Sorte amara per Davigo: lui verso il processo, Greco verso l'archiviazione

Luciano Capone

Verso il rinvio a giudizio anche i pm De Pasquale e Spadaro per il caso Eni. Secondo la procura di Brescia Davigo ha violato i propri doveri diffondendo i verbali di Amara, mentre non spettava a Greco fare o meno le iscrizioni di reato. Ma il procuratore di Milano lascia un ufficio in macerie

Appena un mese fa, durante uno dei talk show che ha continuato a frequentare dopo il pensionamento, Piercamillo Davigo dichiarò con una certa sicurezza che lui era semplicemente indagato, un normale e risolvibile incidente del mestiere per un magistrato, mentre il procuratore di Milano Francesco Greco, indagato come lui, è colpevole: “Ha violato la legge”, è la sentenza. In realtà la prospettiva va ribaltata, almeno secondo la procura di Brescia che ha chiuso le indagini.

 

Nel caso di Greco, indagato per omissione di atti d’ufficio per il caso dei verbali di Amara sulla fantomatica loggia Ungheria i pm hanno chiesto l’archiviazione: non spettava a Greco fare o meno le iscrizioni di reato relative alle dichiarazioni di Amara. Mentre nel caso di Davigo, che quei verbali se li è fatti passare da Storari e poi ne ha rivelato il contenuto a un bel po’ di persone, i pm bresciani si preparano a richiedere il rinvio a giudizio per rivelazione di segreto: Davigo avrebbe violato “i doveri inerenti alle proprie funzioni” e abusato “della sua qualità di componente del Csm”, pur avendo “l’obbligo giuridico e istituzionale” di impedire “l’ulteriore diffusione” dei verbali di Amara. Insomma, il contrario della sua linea difensiva: Davigo sostiene di non aver rispettato le procedure regolari per tutelare la segretezza dell’indagine, ma in realtà proprio questo suo comportamento ha prodotto una circolazione incontrollata dei verbali.

 

Visto l’impatto sulla vita del Csm, è importante vedere cosa decideranno i giudici, perché ciò che sarebbe davvero preoccupante non è tanto se Davigo abbia commesso un illecito, ma l’esatto contrario: se cioè il suo comportamento e l’uso quasi privatistico del suo ruolo fosse ritenuto ammissibile dalle regole. Sarà inoltre interessante appurare, qualora si arrivasse al processo, se “l’uscita (dei verbali) era nell’interesse di Davigo”, come ha denunciato al Corriere Greco, e quale eventualmente sia questo interesse.

 

Dal canto suo Greco non può gioire più di tanto. Vanno infatti verso il processo anche il suo sostituto Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro per aver tenuto gli imputati dell’importante processo Eni-Nigeria, poi tutti assolti, all’oscuro di prove a loro favore. Al di là degli aspetti penali, questa omissione unita al fatto che invece i pm milanesi hanno dato credito alle infondate dichiarazioni del solito Amara che puntavano a delegittimare il giudice del processo Eni Marco Tremolada (accusato di essere stato avvicinato dalla difesa di Eni), getta un’ombra inquietante sul metodo usato dalla procura.

 

Sempre al Corriere Greco ha descritto queste vicende come una specie di manovra dei poteri forti per “abbattere” la procura di Milano che da sempre simboleggia “l’indipendenza e la libertà dei magistrati”. In realtà, se così fosse, si tratterebbe di un autocomplotto dei magistrati milanesi, perché Storari è un pm di Milano, Davigo era con Greco nel pool di Mani pulite, ad assolvere Eni sono stati giudici di Milano e chi ha stroncato l’inchiesta di De Pasquale è stata la Procura generale. Greco può andare in pensione con l’archiviazione per i profili penali, ma si porta dietro grandi responsabilità per il crollo di credibilità della procura che ha guidato. Come cantava De Andrè: “Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti”.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali