Foto di Vincenzo Livieri, via Ansa  

La proposta di FdI contro gli eco-attivisti: carcere per chi "deturpa o imbratta" il patrimonio pubblico

Redazione

Il ddl agisce su due norme. Una prevede fino a 3 anni di reclusione per il reato di danneggiamento e l'altra il Daspo. Ultima generazione risponde, mentre Sangiuliano propone che le spese di restauro siano a carico dei responsabili

Fino a tre anni di carcere e Daspo - divieto di avvicinamento ai monumenti - per chi deturpa il patrimonio artistico. Si tratta finora solo di una proposta di legge, che ha come primo firmatario il senatore Marco Lisei, di Fratelli d'Italia. L'obiettivo è colpire quelli che per il governo sono "eco-vandali": "Serve un deterrente per queste condotte che non sono bravate", ha detto Lisei. Secondo il senatore le azioni degli attivisti - e ci si riferisce in particolare a quelle di Ultima generazione - desterebbero allarme sociale. Il ddl propone perciò di inasprire il reato di danneggiamento perché, come sostine Lisei, nell'articolo 635 del codice "la perseguibilità è difficile nel caso in cui il danno non sia permanente". La pena da 6 mesi a 3 anni verrà quindi applicata, se il disegno diventerà legge, anche a chi "deturpa o imbratta". A ciò si aggiunge il Daspo, e nel caso in cui gli attivisti lo violassero, una multa da 500 a 1.000 euro.

 

Il commento di Ultima generazione, attraverso il portavoce Simone Ficicchia, non si è fatto attendere: "Invece di occuparvi della crisi climatica, promuovete leggi contro azioni non violente. Ma noi non abbiamo paura, siamo pronti anche al carcere".

 

In parallelo a quella di Lisei arriva l'iniziativa del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, il quale non si esprime sul ddl firmato dai senatori di FdI, ma annuncia un'ammenda per chi deturpa o imbratta. La descrive così: "Una sanzione amministrativa che disponga che i costi di ripristino dei luoghi siano a carico di chi commette questi atti". Secondo il ministro il costo del ripristino dopo le azioni degli attivisti è stato sottovalutato, e "non si può escludere che la vernice" - che è sempre stata lavabile, sia nel caso di Roma, a Palazzo Madama, sia in quello di Firenze, sulla facciata di Palazzo Vecchio - "nel frattempo sia penetrata in profondità".