Giustizia, maggioranza in panne sul Csm. Domani Cartabia rivede i partiti

Ermes Antonucci

L'esame della riforma prosegue in Commissione alla Camera, ma il sorteggio temperato e la separazione delle funzioni sollevano mal di pancia tra Fi, Lega, Iv e Azione. La fretta del governo e la mediazione della ministra

All’interno della maggioranza continuano le trattative estenuanti attorno alla riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell’ordinamento giudiziario. La commissione Giustizia della Camera riprenderà oggi la votazione degli emendamenti meno divisivi presentati dal governo, ma la vera partita continua a giocarsi nella riunione a oltranza tenuta dalla Guardasigilli Marta Cartabia con le delegazioni dei partiti di maggioranza (aggiornata a domani pomeriggio).

 

A dividere maggiormente le forze di governo resta il sistema elettorale da utilizzare per il rinnovo del Csm, previsto a luglio. I tempi sono strettissimi, ma nonostante ciò – e i ripetuti appelli del capo dello Stato Sergio Mattarella – i partiti restano distanti da un accordo. L’obiettivo politico comune è quello di attenuare le influenze esercitate dalle correnti nelle procedure elettorali del Csm, ma sullo strumento da impiegare lo stallo prosegue.

 

Le posizioni dei partiti sulla riforma del Csm 

Partito democratico e Movimento 5 Stelle hanno accettato il sistema elettorale proposto dalla ministra della Giustizia (maggioritario binominale con correttivo proporzionale). Le forze di centrodestra (Forza Italia e Lega), con l’aggiunta di Italia Viva e Azione, insistono per l’adozione del sorteggio temperato, ritenuto però incostituzionale dalla ministra.

 

Sono questi ultimi partiti a rendere altissime le tensioni nella maggioranza. Forza Italia incalza sulla separazione delle funzioni tra giudici e pm. Il partito guidato da Berlusconi vorrebbe che fosse inserito un limite massimo di un solo cambio di casacca durante la carriera delle toghe, contro i due passaggi previsti al massimo dal testo Cartabia.

  

Lega e Italia Viva spingono per il sorteggio temperato e, soprattutto, chiedono mani libere per effettuare eventuali modifiche al testo anche quando questo passerà al Senato. Una posizione che va nella direzione opposta a quella indicata dal governo, che ieri, tramite il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, ha chiesto invano di lavorare a un’intesa ampia a Montecitorio in modo che a palazzo Madama il testo non venga più toccato. Tanto per lanciare un ulteriore segnale all'esecutivo, ieri in commissione Giustizia Italia Viva ha deciso di votare a favore di un emendamento contro il quale si erano espressi sia i relatori di maggioranza che il governo. 

 

Azione ripropone con forza il tema della responsabilità civile dei magistrati (il cui referendum promosso da Lega e Radicali e stato dichiarato inammissibile dalla Corte costituzionale). “Le norme sulla responsabilità civile hanno portato in 12 anni a sole 8 condanne di fronte a 664 cause e 154 sentenze definitive. Questo è giusto, ministra Cartabia? Questo è coerente con la Costituzione?”, ha ribadito questa mattina Enrico Costa, deputato e vicesegretario di Azione, annunciando che su “questo insisteremo perché si intervenga efficacemente nella riforma del Csm”.

 

L'intesa della maggioranza sulle "porte girevoli"

Su un punto invece, in fondo non del tutto cruciale, i partiti sembrano essere riusciti a raggiungere ieri un’intesa: quello delle cosiddette “porte girevoli” tra magistratura e politica. Su questo aspetto è infatti emersa la volontà politica da parte di tutti i partiti di maggioranza di una trattazione omogenea di tutti i magistrati, contabili, amministrativi e ordinari, rispetto alla loro collocazione fuori ruolo in occasione dell'assunzione di incarichi elettivi, di governo o apicali politico-amministrativi (ad esempio come capo di gabinetto in un ministero).

 

Oggi pomeriggio in commissione Giustizia alla Camera proseguiranno le votazioni sui punti sui quali esiste un’intesa nella maggioranza. L’esame dei nodi cruciali, tuttavia, è per l’ennesima volta rimandato, nonostante l’approdo in aula della riforma sia previsto per il 19 aprile.

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