Perché il garbuglio di Fitto complica gli obiettivi del Pnrr di giugno

Valerio Valentini

Le trattative sul RePowerEu e sulla modifica del Piano di riforme pongono un'incognita sui target del primo semestre: prevista giàuna procedura d'emergenza che farà slittare il pagamento dei 16 miliardi previsti. E sulla rata di dicembre, ancora in attesa, a Bruxelles dicono: "Lavori in corso"

Sarà pure come dice Raffaele Fitto per rassicurare i colleghi di FdI, che cioè sul Pnrr la Commissione ha da perderci, in termini di reputazione e di credibilità, almeno quanto il governo italiano, e che dunque insomma sarà nell’interesse di tutti, alla fine, trovare un’intesa che consenta a tutti di salvare la faccia. Sarà. E però il dilatarsi dei tempi e l’ingarbugliarsi delle trattative tra Roma e Bruxelles stanno generando più di qualche perplessità, tra i consiglieri di Ursula von der Leyen. Sullo sblocco della famigerata terza rata, quella congelata fin da gennaio, se è vero che un portavoce della Commissione ancora ieri pomeriggio parlava di “lavori ancora in corso”; ma anche, e forse più pericolosamente, sulla prossima sessione, quella di giugno. Per la quale si dà già per scontata una nuova richiesta di rinvio. Di almeno tre mesi.

Il problema, in sostanza, sta nel fatto che l’incertezza legata alla revisione del Pnrr si ripercuote sui lavori necessari per raggiungere gli obiettivi di giugno. Per alcuni dei quali, allo stato attuale, non si sa ancora – non lo sanno neppure nelle strutture tecniche dei vari ministeri – se vanno considerati come risultati da conseguire o se invece andranno modificati, o rinviati,  e dunque messi da parte. Se lo staff di Paolo Gentiloni aveva insistito non poco, con Fitto, nell’esortarlo a rispettare la scadenza suggerita del 30 aprile, ai fini delle richieste di modifica del Pnrr e  del RePowerEu era proprio per iniziare a sbrogliare una matassa che è di certo la più intricata di tutta l’Ue, nell’ambito del Next Generation Eu. Il ministro per gli Affari europei ha tenuto il punto: “Quella data sta scritta sull’acqua, il termine tassativo è quello del 31 agosto”.

Che è vero, sul piano dei regolamenti. E però ora l’intrico sta tutto lì, in un elenco di obiettivi su cui pesa  l’incognita del negoziato in corso. Sono 27, in totale, quelli da raggiungere nel primo semestre: 20 milestone (per lo più bandi e riforme) e 7 target (progetti). E  un quarto di essi, grosso modo, resta intricato in un garbuglio di possibili scenari o soluzioni tra loro confliggenti. Al Mit di Matteo Salvini, ad esempio, attendono di sapere se sui target relativi alla missione della transizione ecologica si avrà oppure no qualche concessione da Bruxelles. E la domanda non è banale, visto che a quella voce è collegata una mezza dozzina tra milestone e target: dal rinnovo del parco ferroviario alla costruzione di oltre 6.500 stazioni di ricarica elettrica stradale. Ne servono 40, invece, per la ricarica dell’idrogeno su autostrade e in prossimità dei porti: da Porta Pia hanno già segnalato che la domanda su questo settore è stata assai inferiore alle attese, ma attendono di ricevere istruzioni sul da farsi. E lo stesso vale per la prevista realizzazione di nove stazioni di rifornimento di idrogeno per i treni lungo sei  linee ferroviarie: il gabinetto di Salvini ha fatto notare come il caro prezzi ha reso il progetto quasi  irrealistico. Ma di nuovo, che fare: puntarci comunque, su quell’obiettivo, o metterci una pietra sopra e dedicarsi ad altro? E dubbi analoghi ce li hanno anche i collaboratori di Giuseppe Valditara, all’Istruzione, per i bandi sugli asili nido; e quelli di Gennaro Sangiuliano, alla Cultura, ma in senso opposto, dato che sull’ampliamento degli studi di Cinecittà è l’ex direttore del Tg2 a dirsi ottimista  e Fitto a mostrarsi scettico.

Tutto in stallo, per ora, nell’attesa che si comprenda quanti e quali di quei progetti saranno interessati da richieste di revisione. E siccome nel complesso ballano 16 miliardi di fondi europei, a Bruxelles vorranno vederci chiaro. Motivo per il quale tra i collaboratori di Fitto non si esclude affatto, e anzi la si ritiene una prospettiva più che plausibile, l’attivazione di una procedura d’emergenza di recente introdotta nei regolamenti del Ngeu: consiste nel ricorso, da parte dello stato membro, a un tempo supplementare che può durare fino a sei mesi, per raggiungere gli obiettivi programmati nell’ambito del proprio piano di riforme. Ovviamente, verrebbe congelata anche la rata connessa, nell’attesa della verifica sull’effettivo conseguimento dei risultati. E’ una procedura di cui si è avvalsa già la Lituania, a marzo. E certo, non sarebbe un grande precedente, per l’Italia, che sarebbe orientata a chiedere uno stop di tre mesi.

Che d’altronde deve ancora chiarire, almeno ufficialmente,  l’ammontare della richiesta di prestiti aggiuntivi per il RePowerEu: “Ci è giunta da Roma una richiesta generica”, ha detto il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrosvkis, due settimane fa. Da allora, a quanto risulta al suo staff, nessuna precisazione è giunta.

E si capisce, allora, anche la lentezza con cui viene condotta l’altra trattativa, quella teoricamente più definita. Riguarda lo sblocco della rata da 19 miliardi relativa ai 55 obiettivi di dicembre. Sembrava fatta, per fine marzo. Poi la richiesta di un mese di tempo. Dunque, un ulteriore slittamento, pare, fino a metà maggio. “Vengono condotti scambi costruttivi con le autorità italiane: ulteriori informazioni, laddove necessarie, verranno fornite”, spiegano  dalla Commissione. “Ma prendersi un po’ di tempo in più – spiega un portavoce dell’esecutivo comunitario – non è inusuale: è quello che è successo, ad esempio, con Lussemburgo,  Romania e  Slovacchia”. E solo che anche qui, come dire, la compagnia non pare – absit iniuria verbis – troppo rassicurante.
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.