Flessibilità imposta

Così l'Ucraina s'adatta alla scarsità di risorse occidentali

Paola Peduzzi

Kyiv si è messa a difendersi diversamente, nel cielo, nel mare e contro le raffinerie russe. Ma se gli ucraini sono sguarniti, Putin li attacca di più, non di meno come vogliono far credere i finti pacifisti (cui si è accodato Trump)

I trumpiani vogliono fermare la guerra della Russia in Ucraina riducendo – o azzerando, visto che non daranno più “un penny” – gli aiuti a Kyiv, ma è evidente che Vladimir Putin fa ancora più la guerra quando sa che gli ucraini sono sguarniti: l’attacco a Odessa ne è l’ultima, straziante dimostrazione. L’Ucraina, da parte sua, in scarsità di risorse, dimostra ancora una volta di avere una flessibilità strategica unica, e si è messa a fare la guerra diversamente, dove possibile, cioè non lungo il fronte di terra, dove la riduzione di armi e fondi si misura tragicamente in soldati uccisi e mezzi militari perduti.

Soltanto questa settimana i droni ucraini hanno colpito tre raffinerie di petrolio russe: a Ryazan, a duecento chilometri a sud-est di Mosca; a Kstovo, nella regione di Nizhny Novgorod, a quasi 500 chilometri a est della capitale; e a Kirishi, nel nord-ovest della Russia. Anche la raffineria Novoshakhtinsk a Rostov sul Don è stata parzialmente colpita. Una fonte ucraina ha detto a Reuters che le operazioni sono condotte dall’intelligence militare, l’Sbu: “Stiamo attuando sistematicamente una strategia dettagliata e calcolata per ridurre il potenziale economico della Russia”.

Secondo l’intelligence britannica, questi attacchi funzionano: “Le capacità di raffinazione della Russia sono temporaneamente ridotte”. Mikhail Krutikhin, un analista russo che ora vive a Oslo e che tiene traccia dei danni alle raffinerie, alle strade e alle ferrovie russe – cioè delle operazioni per spezzare, o alterare, la catena logistica dell’esercito russo –  ha detto che Mosca ha dovuto introdurre un divieto di esportazione di benzina a partire dal primo marzo per i prossimi sei mesi, in modo da garantire l’offerta interna intanto che i danni alle raffinerie vengono riparati. Si tratta di danni che richiedono tempo, perché le raffinerie, a differenza degli oleodotti per esempio, funzionano con macchinari complessi e sofisticati. In più le raffinerie sono tante e difficilmente la Russia potrebbe garantire loro la copertura aerea. Soprattutto: producono il carburante che serve ai carri armati e agli aerei dell’esercito e le raffinerie colpite sono quelle più vicine al fronte, quindi le più utili. Poi certamente il danno complessivo inflitto dalle forze ucraine alle infrastrutture russe non è enorme, si potrebbe dire che è quasi più un fastidio dal punto di vista pratico, viste le risorse russe. Ma servono simbolicamente e servono anche perché ogni ritardo, ogni ostacolo per l’esercito russo è prezioso per gli ucraini, che devono compensare il rallentamento delle forniture occidentali e organizzare un nuovo modo di difendersi.

A fine febbraio, il ministero della Difesa ucraina ha, con la sua incrollabile ironia, postato su X: “Oops, we did it again!”, annunciando di aver colpito dieci aerei russi in dieci giorni, tra cui, l’ultimo, un aereo radar A-50. All’inizio di questa settimana, un attacco notturno con i droni ha colpito un impianto aereo a Taganrog, nel sud della Russia, dove si mantengono e aggiustano per l’appunto  gli A-50. Nel frattempo gli ucraini hanno colpito anche alcuni jet Su-34 nell’est del paese. Questo dimostra che la campagna nei cieli da parte degli ucraini è diventata più efficace, ma gli esperti militari hanno anche sottolineato che i russi si sono messi a utilizzare molti più aerei a copertura delle loro truppe rispetto a prima, cioè ci sono più velivoli che possono essere colpiti, ma sono anche velivoli che a loro volta colpiscono gli ucraini.
La guerra è cambiata per tutti, ma l’Ucraina deve aspettare che arrivino le armi e i mezzi dall’occidente. Nel frattempo si è industriata, come dimostrano gli attacchi sempre con i droni alla flotta russa nel Mar Nero:  qui i danni sono stati i più rilevanti e nel frattempo sono stati aperti anche dei corridoi sufficientemente sicuri per le navi cargo che esportano soprattutto i cereali.

L’efficacia delle nuove operazioni sul mare e nel  cielo conferma la flessibilità strategica degli ucraini, ma intanto la risposta russa si fa sempre più brutale, e l’accanimento recente su Odessa ne è la dimostrazione. Perché se gli ucraini sono più sguarniti, Putin li attacca di più, non di meno: se tacciono le armi ucraine, come vogliono i finti pacifisti à la Trump, si sentono solo quelle russe, che non hanno alcuna intenzione di fermarsi.
Paola Peduzzi         

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi