La Freccia Vallone è un valzer musette tra Alaphilippe e Fuglsang

Il francese vince sul Muro di Huy superando negli ultimi metri il danese. Una scena già vista quest'anno

Giovanni Battistuzzi

C'è stato un attimo nel quale la ruota anteriore di Julian Alaphilippe è passata a un soffio da quella posteriore di Jakob Fuglsang. Pochi millimetri e un patatrac evitato. Il francese stava accelerando sul Muro di Huy per affiancare il danese, aveva forzato con la gamba destra mentre l'altro aveva fatto lo stesso con quella sinistra. Un errore di passi in una danza ascensionale e impetuosa. Un errore di passi che il valzer non concede, errore madornale, ma il valzer musette sì, anzi impone. Perché il primo è "meravigliosa unità e d'amore, il secondo è lotta, amorevole anch'essa, ma che all'unità preferisce lo scontro". Il cantautore francese Charles Trenet parlava della sua musica, non sapeva ancora che si riferiva pure, e in modo perfetto, a questa nuova coppia di danzatori del ciclismo annata 2019. D'altra parte Julian Alaphilippe e Jakob Fuglsang è da marzo che si ritrovano spesso e volentieri fianco a fianco quando la strada si fa irta e i chilometri di una corsa volgono al termine. Così è successo alla Strade Bianche, così poteva accadere nella prima tappa della Tirreno-Adriatico se Lutsenko non avesse chiuso il danese, così è avvenuto all'Amstel Gold Race prima che Mathieu Van der Poel si trasformasse in avvocato divorzista, così si è riproposto oggi alla Freccia Vallone.

 

E non potrebbe esserci intreccio di pedali migliori per un valzer musette. Uno scomposto e zompettante, l'altro posato e potente. Uno francese ed esuberante, l'altro nordico e sornione. Entrambi capaci di non mandarle a dire né sui pedali, né a parole. Entrambi capaci di stimarsi e temersi, di essere collaborativi ma con il freno, di non fidarsi completamente. Uno tesi e l'altro antitesi, sincope e contrattempo, scatto e controscatto. E lo scatto è sempre quello di Fuglsang, il controscatto quello di Alaphilippe. Ed è controscatto sempre vincente, sia Siena o Huy lo scenario.

 

Non può essere altrimenti quando la strada sale e si approssima il traguardo, quando la distanza è poca e toglie il fiato, quando si corre su di una lama d'asfalto che incide i muscoli e tutto diventa fachirismo in bicicletta: lo stambecco vince sempre sul mulo, lo spettacolo del balzo prende il sopravvento sull'inesorabilità dell'avanzata. Alaphilippe alza il braccio al cielo, Fuglsang abbassa la testa, entrambi finiscono seduti sull'asfalto a cercare di placare il cuore, a dar aria ai polmoni che scalpitano, a raffreddare le gambe. Perché lo stambecco avrà vinto, ma il mulo sta già pensando che non sempre l'agilità sarà arma devastante, ogni tanto la testardaggine e la capacità di sopportate tutto, anche se stessi, riuscirà a prevalere.