(foto Ansa)

il provvedimento

Decapitati i vertici della Cassazione: il Consiglio di Stato boccia il Csm

Ermes Antonucci

Dichiarate illegittime le nomine del presidente Curzio e del presidente aggiunto Cassano. Ennesimo terremoto per la magistratura italiana

A poco meno di una settimana dalla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, prevista il 21 gennaio presso la Corte di Cassazione di fronte alle massime cariche dello stato (tra cui il presidente della Repubblica), con due sentenze clamorose il Consiglio di Stato ha decapitato i vertici della stessa Corte di Cassazione, dichiarando illegittime le nomine del presidente Pietro Curzio e del presidente aggiunto Margherita Cassano, deliberate nel luglio 2020 dal Consiglio superiore della magistratura. Un vero e proprio terremoto per la magistratura italiana, che ora si ritrova senza i suoi vertici. L’immagine più emblematica di un mondo togato a pezzi, che ancora fatica a riprendersi dagli scandali e dai contrasti interni che l’hanno travolto negli ultimi tre anni.

L’incredibile decisione del Consiglio di Stato, dalla portata eclatante (la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario prevede che in apertura il primo presidente della Cassazione tenga la relazione sull’amministrazione della giustizia) nasce dai ricorsi avanzati dal magistrato Angelo Spirito, che aveva contestato la contraddittorietà e la carenza di motivazione delle nomine di Curzio e Cassano da parte del Csm, sostenendo di avere più titoli e più esperienza rispetto ai colleghi. Ricorsi accolti da Palazzo Spada (dopo che il Tar si era invece espresso in senso contrario), che critica le modalità con cui il Csm ha valutato i profili professionali dei candidati, per poi preferire Curzio e Cassano a Spirito.

Per il Consiglio di Stato, il Csm non ha fornito motivazioni adeguate per giustificare queste scelte. Per quanto riguarda entrambe le nomine, i giudici di Palazzo Spada sottolineano innanzitutto come sia “palese la consistente maggior esperienza del dottor Spirito” visto il tempo da cui svolgeva funzioni di legittimità (23 anni e 3 mesi, contro i 12 anni e 6 mesi di Curzio e i 13 anni di Cassano). Nonostante questa evidente disparità di esperienza, il Csm è comunque pervenuto, prima “a un giudizio di sostanziale equivalenza fra i candidati”, che però “si appalesa irragionevolmente e carentemente motivato”, e poi a esprimere un giudizio di favore nei confronti della nomina di Curzio e di Cassano rispetto a Spirito.

Nel caso della nomina di Curzio, i giudici del Consiglio di Stato sottolineano come il Csm non abbia fornito “spiegazione concreta e circostanziata della ragione per cui esperienze (così consistentemente) diverse possano ritenersi sostanzialmente equivalenti”, ed evidenziano come siano altrettanto inadeguatamente motivate le argomentazioni che hanno condotto il Csm a valorizzare maggiormente il profilo professionale di Curzio. In particolare, il Csm adduce come criterio di preferenza il fatto che Curzio abbia operato nella Sesta sezione della Corte di Cassazione, la sezione “filtro”, considerandola più rilevante delle altre e quindi produttrice di maggior titolo. Ma per il Consiglio di Stato non rientra nella discrezionalità del Csm valutare le sezioni della Cassazione: “La motivazione esorbita dai margini di discrezionalità riconosciuti al Csm, risolvendosi in una preferenza precostituita per l’esperienza maturata presso una specifica sezione dell’ufficio, in assenza di criteri predeterminati in tal senso nell’ambito del Testo unico e ben al di là del significato proprio del principio funzionalistico”.

Insomma, sintetizzano i giudici del Consiglio di Stato, “l’oggettiva consistenza dei dati curricolari avrebbe richiesto una ben diversa e più adeguata motivazione in ordine alle conclusioni raggiunte dal Csm”, “tanto più in un caso in cui l’importanza del posto a concorso, gli eccellenti profili dei candidati in competizione e la indiscutibile rilevanza dei curricula impongono un particolare obbligo di motivazione”. Si tratta dell’ennesimo schiaffo al Csm, dopo l’annullamento della nomina del procuratore capo di Roma, Michele Prestipino, da parte sempre del Consiglio di Stato. Anche in quell’occasione, la giustizia amministrativa “bastonò” l’organo di governo autonomo della magistratura per aver effettuato la nomina sulla base di valutazioni dei candidati carenti sul piano delle motivazioni. Il 22 dicembre scorso, il Csm si è adeguato nominando Francesco Lo Voi come nuovo capo della procura di Roma.

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