Carlo Monguzzi (europaverdemilano.it)

Granmilano

La guerra personale del verde Carlo Monguzzi per le domeniche a piedi

Fabio Massa

Un centinaio di persone in piazza Scala (appartenenti a una cinquantina di associazioni) contro l'aria inquinata. Ma è tutto già visto: la prima fu nel 1973 e da allora poco è cambiato nelle iniziative ambientaliste

Non l’avessimo già sperimentata, la domenica a piedi riproposta qualche giorno fa da un centinaio di persone in piazza Scala (appartenenti a una cinquantina di associazioni ambientaliste), sarebbe anche una novità. Ma in questo mondo di deja-vu l’idea nefasta della domenica a piedi è ormai una fastidiosa 50enne. La prima fu nel 1973. Pe la crisi petrolifera il governo decise l’austerity, ma nessuno pensava fosse una misura ambientale: solo un’emergenza momentanea. Poi più niente, fino alla sindacatura di Paolo Pillitteri: il 5 dicembre 1989 decise di chiudere le strade d’accesso a Milano per evitare il flusso dei pendolari. La motivazione stavolta era ambientale. Anche qui, un deja-vu: gli abitanti dell’hinterland (giargiana, per gli imbruttiti che peraltro sono in grande maggioranza immigrati di seconda o terza generazione) venivano concepiti come “city users”, ovvero utilizzatori della città, ma non portatori di ricchezza (servizi, biglietti, pasti, soldi, ristoranti, teatri, negozi eccetera). Risultati?

 

Pochini. Però il 21 gennaio 1990 si replica, e il risultato è quantificabile solo in multe: 150 per la precisione. E in deroghe: 20 mila accordate. Poi ci sarà la lunga stagione delle targhe alterne. Ancora una volta, risultati scarsi e morta lì, con pragmatismo molto socialista. Vent’anni dopo, nel 2011, Giuliano Pisapia decise di riprovarci. Il punto di partenza era lo stesso: l’aria inquinata. Le aveva messe nel programma, le domeniche ecologiche. E quindi, coerentemente, le fece. Qualcuno propose di sottoporle a referendum ma lui replicò secco: “Il referendum è già stato fatto nel 2011 e riguardava una nuova visione di Milano. Le domeniche a spasso erano nel programma elettorale e i cittadini hanno scelto me”. E lui, dunque, passo lungo e ben disteso. In quattro mesi, quattro domeniche, una al mese. E avvisa che lo stop forzato non è “emergenziale”. Ovvero, non ha una valenza particolare per l’ambiente, è puramente ideologico-pedagogica: “Vivere la città in modo diverso”. Inizialmente si sceglie di coinvolgere l’hinterland, ma anche questo sforzo dura poco: già alla terza volta, dopo un iniziale entusiasmo, i comuni intorno a Milano si sfilano, e non solo per problemi di colorazione politica, ma perché nel frattempo Milano ha riempito di strisce blu tutti i quartieri periferici dove i lavoratori lasciavano l’automobile per prendere i mezzi, e questo senza avvertire nessuna delle amministrazioni limitrofe. L’ennesimo gesto, lamentarono i sindaci, di una Milano che pensava (e pensa) solo a se stessa. Così le ribattezzate “domenicheaspasso”, si trascinano, appuntamento dopo appuntamento, polemica dopo polemica. Quella clamorosa fu di Fabio Fazio, che cinguettò nel 2013: “Continua la solenne stupidaggine che complica la vita a tanta gente”. Pisapia anche qui replicò secco: ti piaceva di più la città di prima? 

 

Però sotto la superficie monolitica qualcosa si muoveva: i soldi. Venne commissionato un sondaggio, che a rileggerlo oggi vien da ridere: il 58 per cento dei milanesi apprezzava l’Area C e pure le domeniche a spasso (addirittura al 63 per cento). Ma venne diffuso per accompagnare il provvedimento a una necessaria e fatale eutanasia. Perché ogni domenica il blocco del traffico costava circa 250 mila euro: causa il potenziamento dei mezzi Atm e il mancato introito da biglietti (la gente stava a casa, potendo). Conti della serva: 2 milioni di euro l’anno per 8 domeniche di educazione civica à la Pisapia. Un po’ troppo. Così, mentre il sindaco arancione sosteneva che le domeniche a spasso non sarebbero state eliminate, finì tutto in soffitta. Perché ormai a tutti era chiaro che non avevano alcuna valenza ecologica, ma solo politica. E costavano troppo. Costavano troppo anche a Torino, evidentemente, dove la ex sindaca Appendino s’inventò esattamente la stessa trovata: una domenica sola e poi addio anche sotto la Mole. Certo, c’è chi non si arrese subito. E chi propose addirittura di autotassarsi per salvare le domeniche ecologiche. Carlo Monguzzi, ai tempi presidente Pd della commissione Mobilità a Palazzo Marino, con logica un po’ da azzeccagarbugli disse: “Possiamo lavorare sull’autotassazione; ma da subito, per non perderne lo spirito e il valore, potremmo delimitarle, provvisoriamente, all’Area C”. Macché, Pisapia non lo ascoltò e lui si accucciò bello tranquillo. Era il 2013.

 

Dieci anni dopo che cosa, fa Carlo Monguzzi? Torna alla carica, in piazza Scala, più che altro per far sentire la propria abrasiva presenza al sindaco Beppe Sala, e rilancia un’idea già bocciata dal suo sindaco preferito, ovvero Pisapia. Spiegare la fenomenologia dell’uomo in pile (il capo di abbigliamento che preferisce) sarebbe cosa complessa, ma basti sapere che da quando è stata nominata in giunta l’assessora Verde Elena Grandi, il povero Monguzzi non si è più dato pace. Ha una sua innegabile perseveranza, nata dalla lunghissima carriera politica, cominciata nel 1990 in Consiglio regionale (quattro legislature con legittima pensione). Poi la candidatura ai tempi di Pisapia e del Sala I (con il Pd). Poi il Pd gli risponde picche, così torna nei Verdi e viene rieletto. Più bravo e longevo di un Casini. Ma non basta, perché nella coloritura molto green del Sala II sente di poter fare l’assessore. La cosa non va, e allora comincia ad attaccare duramente la giunta che ufficialmente sostiene: no all’acqua del sindaco nei brick (polemica assurda), no al taglio delle corse notturne di Atm (dal costo stratosferico e inutilizzate), no ovviamente all’abbattimento di San Siro e parole di fuoco contro Area B (la vorrebbe a pagamento: i milanesi della Città metropolitana ringraziano). E adesso, riecco le domeniche ecologiche. Se non fosse una eviente strategia di disturbo politico, verrebbe da suggerirgli di mettersi d’accordo con l’altro Monguzzi, quello che dieci anni fa se ne stette buono buono quando Pisapia chiuse le domeniche del popolo a piedi. E perché mai dovrebbe dargli retta ora Beppe Sala, che sul bilancio di Atm ha già le sue gatte da pelare? Sommessa proposta: perché invece non recuperare la bella tradizione delle feste di quartiere, che pedonalizzano temporaneamente ora questa ora quella zona? Sarebbe meno costoso e più utile. Certo, non sarebbe funzionale alle guerricciole di Monguzzi.

Di più su questi argomenti: