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Giustizia per l'Italia

Alfredo Bazoli*

Perché chiedo al mio partito (e al governo) di combattere contro l’abolizione della prescrizione

Al direttore - Il ministro Bonafede ha più volte richiamato alla necessità di affrontare con coraggio le riforme della giustizia necessarie a velocizzare e snellire i processi. Sono d’accordo con lui, e come lui credo che questa debba essere una priorità del nuovo governo. Non solo, ritengo anche che nei disegni di legge di riforma del processo penale e del processo civile in corso di elaborazione vi siano spunti molto interessanti in quella direzione. Sono pertanto ottimista sul fatto che il nuovo governo possa fare un buon lavoro, e raggiungere risultati significativi nella direzione auspicata. Occorrerà tuttavia fare uno sforzo di sintesi che tenga conto delle diverse sensibilità su tutto il pacchetto di riforme che riguardano la giustizia. E’ ben noto che vi sono nodi sui quali quella sintesi è ancora in costruzione, altri ove è ancora lontana. Mi riferisco alla riforma delle intercettazioni e del Csm, sui quali l’interlocuzione mi sembra avviata in modo positivo, alla separazione delle carriere, su cui non è ancora iniziato un confronto, e alla riforma della prescrizione, su cui invece le posizioni sono ancora decisamente distanti. Sotto quest’ultimo profilo la posizione della Partito democratico è nota.

 

Bloccare la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, come Lega e M5s hanno previsto a far data dal 1.1.2020, astrattamente sembra una buona idea, perché appare ingiusto che, una volta iniziato, un processo si estingua per il decorso del tempo, prima che sia stato raggiunto un verdetto definitivo. Ma applicarla nel sistema attuale comporterebbe la conseguenza pressoché certa di allungare ulteriormente la durata già oggi insopportabile dei processi, con grave danno per gli imputati, che si vedrebbero sottoposti al rischio di un processo a vita, e delle vittime, che dovrebbero anch’esse aspettare per un tempo inaccettabile prima di avere giustizia. Questi rischi sono stati denunciati non solo dal Partito democratico ma anche, e direi soprattutto, dall’intero mondo universitario (150 professori di diritto penale hanno scritto un appello al presidente della Repubblica ), dal Csm, dall’Associazione nazionale magistrati, dal procuratore generale presso la Cassazione, dagli avvocati. Insomma da tutto il mondo che ruota attorno alla giurisdizione. Il ministro obietta che quelle critiche non tengono conto delle riforme allo studio, che modificheranno radicalmente la durata dei processi, risolvendo alla radice il problema. Ma perché non aspettare allora che la riforma produca i suoi effetti, prima di fare entrare in vigore una norma così contestata?

 

Spesso poi si ricorda che il nostro è l’unico sistema dove la prescrizione decorre per tutta la durata del processo. Ma si omette sempre di sottolineare che negli altri sistemi giudiziari paragonabili al nostro, ove la prescrizione si blocca quando inizia un procedimento giudiziario, vi sono rimedi e accorgimenti che nemmeno la riforma della giustizia studiata dal ministro prevede, dalla discrezionalità dell’azione penale, che riduce enormemente il carico di lavoro dei tribunali, come in Francia, allo sconto di pena come risarcimento per la durata eccessiva del processo, come in Germania. Allora io credo che per favorire il tempestivo raggiungimento degli obiettivi di governo, e altresì per evitare incidenti di percorso sulla strada della riforma della giustizia, occorra fare un passo in avanti anche su temi come la prescrizione che oggi vedono profonde divisioni interne alla maggioranza (ma una riflessione andrebbe avviata anche sulla separazione delle carriere), studiando e concordando fin da subito i correttivi che possano mettere al riparo dai rischi sopra ricordati.

 

Non si tratta di chiedere a nessuno abiure rispetto ai propri convincimenti, ma di prendere atto del cambio del quadro politico, e di affrontare in modo intelligente e politicamente efficace l’avvio di un nuovo, ambizioso e promettente percorso di riforme.


 

*Alfredo Bazoli, deputato del Pd

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