Ansa

A Parigi

Il modello “town hall” dei campus pro Palestina a Sciences Po

Mauro Zanon

I militanti del Comité Palestine non hanno organizzato un semplice dibattito su Gaza, ma un confronto sul modello americano dei meeting tra i rappresentanti del Congresso e del Senato e i cittadini comuni, con i dirigenti dell’istituto interrogati dagli studenti. Gli universitari francesi chiedono la fine di ogni collaborazione con Israele "assassino"

I campus liberal americani, infuocati per Gaza, sono il modello da seguire per gli attivisti pro palestinesi di Sciences Po, che da una settimana stanno perturbando il funzionamento della scuola-fornace delle élite francesi. 
Giovedì, nella sede storica di Sciences Po Parigi, a rue Saint-Guillaume, i militanti del Comité Palestine non hanno organizzato un semplice débat su quanto sta accadendo a Gaza, ma un “town hall”, ossia un confronto sul modello americano dei meeting tra i rappresentanti del Congresso e del Senato e i cittadini comuni, con i dirigenti dell’istituto interrogati dagli studenti. Ma nonostante due ore e mezza di scambi di vedute tra la direzione e le associazioni studentesche presenti nell’anfiteatro Boutmy (lo stesso che alcune settimane fa era stato ribattezzato “Gaza”, e dal quale una studentessa ebrea era stata cacciata al grido di “vattene sionista”), ognuno alla fine è rimasto arroccato sulle proprie posizioni, e Jean Bassères, amministratore provvisorio di Sciences Po dopo le dimissioni di Mathias Vicherat accusato di violenze domestiche, ha parlato di un dibattito “duro”. 

 

Gli studenti del Comité Palestine, in particolare, hanno chiesto la fine delle partnership tra Sciences Po e le università israeliane: tutte, indistintamente. Non è prevista “nessuna messa in discussione”, ha affermato Bassères alla fine del dibattito, prima di aggiungere: “In particolare, ho rifiutato in maniera molto chiara la creazione di un gruppo di lavoro proposto da alcuni studenti per indagare sulle nostre relazioni con le università israeliane e con le aziende che sono nostri partner finanziari”. Hicham, uno dei leader del Comité Palestine, ha giudicato “deludente” e “senza sorprese” il town hall, e ha annunciato che alcuni militanti del collettivo hanno iniziato lo sciopero della fame per far valere le loro rivendicazioni. Come riportato dal Point, a mezzogiorno e mezzo, quando il dibattito è giunto al termine, una parte del Comité Palestine ha occupato l’atrio principale di Sciences Po, kefiah in testa e insulto facile. “Bassères! Bassères! Sciences Po non è di tua proprietà!”, “Israele assassino! Macron è complice!”, ha gridato uno di loro. Il seguito? Nella serata di giovedì è stata votata una nuova occupazione da parte degli attivisti pro palestinesi, che ha spinto la direzione ad annunciare la chiusura di diverse aule di Sciences Po per la giornata di venerdì, dunque l’annullamento delle lezioni. 

Ieri mattina, tuttavia, è stato ordinato lo sgombero delle aule occupate. Le forze dell’ordine sono intervenute attorno alle 11.30 per espellere i più ostinati tra i militanti pro Palestina, generando momenti di tensione a rue Saint-Guillaume. “La fermezza è totale e continuerà a esserlo”, ha fatto sapere il governo. Tra i militanti del Comité Palestine alcuni avevano i palmi delle mani macchiati di rosso, il simbolo filo palestinese che richiama il linciaggio di Ramallah dell’ottobre 2000 contro due riservisti israeliani. “Sono ignoranti o antisemiti”, ha attaccato al ministra per le Pari opportunità Aurore Bergé. A settembre, si vota per il nuovo direttore di Sciences Po, un posto diventato pressoché maledetto. Tra i favoriti, c’è Najat Vallaud-Belkacem, femminista ed ex ministra socialista dell’Istruzione durante il quinquennio Hollande.
 

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