Adam Schiff - foto via Getty Images

Dopo il Super Tuesday

Su cosa punteranno i dem contro Trump. Parla Adam Schiff, neosenatore eletto in California

Giulio Silvano

Nel Golden State, durante il super martedì elettorale, si è votato anche per un posto vacante in Senato. Ha vinto il favorito, battendo sia le altre due candidate democratiche sia l'esponente repubblicano. Ecco la sua ricetta per battere anche l'ex presidente a novembre

Los Angeles. Il Super Tuesday non era solo primarie presidenziali, Donald J Trump vs Nikki Haley e Joe Biden vs Nessuno. Il Super Tuesday, soprattutto in California, era anche tante primarie a livello statale, municipi, assemblee locali, referendum, procuratori, deputati nazionali e il posto senatoriale lasciato libero da Dianne Feinstein, morta a settembre a 90 anni. Il deputato di Los Angeles Adam Schiff è arrivato primo, seguito dal repubblicano Steve Garvey, ex giocatore di baseball. Schiff ha battuto le altre due candidate democratiche, Katie Porter e Barbara Lee, considerate più a sinistra. Schiff in prima linea contro Trump al Congresso, è un fermo sostenitore di Israele. All’ultimo evento pre elettorale un manifestante, trascinato poi via di peso, ha iniziato a urlargli in faccia: “Stai uccidendo i bambini palestinesi”.

 

 

“La California è uno stato democratico molto progressista, ma agli elettori delle primarie è stato chiesto di decidere quale aspetto del loro progressismo sia più importante”, dice al Foglio Dan Schnur, professore a Berkeley e già direttore della campagna di John McCain nel 2000. “Barbara Lee ha fatto carriera presentandosi come voce pacifista e in difesa della giustizia civile e sociale. Katie Porter è una crociata anti corporation e una riformista. Schiff ha guidato la battaglia per far passare l’impeachment contro Trump. A quanto pare il sentimento anti Trump è quello dominante nelle elezioni dei democratici”. E infatti, sull’antitrumpismo, ci si gioca molto.

 

 

Schiff presenta sua moglie alla folla in un magazzino di Burbank, la capitale degli studios cinematografici: “Grazie Eve, senza di te non ce l’avrei fatta. Sì, siamo Adam ed Eve”. Tutti ridono. 63 anni, casual, Stanford poi Harvard poi Capitol Hill, Schiff è sicuro che a novembre, “quando ci sarà una scelta cristallina tra Biden e Trump, il paese saprà chi scegliere. E cioè chi è riuscito a far passare importanti leggi con un Congresso così diviso”, dice al Foglio. Schiff, oltre a esser confermato per le elezioni di novembre contro Garvey, è stato anche appena votato per continuare i mesi in Senato e sostituire il rimpiazzo temporaneo di Feinstein. “Spero di fare campagna anche per Biden andando in giro per la California – continua – Se Trump dovesse avere successo non so cosa diventerà questo paese, qualcosa di un po’ meno di una democrazia. Magari non una dittatura totale, ma nemmeno una democrazia totale. Questa elezione sarà essenziale”. Il mantra democratico sembra essere: “Trump distruggerà la repubblica. Dobbiamo fermarlo a ogni costo o niente sarà più come prima”. Di colpo è come se tutta la fiducia nel sistema di bilanciamento dei poteri crollasse, come se la tanto decantata Costituzione fosse fragilissima, almeno in campagna elettorale. Bisogna spaventare i moderati. “La posta in gioco non è mai stata così alta”, dice il neosenatore.
 

Non è spaventato dall’età di Biden. Dice che “quello di cui abbiamo bisogno è bontà, integrità, giudizio. Non altri quattro orribili anni di rabbia, divisioni e vendette. L’età è un problema per entrambi, ma la salute mentale solo per uno dei due”.
 

A sostenere Schiff c’è anche il deputato Jimmy Gomez, noto a Capitol Hill per aver fondato il Dad Caucus, il gruppo di deputati che vuole dare attenzione alle necessità delle famiglie di lavoratori. Figlio di immigrati messicani, Gomez rappresenta il distretto di downtown Los Angeles e di Koreatown. Con il figlio sulle spalle, giacca a vento e Nike, il deputato dice al Foglio che “dobbiamo riprenderci la Camera a novembre”, che ora è sotto il controllo repubblicano. “Il partito è unito, ma bisogna concentrarsi sulle cose giuste. Prima di tutto la povertà. Dare una casa a tutti. È l’unico modo per riprendere il controllo della Camera e mantenere quello del Senato. Non basta condividere i nostri valori, cioè che tutti abbiano l’opportunità di avere successo in questo paese, ma anche metterli in pratica, con delle leggi e dei programmi. Cancellare i debiti studenteschi, aiutare i bambini”. Secondo lui Schiff è l’uomo giusto per portare avanti questi programmi.
 

E anche Schiff, nella sua campagna parla tanto ai lavoratori, a quella fetta di elettorato che negli ultimi anni sta sfuggendo dal bacino elettorale democratico. Parla di parità di retribuzione, di aiuti alle famiglie, della forza dei sindacati, anche di quelli di Hollywood che hanno scioperato per mesi. Il suo distretto è quello dove sono concentrati i lavoratori del cinema e della TV.
 

“La California è un grande stato, è la quarta economia mondiale, ma abbiamo anche tra i più alti tassi di povertà del paese. Una volta possedere una casa era un pilastro del sogno americano. Oggi la gente fa fatica ad affittare. Schiff capisce queste persone”, dice al Foglio l’ex sindaco di Los Angeles Antonio Villaraigosa, già leader della Democratic National Convention e tra i capi della campagna di Hillary Clinton. “Non è come nel ’29 che non c’era lavoro. Ora c’è ma non ci si campa”. Anche lui è convinto che alla fine Biden vincerà. Ma dice che il partito deve parlare a chi fa fatica a pagare la benzina, a fare la spesa. Hanno paura di aver perso la classe operaia. E anche l’emorragia delle minoranze, ispanici e afroamericani, li spaventa. Bisogna giocarsi la carta sociale, e quella del crollo del sistema. “Con queste elezioni la democrazia è a rischio”, continua l’ex collaboratore di Obama. Donald Trump è un discepolo e fan di Putin, di Orbán, di Bolsonaro. Gente che cerca di distruggere la nostra democrazia. C’è una minaccia democratica in tutto il mondo, anche in Italia”.
 

Ecco i due punti che sembrano delineare la campagna elettorale democratica da qui a novembre: facciamo star meglio i lavoratori (sempre la solita: It’s the economy, stupid), o almeno diciamo che stiamo lavorando per loro, e dall’altra condividiamo il terrore per una deriva autocratica. New Deal e spauracchio del fascismo. Basterà contro le armi repubblicane, cioè fatti alternativi e “invasione dei migranti”?

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