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Nell'Europa del multiculturalismo c'è una strana febbre di Ramadan

Giulio Meotti

Le città si illuminano, calcio e scuole si fermano per la cosiddetta "pausa del Ramadan" e i nuovi giacobini, per evitare imbarazzi multiculti, vogliono cancellare tutte le feste

Ci sono pochi luoghi più prestigiosi e solenni per un cristiano durante la Pasqua della cattedrale gotica di Colonia, che custodisce le reliquie dei re Magi. Ma durante la Settimana Santa, la città di Colonia ha organizzato anche un evento religioso molto diverso. Nello stadio di calcio non lontano dalla cattedrale, c’era il “primo Iftar comunitario”, una cena al tramonto per celebrare la fine del digiuno durante il mese sacro islamico. Intanto un gruppo universitario organizzava una preghiera per il Ramadan all’Università di Gottinga, in Germania. Le leghe di calcio di Inghilterra, Germania e Paesi Bassi si fermavano invece per la cosiddetta “pausa del Ramadan”: durante le partite, gli arbitri hanno il potere di interrompere il gioco, chiedendo al portiere di indugiare in un rinvio, e permettere ai fedeli del Profeta di bere o mangiare. A Oslo, in Norvegia, accanto al municipio, veniva allestita una mostra finanziata con fondi pubblici per celebrare i trenta giorni di digiuno. “Le luci del Ramadan dimostrano che siamo a favore dell’inclusione e della diversità”, declamava il consiglio comunale di Oslo. Le luci del Ramadan erano rimaste accese nel West End di Londra anche durante il fine settimana di Pasqua a Oxford Street, Piccadilly Circus e Leicester Square, illuminate di mezzelune e lanterne, volute dal sindaco Sadiq Khan.

 

Nel West End di Londra, luci di Ramadan anche durante la settimana pasquale. Poi si sono accese a Francoforte e Colonia


Nell’Europa della secolarizzazione, del multiculturalismo e del relativismo, c’è una strana febbre di Ramadan. Si devono consentire i veli integrali simboli di “libertà”, fermare le scuole e gli stadi per il Ramadan in nome della “tolleranza” e chiudere un occhio, anzi due, per le esenzioni ai corsi di educazione fisica, musica e arte in nome del “rispetto”. E pazienza se in Francia una ragazzina è stata appena picchiata quasi a morte da tre coetanei perché non indossava il velo. Nei giorni scorsi, le stazioni della metropolitana di Londra hanno iniziato a trasmettere l’orario della preghiera islamica con l’Hadith del giorno. Il malcapitato viaggiatore, in cerca dell’orario, trovava un detto del Profeta. Poi l’ente regolatore della metro, travolto dalle polemiche, ha dovuto rimuovere il messaggio. Il Chelsea invece, aveva tutto il diritto di ospitare un “open Iftar”, una cena di rottura del digiuno “aperta a tutti”, fedeli e infedeli. Ramadan anche dai Windsor: la famiglia reale  ha ospitato la prima festività islamica nella storia inglese, perché Carlo III è il primo re multifaith. Ma chi pensa che sia una specialità inglese, come il cielo grigio di Londra, si sbaglia di grosso.


Quando, a Firenze, un preside ha dato un’aula del liceo agli studenti islamici per pregare sotto Ramadan, nessuno scandalo sulla laicità, nessuna mobilitazione dei giornali, niente di niente. Così come a Pioltello va tutto alla grande, altro che parenti serpenti, siamo una grande famiglia multiculturale. Meno bene va in un liceo di Drammen, in Norvegia, dove la preside non ha voluto che gli studenti musulmani lasciassero la classe per pregare durante il Ramadan. C’è pur sempre la neutralità religiosa. Hanne Merete Hagby è la direttrice del liceo, che ha il trenta per cento di studenti musulmani, come a Pioltello. “Non va bene lasciare le lezioni o arrivare in ritardo per questo motivo”, aveva scritto la preside. Ha cancellato il post dopo appena due ore. Sui social era stato pubblicato un appuntamento per “linciare” la preside. A volte anche le migliori feste finiscono a manate. Non è andata meglio a Katharine Birbalsingh, nota come “la preside più severa della Gran Bretagna”, costretta a vietare le preghiere musulmane nella scuola dopo che gli insegnanti hanno subito aggressioni. La dirigente scolastica è finita davanti all’Alta Corte in una causa da parte di studenti musulmani della Michaela School. Birbalsingh ha deciso di interrompere i rituali di preghiera dopo “violenza, intimidazioni e spaventose molestie nei confronti dei nostri insegnanti”. È una scuola gestita dai talebani a Kabul? No, uno dei principali istituti inglesi: minacce di morte al personale per aver impedito agli alunni  di pregare, una ragazza costretta a lasciare il coro perché “la sua religione le vieta di cantare” e un’altra costretta a indossare il velo. La scuola ha ricevuto anche allarmi bomba tramite posta elettronica.

 

A Pioltello è stata una grande festa multireligiosa, ma dalla Norvegia alla Germania all’Inghilterra, in molte scuole è stato tutto meno fantastico


Anche in Germania una preside ha bandito le preghiere islamiche in una scuola di Wuppertal. Studenti musulmani volevano l’introduzione di rigide regole islamiche nelle scuole, inclusa la segregazione di genere. “Le donne dovrebbero coprirsi. I musulmani dovrebbero poter lasciare la scuola  per la preghiera del venerdì. La segregazione di genere dovrebbe applicarsi alle lezioni di nuoto”. Siamo all’istituto comprensivo Nordstadt di Neuss. La scuola aveva già capitolato a una loro richiesta ma, al posto di una sala per la preghiera islamica, era stata offerta loro una “stanza della tolleranza”.

L’Università di Dortmund aveva aperto una “sala di preghiera interreligiosa” e si era data delle regole, che piacciono sempre molto ai tedeschi. Venti metri quadrati, le pareti dipinte di verde, un tappeto, due divani, due sedie, una libreria Ikea. Studenti di ogni fede, cristiani, ebrei, buddisti e musulmani, potevano trovare lì un punto di raccoglimento, lasciando fuori un po’ della loro identità per far spazio a quella di tutti. Ma gli studenti si sono lamentati di essere stati segregati da altri studenti musulmani nella parte più piccola della stanza, assieme alle donne. Copie del Corano erano disposte nella stanza, quando l’accordo, affisso sulla porta, vietava  i simboli religiosi. Studenti musulmani avevano intimato alle donne di indossare il velo e di rinunciare al profumo. Francoforte sul Meno intanto diventava la prima città della Repubblica federale ad appendere le luci del Ramadan. Il sindaco Verde  le ha chiamate le luci “dell’unione contro le discriminazioni”.  E dopo Francoforte, Colonia: chiunque passeggi per le strade della città-cattedrale in questi giorni vedrà mezzelune, le parole “Kareem” e “Ramadan”. La città dove Benedetto XVI compì il suo primo viaggio pontificio. La rivista svizzera liberal-democratica Neue Zurcher, con un pubblico paneuropeo, ha espresso il suo punto di vista critico: “L’establishment politico è in preda alla febbre del Ramadan”.


Intanto, a Strasburgo, esordivano i “mercatini di Ramadan”, come quelli natalizi, blindati in città da quando furono attaccati dai terroristi dell’Isis che uccisero anche un ragazzo italiano. Il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, si produceva in un video-discorso: “Ramadan Mubarak!”. La Frankfurter Allgemeine Zeitung titola: “Buon Ramadan”. Per una volta, le preoccupazioni sull’appropriazione culturale non sembrano avere importanza. Si ricorda, ad esempio, un funzionario tedesco per l’integrazione che inviò cartoline di Natale che non contenevano la parola Natale: “Non importa ciò in cui credi. . . Vi auguriamo un periodo sereno e un buon inizio del nuovo anno”. Ane Breivik, leader giovanile del Partito liberale norvegese, si è spinto fino a chiedere la fine di tutte le festività cristiane, che ha liquidato come “obsolete e sciocche”. Invece, vorrebbe che le persone si prendessero giorni che significano qualcosa per loro, come il giorno musulmano di Eid al Fitr. E l’Unione studentesca cristiana norvegese (che di cristiano ha ormai poco) ha suggerito di regalare alle minoranze alcune festività “secondarie”, come Santo Stefano, il lunedì di Pasqua e il secondo giorno di Pentecoste. La Giornata internazionale della donna, la Giornata mondiale dell’ambiente e l’Eid al Fitr come festività pubbliche alternative.

Dai sindaci verdi di Francia alle università britanniche, c’è chi propone di fare spazio nel calendario, togliendo le ricorrenze cristiane “obsolete”

Intanto, dicevamo, il calcio si fermava per il Ramadan. Il primo caso fu in Premier League tre anni fa, durante una partita tra Crystal Palace e Leicester. Il medico del Crystal Palace, Zafar Iqbal, si rivolse all’arbitro sulla necessità di una pausa. All’ora stabilita, il portiere del Palace ha così indugiato su un calcio di punizione. In Francia sindaci di grandi città stanno proponendo di cancellare Pentecoste, Natale, Pasqua, Ascensione e altre festività cristiane per sostituirle con “feste laiche”. Pierre Bergé, tra gli imprenditori più ricchi e famosi di Francia, fondatore del brand Yves Saint Laurent, disse che “non ci sono solo cristiani in Francia. Io sono per la soppressione integrale di tutte le feste cristiane”. In Belgio, i calendari scolastici della comunità francofona al posto della festa di Ognissanti dicono “congedo di autunno”, di Natale “vacanze d’inverno” e di Pasqua “vacanze di primavera”. Ad Anversa, la seconda città belga, il sindaco ha appena organizzato una cena di Ramadan lunga due chilometri per le strade. I teatri in Belgio hanno invece iniziato a utilizzare pubblicità che avvertono gli spettatori musulmani di “nudità, sesso o violenza” negli spettacoli e per incoraggiarli a partecipare a eventi culturali durante il Ramadan.


Éric Piolle, sindaco ecologista di Grenoble, detta “capitale delle Alpi” prima che “capitale verde europea”, ha tirato fuori un’idea geniale dal cappello woke: “Cancelliamo i riferimenti alle feste religiose nel calendario e dichiariamo giorni festivi le feste laiche che segnano il nostro attaccamento alle rivoluzioni, alla Comune, all’abolizione della schiavitù, ai diritti delle donne e delle persone lgbt”. La London School of Economics ha  cancellato ogni riferimento alla cristianità dal calendario accademico. La Swansea University ha cancellato la Quaresima. Dopo tutto, dicono, le feste cristiane “non risuonano più nel corpo studentesco”. E un college di Oxford - il Magdalen College, fondato dal vescovo William Waynflete nel XV secolo - ha cancellato la festa di San Giorgio per far spazio all’Eid islamico. E anche nella cattedrale di Manchester si è celebrato l’iftar del Ramadan. I musulmani inglesi non hanno abbastanza moschee, evidentemente. La cattedrale ha poi chiesto scusa ai fedeli cristiani per aver consentito l’adhan. E per il primo venerdì di Ramadan, anche il Victoria and Albert Museum di Londra ha organizzato una cena per la fine del digiuno in uno dei principali musei d’arte del mondo. Più di quattrocento persone hanno partecipato  con un muezzin che ha intonato la preghiera. Ma qualcuno doveva pur coprire “le tre grazie” di Antonio Canova, che mettono in mostra tutte le proprie bellezze al Victoria and Albert Museum.

Cena di fine del Ramadan anche al Victoria and Albert Museum, dove si sono dimenticati di coprire le “tre grazie” di Antonio Canova


Ahmed Elmohamady, il difensore egiziano che ha giocato in Inghilterra per un decennio, ha visto un suo compagno di squadra, l’irlandese Paul McShane, unirsi a lui nel digiuno di Ramadan. “E’ stato fantastico”, ha detto Elmohamady, anche se ha ammesso che McShane non è durato. “Lo ha fatto una volta, sarebbe stato troppo difficile per trenta giorni”.
Fantastica, sì, la maschera di questo strano suicidio occidentale.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.