(foto Ansa)

GranMilano

Tutti i segretari sottovuoto

Fabio Massa

Dal Pd a FI a FdI, la politica locale non incide e gli ex potentissimi non contano più

"Quando perdemmo, io mi dimisi”. L’unico a dimettersi, a dire la verità: gli altri rimasero al loro posto. Basta prendersi un Negroni al Gin Rosa, sotto il suo ufficio in San Babila, per farsi raccontare da Carlo Cerami, avvocato e riformista oggi e ieri, vicesegretario e coordinatore della campagna di Bruno Ferrante, l’assunzione di responsabilità per quella campagna perdente alle comunali: non ci vuol molto a convincerlo, perché lo racconta spesso. Del resto, ai tempi, i segretari e i vicesegretari della politica dei partiti facevano il loro mestiere, in città. Dettavano tempi, cucivano alleanze, tenevano in mano quel metronomo della politica i cui rintocchi non erano né tweet né post, ma ragionamenti e riunioni infuocate e fumose in segreteria e in direzione. Ovviamente c’era il segretario, poi il potentissimo responsabile dell’organizzazione e giù a scendere tutti i vari ruoli fino all’assise pletorica della direzione, dalla quale tuttavia ogni tanto qualche notizia e riflessione valida usciva, quantomeno nell’analisi dei dati post elettorali. Pare una narrazione da tempi dei kolkoz, a vedere com’è diventata la realtà attuale, eppure è passata poco più di una decina d’anni.

 

A sinistra il partito di maggioranza relativa è sicuramente il Pd. Attualmente è bloccato in uno stallo politico molto pesante: chi decide tempi e modi è il sindaco Beppe Sala, che per sua natura ha impostato un’azione politica e amministrativa indipendente dal partito. Con Pisapia l’allora segretario Roberto Cornelli teorizzò il partito che accompagnava il sindaco senza volerne egemonizzare l’azione, sempre che questo fosse possibile. Tornando a Sala: non risultano agli atti direzioni o segreterie per scegliere questo o quel provvedimento, e se ci sono state non hanno rilasciato nella pubblica opinione notizie di alcun genere. La stessa composizione della segreteria è roba da specialisti un po’ masochisti. Il segretario attuale è una politica fine come Silvia Roggiani. Gran lavoratrice, è una maga delle trattative complicate. Tuttavia raramente interviene sulla stampa per sollevare temi e fare polemiche. Il rapporto di forza con Sala è chiaro: il Pd è subordinato alla scelta di Beppe di correre, e questo influenza ogni tipo di operatività partitica.

 

Oggi una cosa è chiarissima: Sala ha deciso tempo fa che avrebbe sciolto la riserva a dicembre, e dunque ben oltre la scadenza delle regionali. Prima il “consiglio” disinteressato di Repubblica, poi il periodo di ascolto della città, poi ancora il concetto di “campagna elettorale lampo”. Alla fine ha deciso che avrebbe sciolto le riserve a fine dicembre, e con tutta probabilità questo avverrà, con buona pace di chi – nel partito – ha sentito i crampi alla pancia perché in caso di gran rifiuto (e a questo punto pochissimo probabile), non ci sarebbe tempo per individuare una alternativa valida sul territorio. E c’è da dire che il Pd, per sua struttura, ha la segreteria più forte nel “mazzo” della politica locale. A sinistra del Pd è tutto un fiorire di sigle, assembramenti di cespugli, “cartelli” che si sfaldano alla prima difficoltà (come è successo con Milano 2030): ci sono molti segretari, ma di impatto sulla politica locale si è prossimi allo zero. Poi c’è il centrodestra. Di fronte a un provvedimento abnorme come quello della copia dei cellulari nel caso Diasorin, i consiglieri comunali di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia si sono messi una maglietta con la frase “Libertà vo’ cercando”. Mediaticamente è andata maluccio, perché Dante è sempre Dante e non Fedez (fortunatamente): in Regione i consiglieri ignoravano che a Palazzo Marino fosse andata in scena la protesta. La segretaria di Forza Italia a Milano si chiama Cristina Rossello: era stata chiamata dopo l’addio di Mariastella Gelmini per rimettere ordine, e per andare oltre le inchieste che avevano sconvolto il partito. Lei ci si è messa, a bassa voce. Gelmini diceva: “E’ umile come una militante”. Di azioni politiche con una minima eco, non se ne vedono da tempo. Le trattative per le prossime comunali potrebbe portarle avanti Gelmini, forse. Che non è segretaria, ma è come se lo fosse. Dove è finita Rossello? Lavora, come una militante. Poi Fratelli d’Italia. In questo caso il commissario è Stefano Maullu, nominato non da molto per “controbilanciare” la segreteria regionale di Daniela Santanchè. Il problema è che FdI è fatta da individualità, a Milano, che non si fanno commissariare né coordinare. Non risultano particolari azioni politiche se non una copiosa messe di comunicati stampa e il refrain: “La Lega non deciderà da sola il candidato”. In effetti, tra i pochi che parlano di politica e cercano di varare un identikit del candidato un segretario (anzi, commissario) c’è, ed è Stefano Bolognini, Lega. Tratteggia linee, mentre gli altri insistono che vogliono decidere anche loro. Quando poi alla fine la verità è palese: deciderà Matteo Salvini insieme a Silvio Berlusconi. Come è sempre stato con buona pace di segretari, commissari e altre figure varie ed eventuali.

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