La Consulta: ecco perché fu legittimo l'obbligo vaccinale per i sanitari

Ermes Antonucci

Per la Corte costituzionale l'obbligo vaccinale anti Covid-19 per gli operatori sanitari fu legittimo, proporzionato e in linea con i dati scientifici. I numeri, inoltre, confermano l'efficacia dei vaccini nella lotta alla pandemia

La Corte costituzionale ha depositato le motivazioni delle tre sentenze emesse lo scorso primo dicembre con cui ha dichiarato legittime le norme che hanno introdotto l’obbligo vaccinale contro il Covid-19 per il personale sanitario e, soprattutto, la sospensione dal lavoro dei sanitari non in regola con le dosi. Nelle  sentenze la Consulta ha evidenziato alcuni principi che vale la pena ricordare, soprattutto ai tanti No vax che ancora affollano politica, informazione e social network.

 

Come prima cosa, la Corte ha ritenuto che la scelta assunta dal legislatore al fine di prevenire la diffusione del virus, limitandone la circolazione, “non possa ritenersi irragionevole né sproporzionata, alla luce della situazione epidemiologica e delle risultanze scientifiche disponibili”. L’articolo 32 della Costituzione, infatti, affida al legislatore il compito di bilanciare, alla luce del principio di solidarietà, il diritto dell’individuo all’autodeterminazione rispetto alla propria salute con il coesistente diritto alla salute della collettività: esistono diritti individuali, questo è vero, ma anche “doveri inderogabili, a carico di ciascuno, posti a salvaguardia e a garanzia dei diritti degli altri”.

 

Per bilanciare queste situazioni, il legislatore ha tenuto conto dei dati forniti dalle autorità scientifico-sanitarie, nazionali e sovranazionali preposte in materia (Agenzia europea del farmaco, Istituto superiore di sanità, Agenzia italiana del farmaco) circa l’efficacia e la sicurezza dei vaccini, e, sulla base di questi dati scientificamente attendibili, ha operato una scelta che non appare inidonea allo scopo, né irragionevole o sproporzionata.

 

“Relativamente al profilo della sicurezza, l’Iss attesta che ad oggi miliardi di persone nel mondo sono state vaccinate contro il Covid-19. I vaccini anti SARS-CoV-2 approvati sono stati attentamente testati e continuano ad essere monitorati costantemente. Numerose evidenze scientifiche internazionali hanno confermato la sicurezza dei vaccini anti Covid-19”, si legge nella sentenza n. 14 del 2023. I dati, proseguono i giudici costituzionali, non solo “attestano concordemente la sicurezza dei vaccini”, ma anche “la loro efficacia nella riduzione della circolazione del virus, come emerge dalla diminuzione del numero dei contagi, nonché del numero di casi ricoverati, in area medica e in terapia intensiva, e dall’entità dei decessi associati al SARS-CoV-2 relativi al periodo che parte dall’inizio della campagna di vaccinazione di massa risalente a marzo-aprile 2021”.

 

Per la Consulta, l’idoneità dell’obbligo vaccinale “vale con particolare riferimento agli esercenti le professioni sanitarie”: “E infatti, l’obbligo vaccinale per tali soggetti consente di perseguire, oltre che la tutela della salute di una delle categorie più esposte al contagio, il duplice scopo di proteggere quanti entrano con loro in contatto e di evitare l’interruzione di servizi essenziali per la collettività”. Non è un caso che misure simili siano state adottate anche in altri paesi, come Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti.

 

Anche la conseguenza del mancato adempimento dell’obbligo vaccinale, vale a dire la sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie, risulta per la Consulta “non sproporzionata”: “Il sacrificio imposto agli operatori sanitari non ha ecceduto quanto indispensabile per il raggiungimento degli scopi pubblici di riduzione della circolazione del virus, ed è stato costantemente modulato in base all’andamento della situazione sanitaria, peraltro rivelandosi idoneo a questi stessi fini”. Del resto, l’alternativa, vale a dire il ricorso a tappeto ai test antigenici ogni due o tre giorni, avrebbe comportato “costi insostenibili” e “uno sforzo difficilmente tollerabile per il sistema sanitario, già impegnato nella gestione della pandemia”. Per di più, il ministero della Salute ha attestato come la campagna vaccinale tra gli operatori sanitari abbia determinato un netto sviluppo dell’immunità rispetto al resto della popolazione.

 

Su questo aspetto c’è un passaggio della Corte costituzionale che merita di essere posto in risalto: “Il diritto fondamentale al lavoro, garantito nei principi enunciati dagli articoli 4 e 35 della Costituzione (…), non implica necessariamente il diritto di svolgere l’attività lavorativa ove la stessa costituisca fattore di rischio per la tutela della salute pubblica e per il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza”.