Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, che ha annunciato la sua candidatura alle prossime elezioni europee - foto Ansa

GRAN MILANO

Il primo dibattito pubblico per chiedersi cosa può dare Milano alle Europee

Cristina Giudici

Città europea o città ideale per candidarsi alle elezioni europee? C'è la necessità di aggiornare il modello urbano del capoluogo lombardo e affrontare questioni chiave come la gestione dei fondi europei e l'immigrazione, senza sovranismo

Milano città europea o Milano città ideale per candidarsi alle elezioni europee? Il dilemma apparentemente banale sarà invece uno snodo interessante, o una cartina di tornasole, nei prossimi mesi. E non solo a sinistra, anche se è da qui, per cronaca e cronologia, che bisogna iniziare. È bastato organizzare il primo dibattito pubblico su Milano e l’Europa, gettare il sasso nello stagno per “vedere di nascosto l’effetto che fa”, e fare incontrare diversi aspiranti candidati del Pd alle prossime elezioni europee. Tutti determinati ma in attesa di entrare in campo, dopo il fischio di partenza (e anche in attesa della sofferta decisione della segretaria Elly Schlein di fare o no la capolista urbi et orbi in tutte le circoscrizioni). All’evento organizzato lunedì scorso da Pier Vito Antoniazzi di Demos, gran conoscitore della politica milanese da molti anni, e promosso dal pensatoio de La Fabbrichetta nel territorio neutrale della sede dell’associazione multiculturale albanese Slow Mill al quartiere Isola (ca va sans dire) con il titolo interrogativo “Chi rappresenterà Milano alle elezioni europee? Parliamone”, c’erano tante persone arrivate per parlare della propria visione europea vista da Milano. O anche solo per dire la propria su come correggere o rilanciare il modello Milano ormai claudicante.

Anna Catasta, moderatrice del dibattito e già parlamentare europea ha posto alcune domande su come rappresentare Milano, individuare candidati e le candidate (che non c’erano chissà se per prudenza o per ragioni contingenti) del centrosinistra, affrontare i temi prioritari dirimenti come la transizione ecologica, la gestione dei fondi europei, l’immigrazione, le aree urbane che dovrebbero essere attrattive e al contempo inclusive, mentre l’economista piddino Marco Leonardi  è entrato nel merito convinto che si debba lavorare sul debito comune europeo (invece di concentrarsi solo su come aumentare quello nazionale). A rompere il ghiaccio è stato il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, l’unico che ci ha messo la faccia in maniera decisa per candidarsi: (“Il 9  giugno concludo il mio incarico e mi piacerebbe fare questa esperienza, non dipende da me decidere ma lo scopriremo strada facendo”) e nel merito ha sottolineato fra i tanti temi cruciali quello più dirimente della transizione ecologica sostenibile che può portare le nuove generazioni alle urne.

Più obliqui rispetto alla propria candidatura gli altri aspiranti che si sono limitati a parlare dei temi urbani ed europei. Anche se il convitato di pietra è stato l’astensionismo che sarà lo spettro della campagna elettorale europea.  Al centro della serata c’è stata la radiografia del modello Milano su cui è passata una sorta di mozione della maggioranza Pd perché tutti o quasi hanno sottolineato quanto la spinta propulsiva della città più europea abbia bisogno di un aggiornamento del software. L’assessore Pierfrancesco Maran ha affermato “Milano non deve essere un fortino ma bisogna creare un modello urbano diffuso” e anche Sergio Scalpelli, presidente di Italia Viva Milano, ha insistito sul rinculo del modello Milano che ha perso la spinta propulsiva (“Non arriveremo bene in Europa da Milano se non sapremo dare segnali chiari per invertire il ripiegamento dell’azione di governo della città”) oltre a sottolineare la cifra ideologica della campagna elettorale che dovrà sconfiggere il putinismo. Idem Emanuele Fiano che si è focalizzato sullo scontro drammatico fra sovranismo ed europeismo solidale, che sarà la vera posta in gioco dell’imminente campagna elettorale, mentre Fabio Pizzul ha suggerito un approccio più pragmatico. Dopo aver ricordato Matteo Salvini con il rosario in mano in piazza Duomo all’ultima campagna elettorale europea, ha lanciato un monito per cercare di ridurre l’astensionismo (“Non bisogna concentrarsi esclusivamente sulle differenze ideologiche che non attireranno l’attenzione degli elettori, ma semmai nel racconto dell’utilità dell’Europa”). Tutti convinti che ci sarà una battaglia fino all’ultimo respiro contro il sovranismo, il dibattito è servito a scaldare i motori per chi aspira a portare Milano in Europa. E anche a chiedersi come fare a rilanciare la città più europea d’Italia che come l’occidente pare un po’ sfinita. Se ne riparla dopo la formazione delle liste

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