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Il ministro "Tra-Fitto". Sul Pnrr si difende da solo e parla di "confronto del confronto"

Carmelo Caruso

Il superministro informa il Parlamento: "Niente allarmismi, spenderemo tutto", ma ammette le criticità. Sullo stato d'avanzamento tace e l'opposizione lo incalza

Raffaele Fitto ci ha tra-fitto di “confronto”. Sentite: “Il confronto sul Pnrr servirà per confrontarsi” e “l’obiettivo è capire quali ragioni oggettive possono essere oggetto di confronto per modificare l’obiettivo”. Era dai tempi del miglior Giuseppe Conte che non si ascoltava questo esperanto, questa lingua immaginifica che sta a metà tra Aldo Moro e Corrado Guzzanti. Il superministro del Pnrr doveva infatti relazionare sul Pnrr, sulla governance, sulla terza rata, sulle perplessità della Commissione Europea e lo ha fatto davvero, al Senato, per quaranta minuti, e alla Camera, per trenta. Abbiamo contato almeno 33 volte la parola “confronto” alternata da “allorquando” e “sin d’ora”. E, credete, non è ironia. Si provava del sincero dispiacere nel vedere il più sobrio dei ministri di Giorgia Meloni, presentarsi, a Palazzo Madama con il solo sottosegretario, Alessio Butti. Più solo di lui chi c’era? Successivamente sono entrati in Aula la ministra Calderone e poi Luca Ciriani, per fargli coraggio. Fitto parlava a braccio, ma a tutti i senatori cadevano le braccia quando cercava di spiegare che gli ultimi obiettivi del Pnrr sono stati raggiunti ma “servirà una verifica della correttezza degli obiettivi con la Ue”. Provava a difendere la linea Meloni (“spenderemo tutti i soldi del Pnrr. Niente allarmismi”) e pure il suo ultimo decreto (“che risponde alla criticità”) salvo aggiungere che con “la Ue ci avviamo alla rimodulazione del piano”. E più parlava e più i senatori si chiedevano: “Ancora?”. Come possiamo credere di spendere questo Pnrr, questi 191 miliardi, se quando si discute di Pnrr, tutto il Parlamento sbadiglia? E’ la noia il vero ostacolo del Pnrr.


Chi lo vuole il Pnrr? Giulio Terzi di Sant’Agata, uno che poteva fare il ministro degli Esteri di FdI, al Senato, si chiedeva per quale ragione la Francia abbia deciso di accedere solo ai grant (le sovvenzioni) e non ai loan (i prestiti) a differenza dell’Italia. Alle 12, l’ora fissata per l’informativa urgente di Fitto, al Senato, c’erano meno senatori di quando si dibatte sulle tartarughe caretta caretta. Va ripetuto. Come si possono spendere questi 191 miliardi, se pure l’informativa, urgente, sui ritardi del Pnrr parte in ritardo? Quando Fitto ha preso la parola erano passate le 14. Nicola Irto, senatore del Pd, dice che a leggere il Def di Giorgetti è evidente che a suo parere “il Pnrr non produce crescita. Insomma non ci crede neppure il ministro dell’Economia”. Equivale a non credere in Fitto, il “signor confronto”, il ministro “Garrone” di Cuore. Ora si capisce perché Fitto piace tanto alla premier. Solo lui, in FdI, riesce a dichiarare che “il confronto con la Ue si è concluso con una valutazione negativa” e nello stesso tempo a garantire che le “criticità emerse trovano risposte nel decreto” che, a sua volta, “è in via di conversione”.

 

Ma la relazione sul Pnrr? E’ da mesi che il Parlamento la attende. Il senatore del Pd, Alfieri, chiede: “Ministro ma ci dice a che punto siamo? Quali sono i progetti che lei vuole correggere, quali? Ministro, ce lo dice?”. Meloni è perfino fortunata. Nessuno dell’opposizione riesce a maramaldeggiare, neppure su questa promessa di scaricabarile che Fitto preannunciava: “Ci sono enti attuatori che dovranno garantire la realizzazione dei progetti. Per evitare che il rischio venga scaricato sul governo”.

 

Ma gli enti locali è da mesi che ripetono: “Non ce la facciamo”. Da settimane, la Lega (lo hanno detto nuovamente, ieri, sia Romeo sia Molinari, i due capigruppo) parla di rinunciare a una parte del Pnrr. Bruno Tabacci, alla Camera, sembrava il vecchio preside, quello che ti dice “guardati dentro”. A Fitto, con una dolcezza infinita, domandava: “Ministro, la relazione, i progetti. Ministro, è la maggioranza che dice di rinunciare al Pnrr, ministro?”. E Fitto stava lì, tra-fitto, ma sempre pronto a fare “un confronto nel merito del confronto”.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio