il colloquio

“I pm di Bergamo fanno supplenza filosofica”. Parla il legale di Fontana

Ermes Antonucci

Jacopo Pensa, avvocato del governatore della Lombardia, commenta le parole del procuratore Chiappani, che coordina l'indagine sulla pandemia: "Cosa c’entra la riflessione con la persecuzione dei reati? E da quando i processi devono offrire contributi alla scienza?"

"Alla supplenza politica da parte della magistratura, alla quale siamo ormai assuefatti, ora si aggiunge la supplenza ‘filosofica’ e ‘scientifica’, con inviti alla riflessione e a contribuire alla scienza. Ma cosa c’entra la riflessione con la persecuzione dei reati? E da quando i processi devono offrire contributi alla scienza?". Così, intervistato dal Foglio, l’avvocato Jacopo Pensa, legale del presidente della Lombardia, Attilio Fontana (tra gli indagati dell’inchiesta sulla gestione della pandemia), commenta le dichiarazioni rilasciate dal procuratore capo di Bergamo, Antonio Chiappani. Il capo dei pm bergamaschi aveva detto: “L’indagine servirà non solo per valutazioni di carattere giudiziario, ma anche scientifiche, epidemiologiche, di sanità pubblica, sociologiche e amministrative”. “Fin dai banchi dell’università – afferma l’avvocato Pensa – ci hanno insegnato che il ruolo della magistratura è quello di accertare la commissione dei reati e di giudicare le condotte degli uomini, non quello di farci riflettere sugli eventi che accadono nel mondo, né contribuire alla conoscenza scientifica”.

 

Il legale di Fontana rintraccia nell’atteggiamento della procura di Bergamo anche una scarsa sensibilità istituzionale: “Fontana è stato ascoltato come persona informata dei fatti all’inizio delle indagini. Poi il silenzio assoluto. Vi sembra normale che un presidente di regione debba venire a sapere all’ultimo momento, quando vengono depositati gli atti, di essere tra gli indagati? Quando si tratta di un’istituzione di quel livello, per una questione di correttezza i magistrati dovrebbero informare il soggetto che la sua posizione è cambiata”.

 

Non solo: “Se è vero che gli atti, le e-mail e i pareri degli scienziati supportavano delle ipotesi accusatorie, perché i magistrati non hanno chiamato il presidente del Consiglio o il presidente della Regione per chiedere chiarimenti nel merito? Non c’era alcun bisogno di mettere tutti alla berlina, di indagarli tutti e aspettare di vedere se poi qualcuno sarà rinviato a giudizio o no”. 

 

L’avvocato Pensa racconta anche di aver saputo che il suo assistito era indagato “leggendo in serata il suo nome sul sito del Fatto quotidiano”, ancor prima che venisse notificato l’avviso di conclusione delle indagini: “C’è stata una fuga di notizie evidente, probabilmente nel corso della trasmissione degli atti a Roma. Ma sono certo che nessuno aprirà un’indagine su questo. Non vengono mai aperte”.

 

Più in generale, il legale di Fontana vede nell’iniziativa della procura bergamasca la conferma della tendenza della magistratura “a risolvere sul piano giudiziario eventi che la storia ci insegna essere imprevedibili, come terremoti o pandemie”: “Non credo che questa vicenda, che riguarda un’epidemia così vasta e drammatica,  possa essere risolta da un giudice che si alza in piedi e dice: ‘Tu non hai fatto questo’”. “E poi come si fa a individuare un nesso di causalità? A dire che ci sono stati 4.148 morti in più e non 4.322? I numeri sono stabiliti secondo criteri statistici che ognuno può trattare come vuole”, conclude Pensa.