(foto EPA)

Da domani lapidazioni

Le dittature (imperialiste o islamiste) e le loro vittime di comodo. La promessa talebana alle donne

Cecilia Sala

I talebani non sanno contenere l'Isis-K (che colpisce fino a Mosca) come avevano promesso di fare, ma sanno uccidere le donne

Vladimir Putin sceglie di continuare a punire gli ucraini dopo essersi a lungo concentrato sul nemico sbagliato e non aver visto il pericolo in casa: il terrorismo islamico. Dopotutto bombardare Kyiv è più semplice (e la Russia è molto allenata a farlo) che provare a sradicare l’Isis-K – il gruppo dello Stato islamico nato in Afghanistan a cui aderiva il commando che ha ammazzato centoquaranta russi a un concerto una settimana fa. I talebani in Afghanistan adottano una strategia non troppo diversa in linea di principio, ma in salsa fondamentalista invece che imperialista: visto che non sono capaci di contenere l’Isis-K come pure avevano giurato di saper fare, si scelgono anche loro vittime di comodo.

Dopo l’attentato alla periferia di Mosca, le televisioni afghane hanno trasmesso un messaggio audio del leader supremo talebano, il mullah Hibatullah Akhundzada, che annunciava: “Da domani ricominceremo a lapidare le donne adultere in pubblico”. Come se il problema degli afghani fossero i presunti tradimenti coniugali e non le bombe dello Stato islamico che ammazzano civili nelle moschee, sugli autobus e nelle scuole. Una settimana fa un attentatore suicida dell’Isis-K ha ucciso ventuno dipendenti pubblici afghani in coda per ricevere la busta paga in banca a Kandahar, la città di Akhundzada. “Il nostro scopo è stabilire la religione di Allah su questa terra. Il mero controllo su Kabul e sulle province non è il nostro obiettivo, piuttosto lo è attuare la sharia”, proseguiva Akhundzada. E gli analisti che studiano il fondamentalismo islamico hanno cominciato a chiedersi se dietro ci fosse anche il tentativo di non mostrarsi come jihadisti troppo deboli mentre l’Isis-K – che accusa i talebani di essere traditori e, quando può, li uccide – torna al centro della scena, si fa vedere determinato e pronto a capitalizzare la fama attirando nuove reclute. E’ una competizione fra terroristi di tipi diversi che si gioca sulla pelle degli afghani e soprattutto delle afghane. 

Il messaggio vocale di Akhundzada contiene le dichiarazioni più esplicitamente talebane dal ritorno al potere del gruppo con la presa di Kabul il 15 agosto del 2021. I primi mesi di discorsi pubblici e conferenze stampa dei talebani erano stati quelli delle bugie spudorate: della promessa “siamo cambiati”, della promessa che le donne lavoratrici avrebbero conservato il posto e della promessa che tutte le studentesse avrebbero potuto continuare ad andare a scuola o all’università. Poi, a partire da marzo del 2022, il nuovo emirato ha proibito alle bambine e alle adolescenti di entrare in classe e alle universitarie di sostenere gli esami e laurearsi. Ha imposto alle donne di coprire anche naso e bocca oltre ai capelli quando sono in pubblico, ha proibito loro di andare in palestra e pure di visitare il parco naturale oltre che di lavorare per le organizzazioni umanitarie. Nei fatti, la svolta rispetto alle promesse iniziali c’era già stata, ma il discorso pubblico delle autorità talebane non aveva mai sfiorato la soglia toccata dall’ultimo messaggio di Akhundzada. La Guida suprema si è scagliata anche contro l’occidente e ha detto: “Vi abbiamo combattuto per vent’anni e vi combatteremo con ancora più forza per i prossimi venti” allo scopo di “implementare la sharia sulla terra”. Akhundzada ha aggiunto che lui lavora per Allah mentre gli americani e gli europei lavorano per satana, e che anche chi dice di battersi per i diritti umani e per i diritti delle donne lavora per il demonio, quindi in Afghanistan si tornerà ad ammazzare le ragazze con le frustate e i lanci di pietre in piazza. Nel frattempo, i terroristi dello Stato islamico sono liberi di scorrazzare per tutto il paese uccidendo civili afghani, talebani, e i quasi alleati che i talebani considerano molto preziosi e che corteggiano: i russi e i cinesi. Oltre ad aver spedito un attentatore suicida al funerale della madre del portavoce dei talebani e aver piazzato una bomba sulla soglia del ministero degli Esteri talebano, l’Isis-K ha colpito una delegazione di imprenditori cinesi nel paese e l’ambasciata russa a Kabul. Difficile che Mosca e Pechino credano ancora alle promesse fatte dai fondamentalisti al governo di saper garantire il controllo del territorio e la sicurezza. Per la Cina è un problema perché i terroristi dell’Isis-K che i talebani non sanno contenere li ha al confine – di preciso al confine con lo Xinjiang abitato da una minoranza musulmana temuta e sistematicamente repressa con metodi brutali dal governo centrale. Per la Russia è un problema perché lo Stato islamico afghano è in grado di coadiuvare terroristi in tutta la regione asiatica e soprattutto nei paesi dove non serve un visto per arrivare a Mosca (o dove viene concesso in automatico, per esempio il Tagikistan), come ha reso evidente l’attentato di venerdì scorso. L’Isis-K è diventato più forte dopo il ritiro americano che Mosca e Pechino avevano celebrato per ragioni di propaganda – senza credervi davvero.