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Per Davigo il sovraffollamento delle carceri è una fake news. Non è così

Ermes Antonucci

Negli ultimi mesi il numero di detenuti ha toccato le 58.569 unità, ben 8mila in più della capienza massima delle nostre strutture penitenziarie 

Con il ritorno della calura estiva, gli organi di informazione tornano a occuparsi della grave situazione di sovraffollamento nelle carceri italiane. Si tratta di un tema che questo giornale ha sempre seguito con grande attenzione. Solo alcuni mesi fa, segnalavamo il preoccupante aumento del numero di persone recluse (e con esso del tasso di suicidi in cella), a dispetto delle parole di giubilo espresse nel 2016 dall’allora ministro della Giustizia, Andrea Orlando, di fronte all’archiviazione della procedura pilota aperta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per il sovraffollamento carcerario, che tanta vergogna ci procurò a livello internazionale.

 

Negli ultimi mesi, però, il numero di detenuti ha continuato ad aumentare, toccando i 58.569 al 31 maggio scorso, oltre 6mila in più di quelli registrati a gennaio 2016. Il tutto, si badi, con una capienza regolamentare delle strutture penitenziarie rimasta ferma a 50.615 posti. In altre parole, nelle nostre carceri c’è un sovraffollamento di quasi 8mila detenuti. Un altro dato che ormai non fa più notizia è quello relativo al numero di detenuti oggetto di misure di custodia cautelare, anch’esso in aumento: oggi sono 19.740, cioè quasi il 34 per cento del totale. Ma su questo la vera – e inquietante – notizia è che il numero di persone arrestate preventivamente e ancora in attesa di una sentenza di primo grado ha sfondato quota 10mila, toccando 10.044.

 

Sono dati che andrebbero tenuti bene a mente, soprattutto ora che il ministero di Via Arenula è passato sotto il “comando” del grillino Alfonso Bonafede, che con il suo Movimento 5 Stelle ha già prefigurato misure per combattere l’illegalità basate sulla ricetta più arresti, pene più alte, abolizione della prescrizione e annullamento sostanziale della presunzione di innocenza.

Di fronte a questo scenario, appare più che mai opportuno anche smontare una delle tante fake news che circolano proprio sulle condizioni del nostro sistema penitenziario. Fake news diffusa non da una persona qualunque, ma da Piercamillo Davigo, ex pm di Mani pulite ed ex presidente dell’Anm, nonché candidato di punta alle prossime elezioni del Csm e consigliere “in ombra” del nuovo Guardasigilli. Intervistato alcune settimane fa da Marco Travaglio alla festa dell’house organ del giustizialismo italiano (il Fatto Quotidiano), Davigo ha infatti affermato che “la storia del sovraffollamento delle carceri è una balla”. Perché? “Siccome nessuna norma dice la metratura a cui avrebbe diritto il detenuto – ha spiegato – il legislatore ha applicato la metratura prevista per le case di civile abitazione: 9 metri quadrati per il primo occupante e 5 metri per gli occupanti successivi”. Poi, incoraggiato dalle risatine del pubblico e del suo intervistatore, Davigo ha concluso sbottando: “La media europea è di 3 metri quadrati a testa, siamo l’unico Paese europeo condannato per sovraffollamento penitenziario, perché abbiamo dei deficienti che forniscono questi dati”. Insomma, l’Italia sarebbe stata condannata dalla Corte di Strasburgo per il sovraffollamento carcerario solo perché il governo avrebbe comunicato dati sbagliati, basati su conteggi eccessivamente generosi degli spazi che dovrebbero essere riservati ai detenuti in cella.

In realtà, l’unica balla vera di tutta questa storia è proprio quella di Davigo. La legge italiana (decreto ministeriale 5 luglio 1975) stabilisce che la superficie delle celle singole non può essere inferiore a 9 metri quadrati, più 5 metri quadrati per ciascun altro detenuto. In effetti, i parametri potrebbero apparire più favorevoli rispetto a quelli stabiliti dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle pene e trattamenti inumani o degradanti (CPT), che raccomanda celle da almeno 6 metri quadrati, più quattro per ogni altro detenuto. Il CPT, però, è organo del Consiglio d’Europa, non della Cedu, che peraltro nelle sue innumerevoli pronunce non ha mai indicato un valore numerico inderogabile per le dimensioni delle celle.

I giudici di Strasburgo hanno infatti precisato che non è possibile quantificare in modo preciso e definitivo lo spazio personale che deve essere concesso a ciascun detenuto ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in quanto esso dipende da diversi fattori, come la durata della privazione della libertà personale, la possibilità di accesso alla passeggiata all’aria aperta nonché le condizioni mentali e fisiche del detenuto.

L’unico parametro che la Cedu si è spinta a individuare è quello dei 3 metri quadrati: al di sotto di questa soglia vi è una presunzione assoluta di violazione dell’articolo 3 della Convenzione, per “trattamento disumano e degradante”, indipendentemente da tutte le altre condizioni di vita in carcere. Ciò non esclude, quindi, che al di sopra della soglia dei 3 metri quadrati uno Stato possa comunque incappare in una violazione della Convenzione.

Affermando, quindi, che la media europea dello spazio concesso in cella ai detenuti è di tre metri quadrati, il magistrato Davigo dimostra di aver scambiato fischi per fiaschi. In primo luogo c’è da considerare che non esiste un dato riguardante la media europea perché non sono noti i parametri stabiliti da ciascuno Stato. Lo stesso Consiglio d’Europa nei suoi rapporti (come SPACE I) comunica di disporre di dati incompleti, che rendono impossibile il calcolo della media, e comunque segnala che diversi Stati europei riconoscono ai detenuti spazi pari o superiori a quelli stabiliti dall’Italia (in Slovenia lo spazio personale per ciascun detenuto deve essere di almeno 9 metri quadrati, in Danimarca da 7 a 12 metri, in Austria 10, in Islanda da 6 a 13 ecc.).

Ma ciò che più sorprende è il modo con cui un presidente di sezione della Corte di Cassazione, come Davigo, possa affermare con estrema tranquillità (persino sorridendo) che negli Stati europei i detenuti godono in media in cella di tre metri quadrati, cioè della soglia che secondo la Cedu segnala un trattamento disumano e degradante. E’ la visione di chi crede che il carcere sia un luogo in cui rinchiudere le persone e trattarle come carne da macello.

Pochi giorni fa, il presidente della Corte costituzionale, Giorgio Lattanzi, ha annunciato un’iniziativa senza precedenti, cioè visite dei giudici costituzionali nelle carceri italiane per parlare di diritti con i detenuti, perché “secondo la Costituzione, la legittima privazione della libertà personale non cancella la tutela dei diritti”. Probabilmente occorrerebbe estendere la partecipazione a queste conversazioni anche ad altri, inclusi magistrati.