Capire la democrazia per capire l'Europa

Matteo Scotto

Molti di noi devono ancora imparare alcune semplici regole alla base dei nostri sistemi democratici. Forse la quarantena è la giusta occasione per farlo.

Aggiungo un desiderio a quella lunga lista di auspici che vorrebbe l’umanità uscire dall’emergenza coronavirus migliore di prima. Riguarda l’Italia, la quale mai troverà pace nella comunità europea fintantoché non capirà a fondo cosa si intenda veramente per democrazia. La cagnara di questi giorni, le inutili accuse a Bruxelles, gli ormai patetici attacchi alla Germania sono l’ennesima e triste prova di immaturità democratica, che altro non fa che danneggiare noi stessi e la nostra immagine già abbastanza compromessa agli occhi degli altri. Peccato, perché a pagarne il prezzo è sempre la parte migliore del paese, quella maggioranza silenziosa che sta già pensando a come ripartire, senza fomentare i soliti politicanti in vena di sciacallaggio. L’Unione europea non è un mercato, né la mamma da cui andiamo a piangere solo quando abbiamo bisogno di aiuto. Ciò vale in particolar modo per l’Italia, a cui è richiesta, da importante Stato membro e fondatore quale è, una presenza ancor più responsabile e determinata. L’Unione europea è una comunità fatta di tanti paesi, stati nazionali come l'Italia, che al nostro pari hanno i propri interessi, le proprie istanze politiche e i propri elettori a cui i governanti devono rendere conto. Così come noi italiani abbiamo la giusta pretesa di tutela dei nostri interessi da parte dei leader politici da noi eletti, così l’hanno, altrettanto legittimamente, gli olandesi, i finlandesi e udite udite, anche i tedeschi. La signora Merkel, come il signor Conte, all’indomani di un negoziato, deve spiegare ai cittadini tedeschi come mai il compromesso raggiunto è una buona decisione anche per la Germania. Esattamente come oggi Conte ci spiegherà come mai il compromesso raggiunto ieri dall’Eurogruppo sarà una buona decisione per l’Italia. Quando impareremo che le richieste dell’Italia, spesso poste anche con toni sgarbati, non sono l'unica verità possibile e sono tanto legittime quanto quelle degli altri paesi? Pensiamo forse che delegittimando i nostri interlocutori non appena la pensano diversamente da noi, otterremmo alla fine qualcosa di meglio? No, una democrazia non funziona così. In una democrazia si ascolta, si prende atto della posizione di chi siede di fronte a noi, si rispettano quelle opinioni e si ragiona insieme a una soluzione, sintesi necessaria delle diverse posizioni in campo. Esattamente come è stato fatto ieri dai Ministri delle finanze europei per il pacchetto di aiuti ai paesi più colpiti dall’emergenza coronavirus. Inoltre, in una democrazia liberale, a meno di non voler diventare come la Cina, vige la libertà di stampa. Un giornalista è libero di scrivere quello che crede, comprese offese e diffamazioni di cui si prende eventualmente la responsabilità di fronte a un giudice. Un giornalista non rappresenta un popolo. Se un giornale tedesco, cosa che il tanto incriminato articolo del Die Welt di ieri, in cui si vociferava desse dei mafiosi agli italiani, tra l’altro non ha fatto, pubblica un commento sull’Italia, con opinioni più o meno positive, è libero di farlo. La signora Merkel non può — e non deve — di certo chiamare quel giornalista per censurarlo, a meno, ripeto, di non voler diventare come la Cina. Così come il signor Conte non può — e non deve — chiamare i nostri direttori di giornale quando pubblicano titoli ingiuriosi sulla Germania, cosa che dalle nostre parti succede piuttosto spesso. Sono queste le dure leggi della democrazia, che valgono tanto in Italia quanto in Europa. L’augurio è che la quarantena ci faccia riflettere anche su tali imprescindibili fondamenti delle società europee, che molti di noi danno purtroppo prova di faticare a capire.