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Il ministro della malafede giudiziaria

Gli alleati di Bonafede non possono chiudere gli occhi sulla cultura manettara

Alfonso Bonafede spiega che il suo decreto sulle manette agli evasori è una “svolta culturale”. E’ vero, è una svolta verso l’inciviltà: un ministro che definisce “parassiti” gli autori di un reato, che si prefigge di schiacciarli appunto come insetti ricorda lo stile delle campagne di odio verso intere categorie. In questo modo di ragionare e di legiferare c’è perfino qualcosa di peggio del giustizialismo: si addita una categoria come il nemico del popolo, presentandosi come una specie di giustiziere, mentre chi solleva dubbi diventa automaticamente un complice dei parassiti. Fa una certa impressione che non ci sia stata una reazione da parte dei membri della maggioranza che non condividono questa caccia alle streghe. Si sono accontentati, a quanto pare, dell’impegno a far scattare il provvedimento solo dopo la conversione parlamentare del decreto: c’è solo da augurarsi che quel dibattito non sia strozzato dai ripetuti ricorsi alla fiducia e che faccia emergere, se c’è, la coscienza democratica e garantista di chi ce l’ha.

 

Anche dal punto di vista tecnico il provvedimento presenta vistose lacune, per esempio l’indicazione della soglia di 100 mila euro che in realtà può essere definita solo all’esito del procedimento. In ogni caso è evidente che la tematica della giustizia resta la più urticante nella maggioranza di governo. I 5 stelle puntano a un recupero di consenso insistendo sulla loro concezione punitiva e manettara, quindi non accettano di rivedere l’incredibile abolizione della prescrizione, il che rende difficile per i partner ottenere qualcosa anche sulle altre partite aperte sulla giustizia. La logica difensiva della maggioranza finisce col massimizzare il ruolo chiave dei 5 stelle, il che schiaccia gli altri in una condizione di subalternità. Se questa deriva non sarà fermata proseguirà con chissà quali altre degenerazioni della civiltà giuridica e della democrazia. Difficile stare a guardare aspettando tempi migliori, che senza una battaglia aperta non verranno mai.

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