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La faccia dell'Europa

Paola Peduzzi e Micol Flammini

Un altro summit per le nomine europee, ma questa volta c’è molta fretta. Il grand bargain franco-tedesco, l'assenza italiana (la solita), i cerca-casa e il Macron romeno. Equilibri, tremori ed esclusi

Gli esperti consultati dai media italiani sono sicuri: Angela Merkel non era semplicemente disidratata, il suo tremore spaventevole di due giorni fa sotto il sole di Berlino di fianco al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nasconde qualcosa di certamente più grave. Un farmaco, il Prozac, una malattia degenerativa, forse terminale: del resto, un video di 30 secondi basta per una diagnosi accurata, no? Con la cancelliera tedesca poi è facile: darla per finita è uno sport europeo molto praticato, per i pianti e rimpianti noi siamo già ben appostate sulla riva del fiume (e speriamo di avere accanto un uomo come Zelensky che ha detto della sua ospite: “Vicino a me non correva nessun pericolo”). Più che sproloquiare sui dolori della Merkel, bisognerebbe trovare il modo di partecipare alla danza europea in corso – il “Ballando sotto le stelle” di Bruxelles, lo definisce il Financial Times, anticipando i pettegolezzi del Consiglio europeo che si apre oggi – che ha come sempre una grande connotazione tedesca. Innanzitutto: i tempi. La Merkel vorrebbe che nomi e cariche europei fossero decisi entro il 2 luglio, prima dell’elezione del presidente del Parlamento di Strasburgo.

 

Dodici giorni sembrano a tutti un po’ pochini, ma il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, è attaccato al telefono, e a margine del vertice di oggi ci sono molti incontri, compreso il presummit a tre con la Merkel e il francese Emmanuel Macron e la mediazione dello stesso Tusk (no, noi italiani non siamo invitati in nessun ballo che conti).

 

I tedeschi devono scegliere, o la presidenza della Banca centrale europea con Jens Weidmann o la presidenza della Commissione europea con Manfred Weber. Entrambi non si può. Weber deve essere consapevole del fatto di non essere la prima scelta della cancelliera Merkel e ha adottato la strategia più saggia (e più di moda) che c’è: sta fermo. Senza scossoni troppo forti, senza smanie e senza ansie, potrebbe infine funzionare il famigerato processo dello Spitzenkandidat, il Partito popolare europeo è pur sempre il primo partito all’Europarlamento. Come visione dell’Europa non è granché, ma non è che ci si aspettasse molto di più da Weber. Il nemico da sconfiggere, per il conservatore bavarese, è naturalmente Macron che tutti vuole alla presidenza della Commissione tranne Weber. Anche la Francia ha i suoi cavalli in corsa alla Bce – in particolare François Villeroy de Galhau, governatore della Banca di Francia, e Benoît Coeuré, che è già stato nel board della Bce – ma la lista non è né completa né nota, perché il bello della successione alla guida della Bce è che non c’è un processo formale di nomina (un consigliere di Tony Blair, Jonathan Powell, disse che la scelta del primo presidente della Bce nel 1998, era stato “il pranzo più lungo della storia”). Ma un grand bargain tra Parigi e Berlino è molto possibile, nonostante i dispetti degli ultimi tempi, in particolare sul budget europeo, che sta molto a cuore a Macron e che invece la Merkel ha lasciato che diventasse una questione secondaria.

 

Non è la Merkel a tremare, è la leadership della Germania in generale. Annegret Kramp-Karrenbauer (Akk), presidente della Cdu e delfina della cancelliera, è apparsa a lungo forte ma ora non più. Il partito non la ama granché, e lei non è in grado di gestire il disamore. Più passa il tempo con la Merkel cancelliera, più la Akk si indebolisce, ma come si fa a lasciarla ora da sola, la delfina improvvisatrice?

 

Il Macron romeno. I nuovi liberali di Renew Europe hanno eletto ieri il loro presidente: Dacian Ciolos. La sua fama di novello Macron, soprannome che in Europa è assai frequente, avrebbe potuto ostacolarlo. Renew Europe è sì un prodotto del macronismo, ma le ultime vicissitudini legate alla capolista francese Nathalie Loiseau, che ha sparlato di tutti i suoi colleghi, avrebbero potuto spingere gli altri liberali a cercare un prodotto un po’ meno macroniano, ed escludere Cioloșs sarebbe stato anche semplice per alcune sue vecchie dichiarazioni in cui si diceva contrario ai matrimoni gay. La contesa è stata rapida anche se un po’ irrequieta, ma con dodici punti di vantaggio ha sconfitto l’eurodeputata olandese Sophie in ’t Veld: “E’ una che perde tutte le battaglie”, aveva detto di lei la linguacciuta Loiseau. Ma Ciolos, ex primo ministro romeno, aveva dalla sua parte République en Marche e Ciudadanos, mentre la collega olandese godeva della magra approvazione dei liberaldemocratici britannici. Ora tutte le principali famiglie europee hanno il loro presidente, questa settimana anche i socialisti si sono sistemati e hanno eletto la spagnola Iratxe García. Ci sono anche i negoziatori: i popolari hanno incaricato il croato Andrej Plenkovic e il lettone Krisjanis Karins, i socialisti hanno la coppia più corteggiata, Pedro Sánchez e il portoghese António Costa, e i liberali il premier olandese Mark Rutte e il belga Charles Michel. I sei si sono già incontrati nei giorni scorsi e si vedranno anche oggi. Anche qui di italiano non c’è granché.

 

Convivere per inerzia. I nostri partiti di governo non siedono in nessuna delle principali famiglie europee e a dirla tutta, uno dei due è ancora in cerca di casa. Lunedì i Cinque stelle, quelli del “noi saremo l’ago della bilancia in Europa”, hanno ricevuto un altro no, questa volta da parte dell’N-VA fiammingo. Probabilmente dovranno rimanere al fianco di Nigel Farage e del suo Brexit Party nel loro vecchio gruppo, come quei mariti che non lasciano mai le mogli perché la casa non è intestata a loro (la convivenza ci sarà almeno fino a Halloween, poi è Brexit, forse).

 

Senza orologi. Rinunciare al tempo è un lusso, non guardarlo, non correre, non sentirlo. In Norvegia c’è un’isola che potrebbe decidere di vivere senza il tempo: si chiama Sommary ed è talmente a nord che vive per metà dell’anno al buio e per l’altra metà alla luce. Le notti nere si alternano alle notti bianche. A cosa ci servono le ore, hanno pensato gli abitanti: aboliamole, e così nei giorni di luce i bambini giocano per strada fino alle due del mattino. Alla fine di maggio gli abitanti di Sommaroy, sono trecento, hanno convocato un’assemblea e hanno preso la decisione: abolire le convenzioni del tempo. Chi lavora nel turismo non è per nulla entusiasta, ma per i promotori dell’iniziativa basterà far capire che il tempo si costruisce, il tempo sarà soltanto nostro, romanticismo assoluto. Basterà lasciare gli orologi alle porte di Sommaroy, lusso assoluto.

 

Grazie Rory. Abbiamo seguito Rory Stewart nella sua campagna per diventare leader dei Tory inglesi e quindi premier fin dall’inizio, un #Rorywalks alla volta. Ieri è stato eliminato dalla corsa: aveva poche chance, ma ci ha mostrato che un’alternativa all’assenza di buon senso esiste, e cammina.

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