Manzin è un errore vincente alla Tropicale Amissa Bongo

Giovanni Battistuzzi

Il velocista che viene dalla Reunion ha battuto Niccolò Bonifazio e Matteo Pelucchi sul traguardo di Oyem

Manzin è un errore. Almeno di scrittura. All'anagrafe al suo nome Lorenzo, ci hanno aggiunto una erre: è venuto fuori Lorrenzo, ma tant'è "meglio così, almeno sono unico in qualcosa".

 

Manzin è un'anima d'acqua. Viene dalla Reunion e dalla Reunion sognava di prendere il largo, scoprire il mondo dal ponte di una nave. Non è andata proprio così. Il mondo l'ha scoperto sì, ma in sella a una bicicletta.

 

Manzin è un circolo. "Ho provato col calcio, ma non mi ha entusiasmato. A sei anni ho scoperto la bicicletta e ho iniziato a correre. Giravo attorno all'isola. L'avrò fatto migliaia di volte, tanto da farmi girare la testa".

 

Manzin è velocità. "Ma anche resistenza. Alla Reunion c'erano salite e mi sono sempre dovuto abituare a superarle". Professione velocista, ma da terreno misto: meglio le colline che la pianura. Meglio l'alternanza tra salite e discese, piuttosto che la ressa da rettilineo.

 

Manzin è adattamento. Ha lasciato la sua isola per la Francia, ha lasciato il suo modo di correre garibaldino per la tattica, ha lasciato le volate per tirarle. Così spesso. Così non oggi. Perché ci si può adattare, ma sino a un certo punto. Poi vale l'istinto e quello Manzin non l'ha perso. L'ha dimostrato oggi a Oyem, traguardo della quarta tappa della Tropicale Amissa Bongo. Si è tenuto dietro Niccolò Bonifazio e Matteo Pelucchi, André Greipel e Youcef Reguigui, ha alzato i pugni al cielo, ha tirato un bel urlo, uno di quelli che levano di dosso un po' di cose andate male, un po' di sconfitte che non si pensava di meritare. Soprattutto un po' di polvere dall'ultimo successo: era il 2015, era la Roue Tourangelle, era un altro mondo.

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