“Io come Davigo”. Parla Luca Palamara

Luciano Capone

“C'è un parallelismo tra i due casi, ma io sono sotto processo: serve uniformità di giudizio". "Su di me molta ipocrisia, è fisiologico che politica e magistratura si parlino come Davigo faceva con Morra"

Davigo come Palamara, abbiamo scritto sul Foglio. E’ così? “Indubbiamente noto un parallelismo. In entrambi i casi un pm si rivolge a un magistrato cercando un riferimento per uno scambio di idee, in un caso a me che ero collega di ufficio ed ex membro del Csm e nell’altro a Davigo che era consigliere del Csm”. Parla nel suo caso del pm Fava, che era entrato in conflitto con i vertici della procura di Roma sulla gestione dell’avvocato e faccendiere Piero Amara, e in quello di Davigo del pm Storari in contrasto con i vertici della procura di Milano sempre per la gestione di Amara. “Sì. In quel caso mi limitai a richiamare la circolare del Csm che si ispira al principio di condivisione tra procuratore e sostituti quando nascono conflitti”.

 

Ma lei suggerì a Fava di seguire le vie formali. “Quelle previste dalla circolare del Csm. Se non si trova una soluzione, la via è quella di adire gli organi competenti”. Non è ciò che ha fatto Davigo. “Su questo c’è una differenza sostanziale, ma ci sono delle indagini in corso e sarà interessante capire cosa è accaduto anche alla luce delle rivelazioni del consigliere Sebastiano Ardita”. A cosa si riferisce? “Alle modalità con le quali sono stati diffusi i verbali”. Ora è chiaro che bisogna seguire le vie formali, ma Fava l’esposto l’ha presentato e cos’è successo? “Non ho mai saputo che fine abbia fatto né se ciò che lamentava corrispondesse al vero oppure no”. C’è un’altra differenza. Lei è indagato con l’ex procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, per rivelazione di segreto: Fuzio, che era membro del Csm, le ha svelato l’esistenza dell’esposto di Fava contro Pignatone. Analogamente, Davigo ha svelato al senatore M5s Nicola Morra il contenuto dei verbali di Amara consegnati da Storari, in particolare le accuse contro Ardita. Ma in questo caso nessuno è indagato. Come mai? “Io sono certo di poter chiarire, anche in sede di udienza preliminare, i fatti e gli addebiti che mi vengono contestati. E sono certo che anche gli altri verranno valutati dalle autorità competenti: occorre uniformità di giudizio”.

 

Lei è il simbolo del collateralismo con la politica, in particolare con l’on. Lotti. Ma è così diverso il comportamento di Davigo che si incontra con Morra perché ritenuto il punto di riferimento per la politica giudiziaria del M5s? “Non ho mai compreso l’ipocrisia che ha caratterizzato la mia vicenda e la mia persona. Non trovo nulla di scandaloso nel fatto che magistratura e politica si parlino. E’ fisiologico che il M5s guardasse a una parte della magistratura che si stava affermando, a quella corrente che rispondeva alle loro idee”. La rottura tra Davigo e Ardita risale all’esplosione del caso Palamara, ha capito perché hanno litigato? “Posso solo dire che quando venne sentito come testimone nel mio procedimento penale, Davigo si avvalse della facoltà di non rispondere legandosi al segreto professionale riguardo il suo rapporto con Ardita. Ho tutto l’interesse a comprendere cosa sia accaduto”.

 

Che ne pensa del comportamento di Davigo? “Non mi piace, a differenza di ciò che è stato sul mio nome, sparare sulla croce rossa”. Ma in questo caso il trattamento è stato diverso. “Senza ombra di dubbio”. Cosa ci ha insegnato questa vicenda? Che la magistratura non ha risolto i suoi problemi con la cacciata di Palamara? “Per esprimere un giudizio bisogna aspettare la fine della storia, solo allora si potrà trarre una morale. Che a me è già chiara”.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali