Franco Gabrielli con Beppe Sala (foto LaPresse)

Gran Milano

Combattere Gotham City, parla “Mr. sicurezza” Gabrielli 

Daniele Bonecchi

 L’investimento sui “vigili di prossimità” (la vera grana del comune), i dati e le idee dell’uomo chiamato da Beppe Sala 

"Milano non è Gotham City”, dice anche Franco Gabrielli, ripetendo il mantra propiziatorio dell’amministrazione milanese. Prefetto, questore, grand commis di stato, Gabrielli è stato incaricato nei mesi scorsi da Beppe Sala di prendere in mano la patata più bollente di palazzo Marino: la sicurezza, risolvere un po’ di problemi e anche per disperdere le pesanti polemiche sullo stato di salute della metropoli. “Credo che il buon senso dovrà prevalere – ha proseguito qualche giorno fa Gabrielli, dopo aver dialogato col Consiglio comunale, commentando il recente sciopero dei vigili di Milano (vero nervo scoperto del progetto avviato dall’amministrazione) – anche perché il cittadino chiede di vedere i vigili in strada. “Occorre trovare una modalità che salvaguardi le legittime prerogative di chi fa quel lavoro e le esigenze dei cittadini. Confido che si metta mano poi a una riorganizzazione complessiva della Polizia locale”. L’impegno dell’amministrazione c’è, “in 4 anni verranno assunti oltre mille vigili (saranno 3.350 in tutto) e questo sforzo, anche economico, deve avere come contropartita per i cittadini una maggiore presenza sul territorio”. Anche il sindaco Sala ha voluto chiarire: “Penso che i vigili debbano fare il loro mestiere (che non è lo stesso di polizia e carabinieri, ndr). Però ai vigili chiediamo di capire che se vogliono sempre essere amati dalla città è il momento che anche loro facciano un sacrificio. Noi sappiamo che chiedere di lavorare di più la sera e la notte è un sacrificio ma il momento è difficile e tutti noi facciamo sacrifici. Liberi di scioperare perché è un diritto, però questa nostra richiesta è una questione fondamentale”.

Gabrielli – su delega del sindaco – è al lavoro su obiettivi precisi. La madre di tutti i provvedimenti è la nascita del “vigile di prossimità” (che somiglia molto al vigile di quartiere), che dovrebbe ricostruire il rapporto di fiducia coi cittadini, ormai ai minimi storici. Per ora partirà una sperimentazione in 9 quartieri con 18 ghisa, l’obiettivo finale è coprire tutti gli 88 quartieri della città. Non una passeggiata. “Lo spirito del vigile di prossimità, nella mia visione – prosegue il prefetto – è un agente che entra in rapporto con la comunità più che un vigile che si fa strumento di contrasto, assieme naturalmente alle pattuglie automontate”. Detta così può sembrare semplice, addirittura banale. Ma occorre fare i conti con gli accordi che il comune, negli anni, ha stipulato col corpo della Polizia locale, che prevedono un proliferare di mansioni “improprie” (sommozzatori, nucleo tutela trasporto pubblico, unità contrasto reati predatori, unità antiabusivismo, unità contrasto stupefacenti, squadra interventi speciali, unità analisi scientifiche), che di fatto sottraggono agenti dai quartieri. Ci sono poi i limiti di età ai vigili per strada, che finiscono (presto, secondo i critici) nei cento uffici cittadini.

L’analisi di Gabrielli sulla sicurezza a Milano è puntuale e mette in evidenza la necessità di riconquistare intere fette di città. “Il livello della delittuosità in questa città è assolutamente costante – spiega – salvo il picco della pandemia che ha avuto un forte decremento. Nel 2023 ci sono stati meno delitti denunciati che nel 2010, la rappresentazione di una città che viveva un Eldorado e adesso vive una condizione di assoluto degrado è un po’ confliggente. Mentre gli omicidi sono calati, perché nel 2010 erano 16 e nel 2023 sono stati 9, così i furti in appartamento e i furti in auto dal 2010 al 2023 sono dimezzati, quello che invece ha avuto un incremento sono i furti e i borseggi, aumentati circa del 25 per cento e le rapine in strada, reati predatori con violenza aumentati del 5%. Ho citato questi dati – precisa ancora Gabrielli – per chiarire che questa è una città con una serie di problemi dovuti anche all’aumento della sua frequentazione, alla diversa modalità con cui sta vivendo i suoi spazi”. Detto fuori dai denti: la rinnovata attrattività (e appetibilità per il malaffare) di Milano, coi suoi 9 milioni di turisti e le migliaia di eventi ha un prezzo. “Poi c’è un tema di marginalità, di non governo, in tutto il paese, dell’immigrazione, perché non si è mai affrontato concretamente il tema dell’integrazione di queste persone”, denuncia Gabrielli.

Resta l’interrogativo più inquietante che riguarda l’economia cittadina. E cioè la presenza crescente dei gruppi mafiosi negli affari della metropoli. Il procuratore di Milano Marcello Viola, davanti alla Commissione parlamentare antimafia, ha detto che sono stati evidenziati "accordi stabili e duraturi tra ‘ndrangheta, criminalità siciliana e quella di stampo camorristico". Il procuratore ha confermato che sul territorio lombardo agiscono tutte le mafie italiane, ma soprattutto la ‘ndrangheta. Non mancano anche i gruppi di organizzazioni straniere. e “le nuove mafie” che operano “in modo invasivo”. A Milano, poi, si è assistito a una “accentuazione del carattere imprenditoriale di organizzazioni ‘ndranghetiste” che ha comportato, per la Dda, "la necessità di occuparsi di reati finanziari caratterizzati dall’aggravante di mafia”. Il commercio poi, dopo le difficoltà economiche della stagione pandemica, ha visto il passaggio di mano di decine di imprese alle famiglie mafiose e ai loro prestanome. Sicurezza e criminalità restano a Milano un problema serio, per affrontare le quali i ghisa di prossimità evidentemente non bastano.

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