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Lo sputtanamento del sindaco di Santa Marinella e i paradossi della magistratura

Ermes Antonucci

Il caso dei "video hot" che ha travolto Pietro Tidei costituisce l’esempio migliore (cioè, peggiore) dei danni che la realizzazione e la diffusione incontrollate di intercettazioni penalmente irrilevanti possono produrre sul piano personale, famigliare, sociale e politico

La vicenda che ha travolto il sindaco di Santa Marinella, Pietro Tidei, costituisce l’esempio migliore, anzi peggiore, dei danni che la realizzazione e la diffusione incontrollate di intercettazioni penalmente irrilevanti possono produrre sul piano personale, famigliare, sociale e politico. A dispetto di chi sostiene che il problema sia ormai stato risolto da tempo e che le proposte di riforma avanzate dal ministro Nordio e dalla maggioranza di centrodestra sono soltanto un modo per limitare l’indipendenza della magistratura. 

 

Tutto nasce nel 2022, quando il sindaco Tidei denuncia un tentativo di corruzione portato avanti da un noto ristoratore del litorale laziale, Fabio Quartieri, il quale si sospetta abbia pagato alcuni componenti della maggioranza consiliare sia per risolvere dei problemi con le sue attività commerciali, sia far cadere proprio il sindaco di Santa Marinella. Vengono così indagati, oltre a Quartieri, il vicesindaco e assessore all’ambiente e territorio Andrea Bianchi, i consiglieri comunali Roberto Angeletti e Fabrizio Fronti, e un impiegato dell’ufficio urbanistica del comune. I carabinieri, su ordine della procura di Civitavecchia, acquisiscono numerosi documenti, sia cartacei che informatici, setacciando abitazioni e uffici degli indagati. Non solo. La procura fa piazzare una serie di cimici e telecamere nascoste nella sede del comune. 

 

Agli inizi dello scorso aprile il pm Roberto Savelli deposita l’avviso di conclusione delle indagini nei confronti degli indagati (escluso Bianchi, la cui posizione è stata nel frattempo archiviata). Qui succede il patatrac. “A un certo punto a Santa Marinella cominciano a girare voci su presunti video che sarebbero stati depositati nel fascicolo delle indagini e che metterebbero in imbarazzo il sindaco”, racconta al Foglio l’avvocato Lorenzo Mereu, legale di Tidei. “La vicenda monta. Sempre più persone affermano di aver visto questi video e al sindaco iniziano ad arrivare messaggi trasversali piuttosto allarmanti: ‘E’ meglio che ti dimetti’, ‘è meglio se ti fai da parte, altrimenti i video potrebbero andare online’. A quel punto il sindaco presenta denuncia”. 

 

Si scopre così che tra le migliaia di intercettazioni realizzate dal pm (circa quattromila ore di audio e video) sono finiti anche alcuni video che ritraggono Tidei mentre consuma rapporti sessuali in municipio con due donne. Video che, essendo completamente estranei alle indagini, non sarebbero mai dovuti uscire dagli uffici della procura. I video compromettenti, a quanto risulta, erano stati depositati dal pm presso l’archivio riservato, cioè quello contenente le intercettazioni ritenute non utili e potenzialmente in grado di provocare danni a persone terze. Al termine dell’inchiesta, però, uno degli indagati – il consigliere d’opposizione Roberto Angeletti – è riuscito a ottenere l’autorizzazione dalla procura a estrarre copia delle migliaia di intercettazioni, rinvenendo i video hot. Si dà il caso, infatti, che Angeletti sia anche un esperto informatico, consulente di diverse procure (tra cui Civitavecchia), insomma conosce gli strumenti del mestiere. 

 

Dopo la rivelazione della vicenda dalle pagine della Verità, Tidei si è ritrovato sputtanato a livello nazionale, mentre si è saputo che Angeletti risulta essere indagato per revenge porn e minaccia aggravata. 

 

Il paradosso è che a indagare su questa “fuga” di intercettazioni irrilevanti è la procura di Civitavecchia, cioè la stessa che per legge aveva l’obbligo di garantire la segretezza di quei dati. “Non è umanamente possibile pretendere che il pm guardi e ascolti 4.000 ore di intercettazioni. E’ l’operatore di polizia giudiziaria che dovrebbe segnalare quando le captazioni riguardano fatti estranei e ledono la privacy di terzi”, dichiara l’avvocato Mereu, evidenziando un dettaglio importante, anche se spetterebbe sempre al pm vigilare sull’attività svolta dalla pg. 

 

Il cortocircuito, dunque, rimane. Angeletti intanto nega l’accusa di aver fatto circolare i video compromettenti: “Qualcuno in procura ha sbagliato a mettere quei filmati agli atti dell’inchiesta che ho regolarmente acquisito per difendermi, ma la colpa dell’errore non può ricadere su di me. Mi rivolgerò alla procura di Perugia, competente su quella di Civitavecchia”.

 

Al momento non risultano iniziative da parte della procura di Perugia, né da parte del Csm o del ministero della Giustizia sul gran caos di Santa Marinella. Che nel frattempo è arrivato in Parlamento. Il senatore Pierantonio Zanettin (FI) e il deputato Enrico Costa (Azione) hanno infatti annunciato un’interrogazione a Nordio  affinché sia fatta piena luce sull’accaduto. 

 

Non è da escludere l’invio di ispettori da parte del Guardasigilli all’ufficio di Civitavecchia. E sarebbe il colmo se persino un’iniziativa del genere, di fronte a una fuga di notizie così palese e inquietante, venisse interpretata dalla magistratura associata come un attacco all’indipendenza delle toghe.