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L'evento

Alberto Casiraghy, artista e tipografo d'arte che Alda Merini adorava. Una mostra 

Francesca Amé

La città di Milano omaggia, con l'esposizione “Nel vento della poesia” al Museo di Storia Naturale, il personaggio "extravagante” originario di Osnago

Fisico minuto, barbetta incolta, copricapi bizzarri e uno sguardo da bambinetto furbo che pochi conservano a 71 anni suonati, Alberto Casiraghy è un personaggio “extravagante” nel mondo sempre più omologato dell’arte e dell’editoria. Di universi Casiraghy ne esplora invece diversi, spesso nuotando controcorrente: già liutaio e appassionato violinista, ha lavorato a lungo come tipografo poi è diventato stampatore in proprio e infine editore-poeta, papà della Pulcinoelefante, casa editrice che dal 1982 stampa “librini” (il copyright è di Alda Merini, amica, musa e tanto altro di Casiraghy) che sono la gioia di collezionisti, bibliofili e cultori della cara vecchia carta. Vanni Scheiwiller lo chiamava “il panettiere degli editori, perché è l’unico che stampi i libri in giornata”. La sua bottega è la villetta di Osnago, piccolo comune della Brianza dove il prestiné Casiraghy vive e lavora da oltre quarant’anni, una Wunderkammer densa di fogliettini, foto ricordo, prove di stampa, disegni, sculture, dipinti, oggetti vari, maschere (tante quelle africane accatastate alle pareti: il personaggio colleziona oggetti in apparente ordine sparso).

Alberto Casiraghy (se vi state chiedendo il perché della y finale del cognome: è solo un vezzo) è stato capace di trasformare Osnago in un luogo mitico dove “il dinosauro”, così chiama la sua vecchia ed enorme macchina tipografica Nebiolo manuale, sfornava in un sol giorno libercoli fatti di due fogli di carta piegati e cuciti a mano, ciascuno in edizioni tra i quindici i trentatré esemplari al massimo. Sono libri d’artista, a prezzi popolari (dieci euro indica la copertina), di sole quattro pagine: un titolo sul frontespizio, un versicolo o un aforisma all’interno e una grafica d’autore a impreziosire il tutto sul finale. Dalla villetta-atelier di Osnago sono passati in tanti: da Bruno Munari a Fernanda Pivano, da Giuseppe Pontiggia a Giosetta Fioroni, da Sandro Chia a Maurizio Cattelan e migliaia di committenti italiani e stranieri di cui non conosciamo i nomi: davanti a ciascuno di loro, con abili mani, il Casiraghy ha cercato i caratteri mobili più adatti, li ha composti, ha provato la prima stampa, magari ne ha fatto una seconda, di certo ha giocato con le grafie, sorseggiato un tè, riesumato un ricordo. Del magico mondo di Casiraghy (su cui Silvio Soldini girò nel 2016 il documentario “Il fiume ha sempre ragione”) regina fu Alda Merini: milleduecento i titoli pensati e composti a quattro mani, tra una discussione e una sigaretta, qualche risata e molto liquore.

Il prezioso archivio della Pulcinoelefante, quasi undicimila titoli, è conservato nella casa-museo Boschi Di Stefano: previe trattative con il libraio antiquario Andrea Tomasetig il comune di Milano lo ha acquistato nel pandemico anno 2020 per 150 mila euro (un affare: sul mercato svizzero sarebbe valso almeno tre volte tanto) e adesso, finalmente, la città si ricorda di omaggiare questo artista del libro, un lombardo gentile. Lo fa fino al 12 novembre non Palazzo Reale (stra-occupato dalla fotografia contemporanea), ma al Museo di Storia Naturale di corso Venezia, con la piccola e significativa mostra “Nel vento della poesia”, curata dal buon Tomasetig e fortemente voluta da Chiara Fabi (che lavorava a Casa Boschi Di Stefano e oggi è responsabile dell’unità coordinamento scientifico di un museo che si è recentemente rinnovato nell’allestimento e vuole far sempre meglio: ancora troppi i milanesi che lo snobbano).

Tra i cento pezzi esposti, spiccano diversi “Pulcini” appesi al soffitto: i librini fluttuano nell’aria e sorvegliano le teche dove, in sei sezioni, si racconta l’affinità elettiva di Alberto Casiraghy per il mondo naturale. Vediamo allora, sotto forma di disegni, acquerelli e statuette, animali antropomorfi e fantastici, capre occhialute, barchette fatte con gusci di noce e paesaggi marini o agresti che si aprono sul nulla. Ci si muove tra fulminanti composizioni poetiche e delicate rappresentazioni e di questo Casiraghy, uno che nel suo mondo ama giocare tutti i ruoli (tipografo, autore, artista, editore), scopriamo anche un certo spirito francescano (a proposito: la villetta di Osnago ospita ancora un imprecisato numero di animali domestici e da cortile). L’esposizione ha inaugurato in sordina durante l’ultima bulimica fashion week: ora che le passerelle si sono spente, Alberto Casiraghy è ancora lì ad aspettarci con il suo laico canto delle creature, a ricordarci che cosa significhi essere “extravagante” per davvero.

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