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Milano ora è pronta al Pnrr

Giovanni Seu

Numeri e idee della nuova commissione voluta dal comune per gestire i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Le risorse non sono poche ma se ne aspettavano di più

Strano destino quello dei fondi Pnrr. Tanto agognati durante la pandemia, tanto celebrati al momento dell’assegnazione, sono oggi visti con sospetto, quasi con timore. Ad autorizzare visioni pessimistiche sul loro ruolo e utilizzo sono proprio coloro che hanno in mano le redini di questa delicata partita: se Raffaele Fitto ministro in un certo senso plenipotenziario (Affari europei, Sud, Coesione e Pnrr) ha messo in chiaro che non tutte le opere saranno realizzate, a livello locale è arrivato il grido d’allarme di Guido Bertolaso, assessore lombardo al Welfare che ha denunciato l’impossibilità di impiegare i fondi europei per l’assunzione di personale sanitario di cui la regione ha urgente bisogno. In più anche le preoccupazioni di tanti comuni, in particolare quelli piccoli, sulle capacità di organizzare gli appalti. Il pensiero corre così a Palazzo Marino che, assieme a Roma, ha ottenuto le maggiori risorse.

Ne parliamo con Carmine Pacente, che si divide tra Bruxelles, dov’è membro del Comitato europeo delle regioni, e Milano dove presiede la Commissione consiliare Fondi europei e Pnrr: “Ci sono due iniziative importanti – spiega al Foglio – che abbiamo attuato per affrontare questo compito: in primo luogo abbiamo creato un coordinamento tra vari settori del Comune con il dirigente Dario Moneta che guida una nuova direzione specialistica: in questo modo abbiamo evitato che i vari progetti finissero alle varie direzioni perdendo l’unità d’azione. L’altro aspetto fondamentale riguarda la competenza di questa direzione che non si limita ai fondi Pnrr, che ammontano a 886 milioni, ma si estende a tutti quelli di derivazione Ue e in particolare ai Fondi europei di coesione con i quali si va oltre il miliardo”. 

Ad assorbire in gran parte il Pnrr è la mobilità, 249 milioni sono destinati all’acquisto dei bus elettrici, complessivi 86 milioni per la metrotranvia Niguarda-Cascina Gobba, 9 per la sede protetta della 90-91 del tratto Zavattari-Stuparich e 52 per filobus e tram. Poi c’è la cultura con 101 milioni per il Beic, la Biblioteca europea di Porta Vittoria progettata ai tempi di Albertini, la rigenerazione urbana con 20 milioni per la riqualificazione delle case di via Rizzoli e la protezione idraulica del Ponte Lambro. Ci sono anche 110 milioni da investire nei Piani urbani integrati che sono però gestiti da Città Metropolitana e altri interventi di minore importanza.  

 

Non è poco anche se non sono mancati i delusi, in maggioranza e all’opposizione, che si aspettavano maggiori risorse. Perplessità esistono in particolare su quelle destinate alla casa, un settore nevralgico, giudicate insufficienti e c’è l’incognita della tenuta della macchina amministrativa che per il Pnrr non può avvalersi di consulenze esterne ma deve fare affidamento solo sulle professionalità interne. Ma per Pacente non possono considerarsi criticità: “Era sbagliato aspettarsi più fondi, il Comune si è comportato bene partecipando e aggiudicandosi i bandi competitivi. Sulla casa e in generale per tutti i progetti bisogna ricordarsi che gli enti locali sono attuativi di decisioni assunte al centro, tutta l’operazione Pnrr è centralista. E’ vero, invece, che potremmo avere bisogno di assistenza tecnica e anche di risorse perché ci sono progetti che una volta realizzati hanno bisogno di essere finanziati con spesa corrente, ciò significa che dovremo trovare la copertura”.

 

Perché tutto vada a buon fine sarà determinante il lavoro dell’amministrazione comunale. Obiettivo del Recovery Fund è di stimolare la riforma e il buon funzionamento degli apparati pubblici e la concorrenza del mercato. Per Palazzo Marino è un banco di prova senza precedenti perché dovrà gestire gli appalti nel rispetto delle tempistiche stabilite dall’Ue, in caso contrario i soldi vengono ritirati. Un’ipotesi che secondo Pacente non è da temere: “Abbiamo tre traguardi da centrare: il primo è il React-Eu, entro l’anno dobbiamo spendere 80 milioni. Poi c’è quello più importante del 2026, per questa data secondo le regole attuali dovremo arrivare al 100 per cento dei progetti, infine per il 2029 dobbiamo concludere con i Fondi di coesione. Non solo sono fiducioso sul fatto che rispetteremo tutte le scadenze ma posso assicurare che saremmo riusciti a realizzare negli stessi tempi anche altri progetti che purtroppo non ci sono stati assegnati”.

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