Jakobsen vince alla Vuelta, mentre la sfiga vede Cúbero

Il velocista olandese della Deceuninck-Quick Step conquista la quarta tappa della corsa spagnola

Giovanni Battistuzzi

Il viola non porta bene. È qualcosa di risaputo, almeno in Italia e in gran parte dei paesi di tradizione cattolica. Colpa dei preti e dei saltimbanco. Perché quando i primi di viola si vestivano (Quaresima e Avvento) ai secondi non era concesso fare spettacoli e così i secondi hanno fatto in modo di convincere tutti che la loro sfiga fosse comune a chiunque.

 

Julio Izquierdo, team manager della Burgos BH, è uno che alla sfiga non crede, anzi è convinto che se qualcuno tira in ballo la sfortuna è perché non si è impegnato abbastanza. Forse anche per questo se ne è fregato di far indossare ai suoi corridori una maglia viola intenso, solo in parte macchiato di rosso. “Risalta in mezzo al gruppo”, ha detto.

 

Anche Jorge Cúbero è uno che alla sfiga non crede, uno che dice che bisogna pedalare e fare il possibile per farlo al meglio, tutto il resto non conta.

 

Non sempre però le convinzioni personali sono incrollabili. E non sempre dire di non essere scaramantici vuol dire davvero non esserlo. O almeno, in certi casi, non impedisce di credere all’esistenza della sfortuna. E oggi, nel corso della quarta tappa della VueltaJorge Cúbero non solo l’ha pensato, l’ha addirittura palesato. È successo quando a poco più di una trentina di chilometri dall’arrivo il suo deragliatore posteriore ha fatto croc e la sua catena non riusciva più a a salire o scendere dal pignone su cui scorreva. L’ha palesata in un’espressione colorita che in italiano suona tipo “che merda di sfiga”.

 

Quasi sicuramente non avrebbe potuto vincere, Jorge Cúbero, ma almeno giocarsela fino all’ultimo assieme a Jelle Wallays. E sarebbe stato abbastanza.

 

Jelle Wallays ha dovuto proseguire da solo, il gruppo l’ha ripreso, ha lanciato la volata e Fabio Jakobsen l'ha regolata al fotofinish su Sam Bennett.

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