La catena di impunità

Bell'idea riabilitare Assad. Ora la Siria è una base del terrorismo internazionale

Paola Peduzzi

“Se cade Assad, viene giù tutto” e altri calcoli realisti che hanno sortito l’effetto opposto 

Un mese fa, il dittatore siriano Bashar el Assad ha rilasciato un’intervista a Vladimir Solovev, il più noto propagandista russo. La conversazione si è svolta nel palazzo presidenziale a Damasco, che sta sul monte Mezzeh, una montagnetta che s’affaccia sul quartiere a sud-ovest della capitale siriana, dove ci sono le residenze dei ministri, le ambasciate, i compound della sicurezza e dove c’era la palazzina a cinque piani che è stata colpita lunedì da uno strike israeliano: dentro c’erano alcuni capi delle Guardie della rivoluzione della Repubblica islamica d’Iran, che sono stati uccisi. Solovev ha iniziato l’intervista elogiando la Siria, “un grande paese che ha scelto liberamente il suo destino”.

  
Di libero in Siria non c’è niente: il popolo è oppresso da (almeno) dodici anni, ma lo stesso Assad dipende del tutto dal sostegno della Russia e dell’Iran, che gli hanno garantito prima la sopravvivenza politica alla guida del paese, la sopravvivenza militare con una grande fornitura di armi e di mezzi, e poi, l’anno scorso, la sua riabilitazione, con il reintegro nelle riunioni della Lega araba. Assad mostra la sua gratitudine ripetendo quel che dicono il regime russo e il regime degli ayatollah: il dittatore siriano sostiene l’invasione dell’Ucraina perché, ha detto a Solovev, la Russia “era accerchiata” e doveva difendersi; sostiene la necessità anche dell’Iran di difendersi dalle continue ingerenze straniere, in particolare dell’America e dell’Europa, che con le loro “ridicole” sanzioni tentano di opprimere gli iraniani; sostiene anche il proprio diritto di difendersi dagli attacchi di Israele e sempre dall’imperialismo americano. I crimini che questi regimi hanno commesso per conservarsi sono tutte “invenzioni” dell’occidente: gli attacchi chimici contro il popolo siriano, le torture e gli eccidi contro il popolo ucraino, la repressione iraniana, con le esecuzioni e l’incarceramento di massa. I leader occidentali, in questa visione perversa e brutale del dittatore in conversazione con il propagandista dei dittatori, sono deboli, menzogneri, oppressivi – Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino, è “un clown”.


L’intervista dura una trentina di minuti e ripropone tutto l’armamentario della retorica antioccidentale. La posizione di Assad però in questa alleanza è peculiare. Nel 2011, il dittatore siriano ha iniziato a bombardare e reprimere il suo popolo, nel 2013 ha utilizzato le armi chimiche, violando una linea rossa che era stata stabilita dall’Amministrazione Obama: sembrava che ci sarebbe stato un intervento occidentale contro il regime siriano, ma poi non ci fu. Questo aprì la porta alla Russia, che dal 2015 ha consolidato il suo potere in Siria, ha costruito una base militare conquistando l’affaccio sul Mediterraneo e ha lasciato non soltanto che Assad restasse al suo posto ma anche che l’Iran allargasse le sue basi operative. Di fatto il regime siriano ha permesso che il suo territorio diventasse il perno delle politiche espansionistiche della Russia e dell’Iran, che si sono tradotte in operazioni militari, in un grande ammasso di armi e in un luogo sicuro dove pianificare missioni terroristiche. Ma per molto tempo, e in alcuni casi ancora oggi, il regime di Assad è rimasto intoccabile anche in occidente. Erano gli anni del ripensamento americano dopo le guerre in Afghanistan e in Iraq, gli anni in cui l’idealismo a favore dei popoli e del loro desiderio di libertà (le primavere arabe) aveva lasciato il posto al realismo e al calcolo politico e, nonostante le brutture commesse dal regime siriano, prevaleva l’idea che lo status quo fosse da conservare: se cade Assad, viene giù tutto. La questione siriana, che pure appariva già cruciale e disumana, fu declassata, appaltata ad altri regimi, variamente sminuita e infine ignorata. Anche se la fuga dei siriani dalla repressione ha trasformato la politica di accoglienza europea, anche se la lotta comune al terrorismo ha lasciato il posto ad altro terrorismo, anche se il vassallaggio di Assad alla Russia e all’Iran ha creato una potenza di fuoco contro l’Europa, l’Ucraina, l’America, Israele. Il calcolo realista di questo ultimo decennio ha contribuito all’aumento del terrorismo e dell’instabilità, cioè l’esatto contrario di quel che i sostenitori dell’inviolabilità del regime siriano andavano dicendo. La catena dell’impunità si è saldata, e Assad è ancora lì, mentre attorno viene giù tutto. 
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi