Matteo Salvini (foto LaPresse)

Un pm per Salvini

Riccardo Lo Verso

Il processo. Possibili due diversi sviluppi giudiziari. Zuccaro potrebbe chiedere di nuovo l’archiviazione

Matteo Salvini sarà presto imputato per sequestro di persona. “Non appena riceveremo gli atti chiederò subito al giudice di fissare l'udienza”, dice Carmelo Zuccaro. Il procuratore di Catania chiarisce l'iter del processo sul caso dei migranti bloccati a bordo della nave Gregoretti. Dopo il via libera alla autorizzazione a procedere del Senato, il capo della Procura etnea non potrà avanzare una nuova richiesta di archiviazione - come era accaduto in precedenza - ma davanti al giudice per l'udienza preliminare chiederà il rinvio a giudizio o il proscioglimento dell'ex ministro dell'Interno. A prevalere è l'interpretazione, fin da subito la più accreditata, della legge costituzionale che inquadra il caso Salvini come una sorta di imputazione coatta. Il Parlamento ha deciso che il leader della Lega va processato secondo le norme procedurali ordinarie.

 


 

Palermo. Il processo a Matteo Salvini per sequestro di persona sul caso Gregoretti dovrebbe seguire un percorso lineare. Dovrebbe, appunto. C’è un vuoto interpretativo che potrebbe dare vita a due diversi sviluppi giudiziari.

 

Di sicuro il fascicolo trasmesso per l’autorizzazione a procedere, dopo l’ok del Senato, deve fare il percorso inverso. E cioè da Roma deve tornare “senza ritardo” al Tribunale dei ministri di Catania “affinché il procedimento prosegua secondo le forme ordinarie, vale a dire per impulso del pubblico ministero e davanti agli ordinari organi giudicanti competenti”. Salvini rischia una condanna fino a 15 anni di carcere. Il fascicolo, dunque, a breve sarà di nuovo sul tavolo del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, per essere incardinato davanti a una sezione ordinaria del tribunale catanese. Lo prevede la legge costituzionale numero 1 del 16 gennaio 1989, che ha modificato gli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione e un’altra legge costituzionale, la numero 1 dell’11 marzo 1953. Il 12 febbraio 2002 c’è voluta una sentenza della Consulta in sede interpretativa, visto che la legge non lo prevedeva espressamente, per chiarire quali passaggi rispettare.

 

Non tutto, però, sembra filare così liscio. Zuccaro è il procuratore che in precedenza aveva chiesto l’archiviazione al tribunale dei ministri etneo, senza che avesse potuto fare indagini, esclusiva competenza del tribunale che opera con le stesse prerogative che spettavano al giudice istruttore di un tempo. L’interpretazione più accreditata è che il pronunciamento del Tribunale dei ministri equivalga a una imputazione coatta. Zuccaro sarebbe obbligato a “procedere” e dunque non potrebbe reiterare la richiesta di archiviazione. Nulla vieta che, formulati i capi di imputazione, il procuratore possa chiedere il non luogo a procedere per l’ex ministro. Se il giudice dell’udienza preliminare disporrà il rinvio a giudizio, inizierà il processo che prevede i canonici tre gradi fino in Cassazione.

 

E’ il termine “procedere” – e qui entra in ballo la seconda ipotesi – che sembrerebbe prestarsi a una diversa interpretazione. Zuccaro, letti gli atti delle indagini svolte dal Tribunale dei ministri, potrebbe di nuovo avanzare richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari (al gip dunque e non al gup) a cui spetterebbe la decisione di prosciogliere o rinviare a giudizio l’ex ministro.

 

Non resta che attendere le mosse del procuratore etneo che potrebbe voler dire la sua, senza limitarsi a prendere atto del lavoro altrui. Tra il magistrato e Salvini sono emersi dei punti di contatto, delle affinità di pensiero, seppure nel distinguo dei ruoli. Zuccaro aveva già chiesto l’archiviazione della posizione del leader della Lega quando un gruppo di migranti rimasero per giorni a bordo di un’altra nave, la Diciotti. “Una scelta politica non sindacabile dal giudice penale”, la definì Zuccaro. Musica per le orecchie del titolare del Viminale – era la stagione ante Papeete – che rivendicava il primato della politica al grido “porti chiusi”. Il Tribunale dei ministri anche allora avrebbe voluto processarlo, ma dal Parlamento arrivò il no. Altra maggioranza, altro esito. In fondo Salvini e Zuccaro si sono sempre stimati. Nel 2017, in visita al centro di accoglienza per migranti di Mineo, il leader della Lega disse: “Chi tocca Zuccaro deve vedersela con me e con migliaia di persone come me…”. Erano gli anni delle indagini sulle presunte cointeressenze, mai dimostrate, fra le Ong e i trafficanti di uomini.

 

Qualunque sarà la scelta di Zuccaro, di sicuro coloro che valuteranno ed eventualmente processeranno Salvini non saranno i magistrati che hanno fatto parte del Tribunale dei ministri. Questi ultimi, infatti, hanno svolto indagini sul leader della Lega e non possono entrare nel merito delle accuse. Ci si troverebbe innanzi a un caso di “pre-giudizio”.

 

Salvini potrebbe anche scegliere il rito abbreviato. Il giudice per l’udienza preliminare dovrebbe decidere allo stato degli atti già acquisiti dal Tribunale dei ministri e in caso di condanna l’imputato avrebbe diritto allo sconto di pena di un terzo. La legge costituzionale prevede che “per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni dal presidente del Consiglio o dai ministri, la pena è aumentata fino a un terzo, in presenza di circostanze che rivelino la eccezionale gravità del reato”.

 

Se davvero dovesse arrivare una condanna ci sarebbero anche conseguenze “politiche” per Salvini. Scatterebbe infatti la legge Severino, con conseguente sospensione o decadenza dalla carica di senatore.

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