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I quattro anni che hanno fatto forte la Finlandia

Paola Peduzzi e Micol Flammini

Sanna Marin arriva alle elezioni con una leadership solida ma rivali parecchio agguerriti. Cronache da un paese felice in cui s’è costruita questa nuova Europa

Il 2 aprile la Finlandia torna al voto, dopo che nel dicembre del 2019 un conflitto di palazzo tra l’allora premier Antti Rinne, al potere da pochi mesi, e i suoi alleati portò alla nomina di Sanna Marin, allora la più giovane tra i leader occidentali, accompagnata nella sua avventura di governo da una coalizione di partiti tutti guidati da donne. La Finlandia, che già è in cima alle classifiche dei paesi felici, divenne all’improvviso il ricettacolo di tutti i sospiri d’Europa, in particolare quelli italiani: da noi una cosa così non potrebbe capitare mai, ma quanto sarebbe bello. Sembra passato un secolo da quell’inverno, non soltanto perché la quota rosa si è enormemente allargata anche nella nostra politica, ma perché nel frattempo Sanna Marin ha contribuito a rendere il peso specifico della Finlandia nel mondo molto più poderoso, non in quanto rappresentante di una leadership femminile (qualsiasi cosa sia) ma come portavoce dei valori occidentali, liberali e democratici contro l’aggressione della Russia e delle autocrazie. La Marin ha girato il mondo ribadendo frasi semplici e chiare – come: la guerra finisce quando Vladimir Putin ritira le sue truppe dall’Ucraina sovrana – ha spostato il baricentro della difesa europea un po’ più a nord e un po’ più a est rispetto all’assetto tradizionale; ha interpretato alla perfezione il ruolo che i paesi nordici e baltici si sono ritagliati in questo conflitto; non ha abbassato la guardia contro l’aggressione della Russia all’ordine liberale; e ha portato la Finlandia dentro la Nato dopo secoli di neutralità.

 

Conta la geografia, certamente: la Finlandia condivide con la Russia un confine lungo milletrecentoquaranta chilometri, di cui duecento saranno protetti da una barriera alta tre metri. Contano anche, tantissimo, la storia e le mire che la Russia ha sempre avuto nei confronti della Finlandia. Ma conta soprattutto la determinazione gentile e limpida di Sanna Marin, che ha traghettato il proprio paese, e un’opinione pubblica che era sempre stata  Natoscettica, verso un nuovo posizionamento strategico. Qualche tempo fa, Politico Europe aveva pubblicato un articolo dal titolo: Sanna Marin piace più a te che ai finlandesi. Eravamo alle solite: certi leader carismatici (e ahinoi fotogenici, pensiamo alla neozelandese Ardern ma pure allo stesso presidente americano Obama) spopolano nei paesi in cui non governano e in cui non devono essere eletti. A guardare i sondaggi oggi sembra che i finlandesi continuino a sostenere la loro premier, ma è stata una campagna contesa, pure aspra, tanto che qualche commentatore dei giornali locali ha segnalato un po’ scandalizzato uno dei dibattiti elettorali invero molto acceso, e l’esito si gioca in una manciata di voti. E per esito intendiamo un capovolgimento dell’attuale equilibrio politico di centrosinistra.

 

Nei sondaggi la premier va meglio del suo partito e deve vedersela con due sfidanti che la rincorrono sull’economia 

 

Elezioni, partiti, facce.  I finlandesi andranno a votare per rinnovare l’Eduskunta, il loro Parlamento in cui siedono duecento deputati. L’offerta politica non è molto diversa rispetto a quattro anni fa, i partiti rimasti a sfidarsi o a corteggiarsi non sono cambiati, è cambiata però la Finlandia e la sua posizione internazionale. Tra sigle, partiti e temi da campagna elettorale ci siamo fatte accompagnare da Jenni Karimäki, storica contemporanea, ricercatrice dell’Università di Helsinki con una passione sentitissima per i partiti, la politica e la storia delle idee. “E’ un testa a testa”, ci ha detto Karimäki. E i tre contendenti principali sono il Partito socialdemocratico della premier, Sdp; la Coalizione nazionale, o Kokoomus o Kok, un partito conservatore di centrodestra che ha tutti gli occhi puntati sul suo leader Petteri Orpo, che è anche l’unico leader uomo di uno dei partiti maggiori; e infine i Veri finlandesi che con i loro slogan di estrema destra stanno catalizzando i voti di protesta. La loro leader si chiama Riikka Purra, ha l’aria austera, ma va fortissimo sui social e su TikTok è andata a caccia degli elettori più giovani. Gli altri partiti fanno da contorno e con percentuali diverse possono partecipare al futuro governo. Janni Karimäki ci ha detto che sebbene i Veri finlandesi non resistano a spostare la campagna elettorale su argomenti identitari o immigrazione è l’economia il vero fulcro della campagna elettorale, che si fa su proposte molto concrete: “Il dibattito verte attorno a debito pubblico e politiche finanziarie. L’economia ha assorbito tutto il resto e anche la discussione sulla riforma del sistema sanitario nazionale si fa dal punto di vista economico”. La storica ci ha confermato che la battaglia tra i leader è densa, il distacco potrebbe essere minimo. Al partito della premier, che governa in coalizione con altri quattro gruppi, viene rimproverato soprattutto di non aver fatto in questi quattro anni un buon piano per la crescita economica del paese e, in questa campagna elettorale così amena vista da qui, si parla anche di tagli: “Il Kok, il partito di centrodestra di Orpo, promuove  tagli che aiutino la crescita e al momento è quello  che va meglio nei sondaggi. Stiamo vedendo un dibattito molto tradizionale in Finlandia, che riproduce il vecchio schema destra-sinistra”. Le questioni internazionali trovano invece un sostegno molto ampio, la guerra della Russia contro l’Ucraina ha stravolto le priorità strategiche della  Finlandia.  Helsinki è abituata al fatto che il vicino russo condizioni le sue scelte. Ci ha detto Karimäki che la richiesta di adesione all’Alleanza atlantica è un cambiamento radicale per la politica di sicurezza finlandese, uno stravolgimento di decadi che ha unito la politica, i partiti e i loro elettori e che in Parlamento è stata approvata con una maggioranza schiacciante. “La Finlandia si è sempre ritrovata a essere un paese tra l’est e l’ovest, ma non voleva stare in mezzo, voleva aderire alle politiche e alle alleanze occidentali,  non poteva però prescindere dalla consapevolezza di confinare con Mosca”. La consapevolezza è rimasta, il vicino non si è spostato, ma Helsinki ha fatto quello che voleva fare da anni e potrebbe capitare che Sanna Marin, che ha chiesto l’adesione storica alla Nato, non firmi l’ultimo trattato. 

 

Le alleanze. Di recente la Finlandia ha deciso di unire le forze, letteralmente, con gli altri paesi nordici, Danimarca, Svezia e Norvegia, e mettere insieme i loro 250 jet e gestirli come un’unica flotta. Oltre a sancire una fratellanza che questi paesi celebrano appena possono, la flotta unica è anche un monito agli aerei russi che tendono a sconfinare spesso nelle loro cosiddette missioni di avvertimento. In Europa si discute molto della Zeitenwende, la “svolta epocale”, della Germania, ma questo termine si può applicare in modo molto più esatto anche alla Finlandia, che ha rafforzato la difesa della frontiera con la Russia, ha levato i visti turistici ai russi, ha ridotto importazioni ed esportazioni dalla Russia rispettivamente del 28 e del 44 per cento rispetto al 2022 e ha fatto pressioni soprattutto sulla Germania, chi altro?, perché fossero inviati gli armamenti necessari all’Ucraina per difendersi dall’attacco russo e avviare la controffensiva di primavera. All’inizio di marzo, la Marin è tornata a Kyiv in un giorno particolarmente doloroso per il paese: assieme al presidente Volodymyr Zelensky ha partecipato al funerale di Dmitro “Da Vinci” Kotsiubailo, un giovane attivista ucraino che difendeva il paese già dalla prima invasione russa nel 2014 e che è morto combattendo nella straziata Bakhmut, in Donbas. Nel loro incontro, i due leader hanno discusso di sicurezza – Helsinki aveva appena approvato il quattordicesimo pacchetto di aiuti militari  e finanziari all’Ucraina – di ricostruzione, di processi all’Aia e di coordinamento fattivo, ma sia lì sia in seguito la Marin non ha voluto dire quanti mezzi pesanti è disposta a consegnare a Kyiv. Lo ha fatto perché la Finlandia non vuole ritrovarsi militarmente sguarnita se Putin dovesse decidere di allargare la sua guerra e non vuole inviare in Ucraina quel che potrebbe essere un giorno necessario per difendere se stessa. Questo mistero ha fatto un po’ discutere anche nella campagna elettorale, e molti commentatori, anche internazionali, hanno costruito attorno alla Finlandia un piccolo caso di studio, che sottolinea quanto questo paese sia diventato di peso. E’ difficile immaginare che Putin decida di colpire proprio la Finlandia – sostengono – che sta diventando un paese  della Nato, e in più, a differenza di altri paesi, Helsinki ha a disposizione 200 Leopard 2 perfettamente operativi: se ne inviasse alcuni in Ucraina lo stimolo che creerebbe anche negli altri paesi sarebbe molto grande, e allo stesso tempo non deve temere di rimanere poco difesa, perché appunto il suo posizionamento non è più quello che aveva prima che cominciasse la guerra di Putin.

 

L’adesione alla Nato ha unito il paese e Helsinki tenta di aiutare Kyiv senza rimanere sguarnita lungo la frontiera con Mosca

 

L’eredità di Marin. Non sarà un’elezione su Sanna Marin, la politica finlandese è un’arte da gentildonne e gentiluomini. Jenni Karimäki ci ha detto che la leader è più apprezzata del suo stesso partito quindi per i socialdemocratici la premier continua a essere un grande vantaggio. “I finlandesi in generale sono molto orgogliosi di lei, dell’immagine che è riuscita a proiettare all’estero, dell’attenzione internazionale che ha catalizzato sulla Finlandia. Sono però anche pronti a criticarla per argomenti di politica interna”. Uno dei campi di ricerca di Karimäki riguarda le reazioni dei partiti durante le epidemie e gli stati di emergenza, passati e presenti e quindi con occhi attenti ha osservato che “i quattro anni del governo Marin sono stati tormentati, tra pandemia e guerra, e  lei ha imposto i cambiamenti giusti, ha dato le rassicurazioni adeguate e una crisi dopo l’altra ha contribuito a compattare le persone attorno a lei. Tutto, assieme alla sua giovane età, al suo essere tra le poche premier donna in Finlandia, ha contribuito a costruire il suo personaggio”. Poi ci sono i video scatenati, i concerti, le lacrime, i chiodi di pelle, gli sguardi accusati di troppo languore o troppa spregiudicatezza a seconda dei casi, ma tutto questo interessa poco agli elettori e, secondo Karimäki, interessa poco anche ai rivali politici. “Non abbiamo questo tipo di campagna elettorale in Finlandia, più che andare sul personale si va sugli argomenti concreti. Qualche politico ha tentato questa strada, ma sarebbe impensabile per il leader di un partito, sarebbe fallimentare”. La Finlandia è quindi immune da partygate, festivalgate, lacrimagate, Marin è stata una leader solida, che ha un’eredità importante da rivendicare, costruita su una storia personale particolare, da vera underdog, insomma. Si è presentata in politica giovanissima, è stata la prima della sua famiglia a laurearsi e si è mantenuta agli studi lavorando come commessa. E’ stata cresciuta da due madri, in anni in cui era un tabù ancora più grande, e una volta in un’intervista  disse: “Provavo un senso di invisibilità, nessuno si occupava delle famiglie arcobaleno”. Il padre, alcolizzato e violento, fu allontanato da casa quando lei era piccolissima e al suo fianco Sanna Marin ha scelto il compagno di una vita: l’ex calciatore Markus Räikkönen conosciuto al liceo, con il quale ha avuto una figlia, e che ha dovuto tenere a riparo dalle malelingue scandalistiche pronte a fantasticare sugli sguardi tra lei e il presidente francese Emmanuel Macron. 

 

Sanna Marin è già entrata nella storia e fa parte di quella costellazione di leader che sta ribilanciando il peso dell’Europa. Come la premier estone Kaja Kallas che di recente ha detto che quando ci saranno da decidere le prossime cariche europee i baltici e i nordici non potranno essere ignorati. L’Ue sta cambiando e ci sono paesi più protagonisti di altri in questo cambiamento. Estoni e finlandesi si trovano spesso in sintonia, si aiutano, si ascoltano, si rispecchiano. L’account twitter Estonia Votes, che avevamo tanto seguito quando era stato il momento di Tallinn di andare al voto, ha deciso di fornire analisi sulle elezioni in Finlandia visto che non esiste nessun account dedicato made in Helsinki e gli estoni in generale “adorano togliere posti di lavoro ai finlandesi”. L’idea ci ha fatto sorridere, ma soprattutto ci ha fatto tornare in  mente una notte di tanti anni fa. Negli anni Ottanta tra Estonia e Finlandia si era instaurata una solidarietà delle antenne: gli estoni, soprattutto nella capitale, riuscivano a prendere il segnale della televisione finlandese e a Helsinki facevano in modo che arrivasse forte e chiaro. Vedere i canali finlandesi voleva dire avere uno sguardo sull’occidente, al di là della cortina, e per dei sovietici voleva dire libertà. Quando a Tallinn si spargeva la voce che alla tv finlandese avrebbero dato qualche film occidentale, gli estoni si radunavano nelle case con la tv e per le strade calava il silenzio: erano tutti con gli occhi incollati agli schermi a spiare il mondo al di là. Il 24 giugno del 1987 era un mercoledì e la tv finlandese trasmetteva “Emmanuelle”, film erotico francese sulla moglie annoiata di un funzionario d’ambasciata che per vincere il grigiore delle giornate sempre uguali si lancia in avventure sessuali sempre più intense e audaci. Nove mesi dopo quel mercoledì sera in cui le onde del film erotico correvano da una sponda all’altra del Baltico, in Estonia si registrò un numero particolarmente e insolitamente alto di nascite. Erano i figli della solidarietà tra i due paesi, della voglia di libertà, di una nuova Europa anche.