamente inferiore all’effetto dell’aumento di volumi generato dal guadagno in termini di competitività”.

 

Ma è il momento di entrare. Il laboratorio del Manufacturing Group della School of Management del Politecnico di Milano – 30 tra professori, ricercatori e dottorandi e che si occupa di attività di ricerca sui temi dell’industria manifatturiera – ha al centro un computer che controlla un processo produttivo digitale. Un po’ come HAL 9000, il supercomputer di bordo di 2001: Odissea nello spazio. E’ il pool sotto la guida di Taisch. Attorno ad HAL 9000 si progetta la gestione di una fabbrica, dello Smart Manufacturing, la gestione integrata del ciclo di vita del prodotto e degli asset aziendali, gli aspetti di sostenibilità sociale della fabbrica, i servizi manifatturieri innovativi, e le nuove forme e necessità educative per il settore. Il gruppo di lavoro del Poli ha all’attivo 40 progetti già completati in ambito europeo, in particolare sul tema della “Fabbrica del futuro”, collabora con diversi centri di ricerca europei e con numerose aziende italiane e straniere.

 

Fuori dall’edificio di via Lambruschini campeggiano le targhe delle imprese che hanno un filo diretto col Poli e i suoi laboratori: Fca, Italtel, Eni, Ibm, Microsoft, Luxottica e tante altre aziende che hanno fatto della innovazione il loro credo. Il laboratorio I4.0Lab è stato pensato e sviluppato dal Manufacturing Group della School of Management del Politecnico di Milano per rappresentare un sistema produttivo dove è possibile svolgere attività di ricerca e di innovazione nell’ambito della gestione dei sistemi manifatturieri. Il vantaggio di avere a disposizione un sistema produttivo, del tutto simile nei suoi componenti principali a una realtà industriale, è la possibilità di svolgere attività in un ambiente simil-industriale a beneficio degli studenti del Politecnico di Milano e delle aziende che collaborano nelle attività di ricerca. All’interno del laboratorio vengono svolte tesi di laurea magistrale, tesi di dottorato di ricerca, lezioni dei corsi di specialistica e di master, seminari per associazioni industriali e attività di formazione specifica per aziende o enti interessati ai temi di Industry 4.0.

 

Ma nel laboratorio si svolgono anche attività di ricerca che permettono un reale trasferimento tecnologico verso diverse imprese, ovvero attività di trasferimento alle imprese di soluzioni innovative di Industry 4.0. Le aziende coinvolte sono parte di progetti finanziati a livello nazionale o europeo, oppure sono realtà che hanno espressamente richiesto questo supporto al gruppo di ricerca del laboratorio. La cosa più sorprendente è che i risultati della ricerca possono far crescere l’esercito delle piccole e medie imprese del territorio. Un esempio per tutti Rold, azienda meccatronica nel settore degli elettrodomestici Home & Professional, che ha tra i propri clienti tutti i grandi player internazionali. Fatturato da 43 milioni di euro (l’80 per cento dall’export), 240 dipendenti, che ha deciso nel 2010 – con capitali ed investimenti totalmente propri – di diventare Partecipante istituzionale della Fondazione Politecnico di Milano. Con l’obiettivo di sviluppare la ricerca. E i risultati sono arrivati grazie all’utilizzo di SmartFab, la procedura digitale che ha ridotto i tempi di intervento per attività di manutenzione fino al 30 per cento. “L’utilizzo di SmartFab, unito alle ottimizzazioni di processo – spiegano ora in azienda – in un anno ha migliorato, per un intero Plant produttivo, la performance del 6 per cento e l’Oee (Overall Equipment Effectiveness – misura di efficacia totale degli impianti) dell’8 per cento, mentre su una linea di assemblaggio si è riusciti a toccare il + 9”.

 

Si studia, si progetta, si realizza, si ottengono risultati. L’azienda del futuro abita qui, al Politecnico della Bovisa. Una realtà che si sviluppa anche all’interno dei laboratori di meccanica dove sono al lavoro stampanti 3D come Penelope (non ancora brevettata) che lavora su prodotti metallici ed è oggetto delle attenzioni dell’industria spaziale. Perché poter realizzare con queste tecnologie anche le componenti in titanio è un obiettivo ambitissimo per il sistema aeronautico e per quello delle protesi medicali. Lo conferma Bianca Maria Colosimo, vicedirettore del dipartimento di Meccanica, che ci mostra i suoi gioielli. Ma è solo una piccola parte dei laboratori del Politecnico. E chi esce da questo campus, nel 90 per cento dei casi trova subito lavoro. Ma chi per chi ha frequentato ingegneria la quota 95 per cento.

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