Una protesta nel Cpr di Milano in via Corelli - foto Ansa

Gran Milano

Il Cpr "disumano" di via Corelli è un monito per il governo Meloni

Cristina Giudici

Pestaggi, utenti costantemente sedati, mancanza di igiene e privacy, pasti pieni di vermi, lenzuola di carta, persone legate a mani e piedi e molte altre violenze: l'indagine dell'associazione Naga mostra i limiti di una politica che vuole contenere l’immigrazione illegale con i centri per il rimpatrio

"Se avessi saputo che in Italia c’era la dittatura come in Tunisia, non sarei mai emigrato. Non so neanche perché sono qui dentro". Questa frase pronunciata da un migrante trattenuto dentro un Cpr, uno dei 9 centri di permanenza e rimpatrio che il governo vuole replicare in ogni Regione per illudere i suoi elettori di poter contenere l’immigrazione irregolare, spiega bene cosa accada oltre le mura dei Cpr. Si tratta di luoghi dove le condizioni di vita delle persone “trattenute” sono talmente disumane da far sembrare le carceri ordinarie dei collegi per studenti indisciplinati. Il Cpr di via Corelli a Milano è stato commissariato nel dicembre scorso dopo che il gip Livio Cristofano ha accolto la richiesta del sequestro preventivo d’urgenza da parte della procura che ha aperto il vaso di pandora e indagato la società che lo gestiva, La Martinina srl, per frode e falso nell’appalto 2020-2023 da 4 milioni l’anno. Un’indagine simile a quella avviata nel Cpr di Potenza, gestito dallo stesso imprenditore, dove i magistrati in questi giorni starebbero persino ipotizzando oltre la frode anche il reato di tortura. Quanto accadeva – e secondo l’associazione Naga che ha condotto il monitoraggio “Oltre quella porta” continua ad accadere – nel Cpr di Milano è una sequela di privazioni e vessazioni verso i migranti irregolari destinati, in teoria, al rimpatrio.

“Noi sapevamo cosa succedeva nel Cpr di Milano perché le persone detenute hanno la possibilità di usare i telefoni e abbiamo aperto una linea telefonica a cui i migranti hanno potuto rivolgersi, fare segnalazioni, mandare immagini e video”, spiega il presidente del Naga Riccardo Tromba. “Innanzitutto si somministrano dosi eccessive di psicofarmaci per tenerli sempre sedati, anzi drogati. Quando vengono portati lì dentro hanno un avvocato d’ufficio nel momento della convalida del fermo, ma poi non hanno più nessuno a cui rivolgersi. Neanche a un magistrato di sorveglianza perché il referente è un giudice di pace. Oltre alle condizioni disumane in cui vivono nel Cpr, non solo a Milano, sono vittime di quello che noi definiamo un razzismo amministrativo”. Il Naga, parte della rete Mai Più Lager – No ai CPR, ha intenzione di costituirsi parte civile nel caso le indagini della Procura di Milano portino a un processo. Dai dati, testimonianze, ricerche, cartelle cliniche, accessi agli atti, sopralluoghi, verifiche, messaggi al centralino telefonico dedicato raccolti durante il monitoraggio da maggio 2022 a maggio 2023 è emerso nitidamente un processo di disumanizzazione: lo squallore dei miserrimi moduli abitativi e dei servizi, la totale mancanza di igiene e privacy dei bagni, pasti pieni di vermi. Lenzuola di carta, pestaggi. Inutili i pugni sul portone, le grida, le richieste di aiuto, i calci sferrati alla porta, le labbra cucite con i fili di ferro. Secondo il capitolato fraudolento, all’interno del Cpr i migranti avrebbero dovuto partecipare ad attività ricreative e sportive, avere informazione legale e assistenza sanitaria. E invece il loro unico diritto pare essere quello di essere sedati, come si vede dai video mandati all’esterno: persone drogate, legate mani e piedi, attirate fuori dai moduli abitativi con pretesti o bugie, illuse fino all’ultimo che il console potrà fermare il rimpatrio. "Nel Cpr finiscono persone destinate all’espulsione dopo il carcere, ma anche persone irregolari trovate per caso nelle strade della città per mancanza di spazi nei centri di accoglienza. Il Cpr è una discarica sociale ma invisibile”, osserva ancora Tromba. E oltre il danno, la beffa per quelli che vengono rimpatriati in paesi dove non sono mai stati e quindi vengono rispediti in Italia. A riprova che le politiche “segregazioniste” accentuate dal governo Meloni portano a un binario morto.

Fra i casi più eclatanti quello di un migrante detenuto che si era cucito le labbra per protesta, dopo giorni di sciopero della fame e quando la sua deportazione sembrava imminente. Bloccato da una decina di agenti per strappargli il filo di ferro dalla bocca e poter così rimpatriarlo. Nel report del Naga si legge di intossicazioni alimentari per 32 persone, 26 problemi di salute, 12 maltrattamenti con conseguenti lesioni a persone, 8 casi di autolesionismo e tentato suicidio. E tra le risposte emerge che la prefettura non sarebbe al corrente del contenuto del registro degli eventi critici, degli accessi al pronto soccorso, del numero di persone rilasciate per motivi di salute, o in seguito ad atti di autolesionismo, del numero dei Tso”. A dicembre il Consiglio comunale ha approvato l’odg per chiedere la chiusura del Cpr su richiesta dal consigliere Alessandro Giungi, mentre Daniele Nahum lo ha definito un lager. I volontari della rete che ha documentato i reati che si perpetravano all’interno del Cpr da anni ora si chiedono come fosse possibile che la prefettura e di conseguenza il Viminale non sapesse cosa stava accadendo ai migranti irregolari. La politica su cui ha puntato il governo, quella di raddoppiare i Cpr e contenere l’immigrazione illegale, a Milano ha già offerto l’immagine di un fallimento prima ancora del fischio di partenza. Al governo spetta la prossima mossa.

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